“Somos lo inevitable”.
Si conclude con un finale decisamente amaro la parabola esistenziale che vede Victor Genovés subire un’evoluzione (o involuzione a seconda dei casi) che, per usare un termine ormai noto per chi ha seguito finora Los Favoritos De Midas, appare come “inevitable”.
Tutta la vicenda è una metafora, e insieme un’aspra accusa, verso il mondo del capitalismo selvaggio nonché dell’eterna lotta fra una coscienza individuale e le esigenze di un sistema di potere, per cui tale coscienza molto spesso è più un ostacolo che altro.
Questi, in sintesi, i conflitti narrativi che la miniserie, scritta e diretta da Mateo Gil, propone. Un argomento decisamente d’attualità e straordinariamente preveggente considerando che la base di tutto è un racconto scritto nel lontano 1901.
“Porque en esto tiempo nuevo, crecer no es solo una necesidad. Es una obligaciòn moral.”
Genovés rappresenta un uomo di alti e nobili ideali (più volte è stata sottolineata la sua ideologia socialista) che si ritrova però immerso in un mondo che è esattamente l’opposto di questi, dove anche la vita umana non è niente di più che una “merce”, quindi barattabile con del denaro. Lo scopo dei cosiddetti Favoriti di Mida (una sorta di onnipotente loggia massonica in stile P2), è per l’appunto quello di fargli capire questo concetto, per poter far sì che anche lui possa unirsi a loro, nel gruppo di quelli che comandano nell’ombra ogni cosa. Una sorta di test, di prova quindi, che il “buon” Victor alla fine supera abbastanza bene e in un tempo relativamente breve.
Analizzando il percorso compiuto da Genovés, si può tranquillamente riallacciare la sua figura a quella di un novello Walter White. Anche il protagonista di Breaking Bad, infatti, parte da buone intenzioni per poi però trovarsi dentro un mondo (quello di cartelli della droga) che ragiona in modo molto diverso da quello a cui era abituato. Nella serie di Vince Gilligan però viene fin da subito evidenziato come, in realtà, il destino di Walter White non sia solo un frutto di circostanze casuali: inconsciamente lui stesso prova piacere a fare quello che fa e ad infrangere le regole.
In Los Favoritos De Midas tale dicotomia non viene mai esplicitata in maniera chiara da parte di Victor, ma è evidente che questo finale metta in risalto il fatto che, alla fin fine, sono molto di più i vantaggi che non gli svantaggi nella sua decisione di aderire al progetto dei Favoriti. Se è vero che per realizzare tali obiettivi è costretto a rinunciare al suo amore per Mónica e a sacrificare l’amicizia con il direttore del suo giornale Luis e con l’ispettore Alfredo Conte, è altrettanto vero che tale accordo gli consente di risolvere i problemi con l’ex-moglie, accaparrandosi la custodia del figlio Marcos, e a riprendere in mano le redini della sua azienda, trasformandola in un nuovo e più ricco progetto con la nuova socia-amante Maria José.
Insomma una situazione più che positiva per lui, in un finale “vittorioso” ma allo stesso tempo amaro che vede Victor ormai completamente trasformato e allineato a quel sistema che diceva di voler combattere.
In tutto questo va evidenziata la bravura dell’attore Luis Tofar nel mostrare il cambiamento di atteggiamento e mentalità del proprio personaggio. Allo stesso modo tutto il resto del cast si dimostra più che ottimale nei rispettivi ruoli, in particolare l’ispettore Conte e Mònica, unico personaggio che rimane coerente fino in fondo ai propri ideali (e quindi con relativa triste fine già preannunciata). Questa rappresenta la coscienza critica del protagonista e, allo stesso tempo, l’emblema del giornalismo onesto e incorruttibile, in cui non si può non intravedere una bozza del Martin Eden londoniano.
Ottima poi la decisione di non mostrare fino all’ultimo la vera identità dei Favoriti lasciando così allo spettatore la possibilità di immaginare quale potere oscuro si celi dietro di essi (i servizi segreti? l’uomo che fuma di X-Files?).
Los Favoritos De Midas si dimostra così una bella miniserie con una forte metafora e riferimenti all’attualità socio-politica che la rendono un prodotto degno di essere visto. La critica alla società spagnola (e occidentale in generale) è molto realistica e per nulla banale, al contrario di certi prodotti che, sfruttando la retorica populista, si rivelano poi solo delle mediocri soap-opera coff…coff…La Casa De Papel coff… coff…
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Los Favoritos De Midas si rivela un’ottima metafora della corruzione del potere e della lotta fra il Singolo e la Società. La base letteraria sicuramente aiuta, ma molto del merito va anche al regista-sceneggiatore Mateo Gil e ad un cast che è stato quanto mai azzeccato per i rispettivi ruoli.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!