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Irma Vep 1×01 – The Severed HeadTEMPO DI LETTURA 4 min

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Sin dalla sigla, questa miniserie dichiara apertamente i suoi intenti: innanzitutto, si presenta come prodotto europeo. Sembra quasi un omaggio a fumetti vintage come il francese Fantomas e l’italiano Diabolik.
Secondariamente, regia e sceneggiatura annunciano subito di volersi prendere i loro tempi per narrare la storia.
Dietro la macchina da presa c’è il regista francese Olivier Assayas, già realizzatore di un film intitolato Irma Vep nel 1996, presentato al festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Se allora la protagonista era Maggie Cheung, adesso nel ruolo principale c’è Alicia Vikander.
Tra film e serie esistono delle differenze, di cui si parlerà più avanti, ma il nocciolo della trama è lo stesso: una giovane attrice straniera, stella dei film d’azione, arriva a Parigi, per interpretare il remake del film Les Vampires di Louis Feuillade (1915).

STEPHENIE MEYER? JULIE PLEC? NO, CLAUDE LELOUCH


Occorre poi sgombrare il campo da un equivoco: il titolo è certamente l’anagramma di Vampire, la protagonista indossa un costume da super eroina, ma non si tratta del tentativo di continuare il successo di saghe come Twilight o The Vampire Diaries. D’altronde quel filone si è un po’ esaurito negli anni. Rimane, sullo sfondo, il tema del fantastico che s’intrufola nell’immaginario borghese.
Lo spettatore si trova quindi immerso in un clima da film di Claude Lelouch, dove personaggi cosmopoliti conversano in più lingue contemporaneamente (scelta molto consona alla storia personale del regista). Ai rapporti personali fra le figure in scena e ai loro sentimenti viene dedicata grande attenzione, ma per fortuna il parlare di cinema (e di cinema d’azione, per di più) scongiura l’effetto di quello che, nella pellicola del 1996, viene chiamato proprio cinema “nombril”, cinema dell’ombelico, per intellettualoidi.

DISCORSO METACINEMATOGRAFICO


L’ambiente e i toni della narrazione restano mediamente rilassati, anche se si parla dei problemi del regista René Vidal con gli anti depressivi e, di conseguenza, con la copertura assicurativa per la sua impresa.
Il discorso meta cinematografico, comunque, non si ferma al rappresentare persone che stanno girando un film nel film. Vengono mostrate anche diverse scene di Les Vampires, che Vidal intende riprodurre fedelmente, con la massima precisione filologica. Il passaggio dalla pellicola muta, in bianco e nero, al sonoro colorato fa capire quanto siano cambiati i tempi.
Su un punto, però, si torna “all’antico”: la tutina della protagonista. Nel film del 1996 era in lattice, un po’ fetish, omaggio anche alla Catwoman di Michelle Pfeiffer. Fungeva anche da pretesto malandrino per la nascente relazione fra Maggie Cheung e la sua interprete – assistente. Nella serie si torna al velluto, forse perché davvero “fa più vulnerabile” o forse perché, all’inizio del Novecento, non c’era l’ossessione della pancia piatta, anzi. Un ventre tondo era segno di prosperità.

RELAZIONI TOSSICHE


Quando si parla di vampiri c’è sempre in gioco un certo tasso di erotismo. Se, come si diceva, scompare la tutina fetish, si scalda la relazione fra Mira (così si chiama il personaggio della Vikander) e la sua ex assistente. Quest’ultima, fra l’altro, ha sposato il regista del precedente film della protagonista, che ora la giovane attrice sta promuovendo. Quando è iniziato il rapporto amoroso fra le due, erano entrambe legate sentimentalmente a un uomo. Il rapporto si complica anche perché non è sano: l’ex assistente ordina e Mira obbedisce come un animaletto ammaestrato.
Si spera che l’interpretazione del nuovo ruolo le faccia scoprire nuovi lati di se stessa e le dia il coraggio di liberarsi da questa situazione pericolosa.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ambiente rilassato
  • Cinema d’epoca
  • Il rapporto poco sano fra Mira e l’assistente

 

Più colorato e accessibile rispetto all’estremo rigore di un Scenes From a Marriage, Irma Vep resta comunque prodotto di nicchia, destinato a chi ama le discussioni sul cinema di un secolo fa e gli ambienti raffinatamente complicati.
Non si capisce ancora bene dove voglia andare a parare. Nel film del 1996, per esempio, c’è il problema che Maggie Cheung viene da Hong Kong e questo, nell’ambiente del cinema francese, viene considerato poco appropriato per un film “prettamente parigino”. Con Alicia Vikander la questione non si pone. Comunque, il pubblico può mettersi comodo e godersi il paesaggio, complici lo sguardo rilassato della produzione sul mondo dello show business e i richiami alla pandemia ridotti quasi a zero (si accenna solo alla seccatura di dover mantenere i contatti via Zoom).

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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).

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