Diventa sempre più difficile commentare un episodio di Grey’s Anatomy. Il mix tra storyline riciclate e personaggi sempre più ombra di loro stessi rende lo scorrere di ogni puntata pedante e ripetitivo, come se gli autori fossero costretti a consegnare gli script per pura inerzia.
Sulla falsariga del precedente, anche quest’undicesimo episodio stagionale, per l’occasione diretto da Kevin McKidd, ripropone i soliti stilemi consegnando uno show che appare ormai stanco. Quasi quanto i suoi spettatori. Il tutto nonostante una 19° stagione già confermata con orgoglio dalla ABC, rassicurata da ascolti che non sono più quelli di un tempo ma si mantengono piuttosto saldi.
STESSA SOLFA IN QUEL DI SEATTLE
Nella scorsa recensione si è ben sottolineato come ogni storyline proposta appaia come la brutta copia delle precedenti. Dopo 18 stagioni è sicuramente difficile proporre trame nuove ed intriganti, tuttavia, l’errore di Grey’s Anatomy al momento sembra dipendere più dalla modalità di narrazione piuttosto che alla proposta narrativa in sé.
Esempio lampante è sicuramente l’intervento rivoluzionario avuto luogo in questo episodio. A partire dalla ricerca, fino all’operazione, passando per la guest star d’eccezione (il sempre santissimo monociglio di) Peter Gallagher, tutto sembra proposto in maniera velocizzata e “vuota”, come se lo scopo fosse quello di compiere il proprio compitino settimanale e portare a casa i 42 minuti di puntata. Nel post episodio, infatti, rimane davvero poco coinvolgimento emotivo sia per l’operazione in sé che per la sua riuscita o per i protagonisti coinvolti. Una sensazione che sottolinea una mancanza di anima dello show, quella che un tempo esaltava qualsiasi avvenimento attraverso un costante e coinvolgente pathos.
Ma questa sensazione di vuoto permea dalla maggior parte delle storyline. Anche in campo romantico, dove Grey’s Anatomy ha sempre eccelso, ormai si assiste a relazioni approssimative e poco sviluppate che la maggior parte del tempo terminano ancor prima di concretizzarsi.
Nel caso specifico, le due nuove love story riguardano Jo-Link e Amelia-Kai. Quest’ultima forse sta ottenendo un’attenzione un po’ più concreta con un rapporto che, seppur scontato sin dall’inizio, sta seguendo un percorso un po’ più attento in termini di costruzione. Elemento che invece manca per Jo-Link. I due potrebbero fornire elementi di trama interessanti, con un rapporto che non sembra forzato e darebbe allo show una nuova coppia fresca e dinamica che in realtà manca da tempo nei corridoi del Grey-Sloan. Tuttavia, il ritorno ai soliti schemi di detto-non detto rischia di far naufragare nella pedanteria anche questa situazione ancora prima di iniziare.
I DRAMMI DEL GREY-SLOAN
Ma la vera tragedia di Grey’s Anatomy, ormai da anni, ha nome e cognome ben definiti. Ingenuamente si pensava che i problemi di Owen Hunt fossero finiti con il matrimonio e l’arrivo di un paio di figli, ma ecco che per lui emerge l’ennesimo drama. Come se non bastasse il post incidente, con tutta la depressione da riabilitazione annessa, lo show decide di rovinare l’ennesima storyline. La trama con gli ex militari, infatti, poteva rivelarsi interessante, unendo allo stesso tempo la solita e ben vista denuncia sociale a situazioni ad alto impatto emotivo. Invece no: il focus, almeno per ora, vira in maniera netta sulla crisi che tale crimine va a creare tra Owen e Teddy, sprecando una bella occasione.
Altro elemento statico della puntata, poi, è lo stallo di Levi. Una reazione normale e umana la sua, ma che lascia perplessi per il modo in cui viene affrontata. Nel corso di questi lunghi anni, ci sono state tantissime situazioni simili, con medici in piena crisi dopo un errore fatale e, seppur il percorso si riveli diverso per ogni personaggio, è la reazione dei medici senior a non essere consona: dall’alto della sua esperienza, ci si sarebbe aspettati qualcosa in più da Webber, soprattutto perché in passato le reazioni sono state decisamente più efficaci.
NICK MARSH
Infine, tra gli elementi che emergono in maniera positiva da “Legacy” si ritrova il personaggio di Nick Marsh. Negli ultimi anni, da De Luca a Hayes i pretendenti di Meredith che si sono susseguiti hanno ottenuto un’attenzione altalenante. Soprattutto l’ex chirurgo pediatrico, inserito proprio per la Grey e poi messo da parte senza troppa grazia. Adesso che lo show sembra aver deciso di puntare tutto sul character interpretato da Scott Speedman, un approfondimento maggiore appare sacrosanto.
È apprezzabile, quindi, il focus dell’episodio sul Nick medico piuttosto che spalla di Meredith, unendo due elementi cari alla serie di un tempo: da un lato una buona analisi di un personaggio, dall’altra un’attenzione mirata ed emotiva ad un caso medico. Due fattori che aiutano sempre a migliorare lo scorrere della storia rispetto alla freddezza con cui ultimamente vengono raccontate la maggior parte delle trame di Grey’s Anatomy.
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Un altro episodio di routine per Grey’s Anatomy che sembra non sforzarsi neanche più nel creare storyline con un minimo di pathos e interesse.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.