Homeland 4×10 – 13 Hours In IslamabadTEMPO DI LETTURA 4 min

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“La Caduta Dell’Occidente” potrebbe essere stato vagliato come titolo alternativo a quello poi effettivamente scelto salvo poi essere scartato in quanto ricco di spoiler. Sono solo supposizioni ma sono supposizioni che effettivamente potrebbero avere un riscontro se si fosse stati presenti nella camera degli sceneggiatori nel momento della discussione e della scelta del titolo. Alla fine si è optato per “13 Hours In Islamabad”, un titolo energico che intrinsecamente fa capire quanti eventi importanti possano essere compressi nell’arco di poco più di mezza giornata, eventi che prevedono delle azioni e delle conseguenze, entrambe di importanza epocale ed entrambi destinati a grandi ripercussioni.
Si capisce subito che “13 Hours In Islamabad” non è una puntata messa lì a caso a giudicare dalle 4 mani che l’hanno scritta: Alex Gansa e Howard Gordon. Non servono presentazioni nè commenti, se entrambi sono accreditati come sceneggiatori dell’episodio questo è sinonimo di grandi cambiamenti ed infatti le aspettative, pompate a dismisura con lo scorso cliffhanger, non vengono deluse. Sono 36 i morti che si contano alla fine dell’irruzione nell’ambasciata statunitense, anzi a dirla tutta 36 + 1 che non può essere conteggiato in quanto non è mai esistito: la speranza. La speranza di una sincera e pulita cooperazione insieme all’esercito di un paese islamico, la speranza per la sconfitta del terrorismo, la speranza di non fallire ancora. Haqqani le ha portate via in 13 ore mentre la Casa Bianca ci ha messo anni per costruirle. E’ uno dei più grandi tonfi nella storia statunitense e Carrie Mathison è una delle protagoniste, volente o nolente.
Un piano come quello di Haqqani per funzionare ha bisogno di molti fattori, non ultimo un po’ di fortuna, degli aiuti interni (Intelligence pakistana e Dennis) e tanta meticolosità. Anzi per la precisione l’idea generale può funzionare solo se coadiuvata da un sostegno da dentro l’organizzazione, un traditore per l’esattezza, qualcuno che sia disposto a sacrificare il bene di tutti per un suo tornaconto personale. Dennis, che all’inizio sembrava non avere un ruolo così importante in tutta la vicenda, si è rivelato alla fine l’ago della bilancia che ha permesso ai talebani di irrompere nell’ambasciata, conquistarla e rispedire gli americani a casa, il tutto al modico prezzo di 36 vite umane che ora gravano sulla coscienza dell’uomo su cui nessuno avrebbe scommesso niente. Così come dalla caduta di un sasso dalla scarpata si può poi generare una frana, allo stesso modo, piccole informazioni elargite sotto banco hanno permesso di creare l’attacco perfetto. La bassezza morale di Dennis però non si commisura solamente nelle azioni dimostrate fino ad ora ma anche dalla mancanza di spina dorsale evidenziata dopo l’elemosina fatta a sua moglie mentre era in cella. Sia chiaro: è giustissimo che non prenda la scorciatoia del suicidio perchè deve pagare per ciò che ha fatto, tuttavia la mancanza di coraggio per non essere riuscito a portare a termine le sue promesse lo declassano ulteriormente nella scala sociale.
Come in quasi tutte le situazioni però c’è un rovescio della medaglia inaspettato ed impronosticabile, e così come la distruzione è dipesa da una persona soltanto, allo stesso modo si riparte da un uomo soltanto: Peter Quinn. E’ lui infatti l’unico ad opporsi alla ritirata, lui l’unico che ci ricorda l’ardore con cui Carrie si batteva nelle tre stagioni precedenti, lui, l’unico che non voleva far parte di tutto ciò. Può il riscatto statunitense risorgere proprio per merito dell’unico che non ci credeva veramente sin dal principio? Questa è la domanda a cui probabilmente si cercherà di dare risposta almeno nelle ultime due puntate della stagione se non anche il prossimo anno.
C’è una cosa che però bisogna evidenziare di “13 Hours In Islamabad”: la sua duplice natura. L’episodio è praticamente la continuazione diretta di “There’s Something Else Going On” perchè riprende esattamente lì dove era finito e per la prima metà della puntata mantiene la tensione e l’hype alle stelle salvo poi calare bruscamente nella seconda parte dove si raccolgono letteralmente i cocci dell’attacco. Entrambi gli spazi temporali dedicati agli eventi sono ben gestiti e non si fanno rimpiangere per scelte, modi o tempi della narrazione; dopo una ventina di minuti iniziali di questo calibro è necessario comprendere quanto è successo, elaborarlo e digerirlo in modo da enfatizzare quanto accaduto e valorizzarlo, esattamente quanto è stato fatto.
Ora si è raggiunto l’ennesimo punto di svolta in cui Homeland ed i suoi sceneggiatori sceglieranno da che parte andare e con chi procedere, se nella missione da lupo solitario di Quinn con l’aiuto di Carrie oppure se nel cambio di scenario con la creazione di una nuova minaccia. L’unica certezza è che Homeland ha saputo rigenerarsi e non soccombere insieme a Brody, ora bisogna domandarsi se sappia anche fare di meglio.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Suddivisione dell’episodio in due parti distinte che ne enfatizzano il valore
  • Quinn, l’unico a regalare soddisfazioni in ogni situazione
  • Haqqani ed il suo piano ben congegnato oltre alla crudeltà espressa nell’uccisione di Fara
  • Debolezza di Lockhart
  • Dennis: finalmente in tutto il infido splendore dà un senso alla sua esistenza
  • L’evoluzione troppo repentina di Quinn rispetto all’inizio di questa stagione può far salire qualche dubbio

 

Un episodio spettacolare con picchi di eccezionalità nella prima parte ed una seconda parte molto più quieta e mite che vuol far riflettere su quanto accaduto e su quanto accadrà, cosa che è totalmente inpronosticabile.

 

There’s Something Else Going On 4×09 1.77 milioni – 0.6 rating
13 Hours In Islamabad 4×10 1.94 milioni – 0.6 rating

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

1 Comment

  1. Francamente di veder sempre la Cia e gli americani così gonzi, ingenui e perdenti mi sta facendo innervosire… non è che la serie tacciata di anti islam e repubblicana stia cercando di non urtare la suscettibilità degli arabi ? Ricordiamoci che a fronte di qualche successo, nelle varie stagioni abbiamo l' esplosione della sede Cia, l 'uccisione di esponenti politici di spicco e del capo agenzia in Pakistan nonchè questi ultimi clamorosi eventi. Ora non desidero ma pretendo la riscossa, tipo l' impiccagione in pubblica piazza stile Brody di Tasneem …

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