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Dopo l’affascinante spiegazione sull’origine del nome “Roma” nel precedente episodio (che, è da ricordare, è solo una delle ipotesi), “Memento” proietta la serie direttamente in un contesto bucolico.
I pastori di Velia con il loro gregge ritrovano Maccus, compagno di Cneus riuscito a sfuggire agli spiriti del bosco. Fin dai primi minuti viene esplicitato dunque che in realtà non si tratta di spiriti ma di uomini.
Sta proprio in questo passaggio uno dei punti più alti e anche una sorta di dichiarazione di intenti degli autori di questo prodotto: l’obiettivo non è raccontare la verità storica e accertata ma porre lo spettatore nella condizione di riuscire a vedere, e in parte immaginare, quello che poteva essere il contesto storico e sociale del tempo nella maniera più verosimile (e questo intento è dimostrato dalla consulenza richiesta a studiosi del calibro di Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e Paolo Carafa, docente dell’Università La Sapienza) con la consapevolezza che c’è ancora tanto da scoprire.
Mai come in questo episodio e nel precedente la sigla risulta veramente introduttiva. Infatti le sequenze di immagini “reali” e “fantastiche” si possono osservare anche nei 50 minuti successivi. L’evoluzione di un rapporto di amicizia-fratellanza, la preghiera e l’oracolo, la battaglia e l’incendio, tutto è contornato da una nebbia, un fumo che permette di vedere e non vedere e, come già detto, è proprio questa la bellezza di un prodotto come Romulus.
I personaggi si stanno sviluppando e stanno assumendo una consistenza diversa rispetto ai primi episodi. Se, infatti, il character di Marianna Fontana parte con tutte le insicurezze e le incertezze dovute alla sua età e alla sua condizione di vestale, in questi ultimi episodi la si vede definitivamente uscire dal guscio. Ha assunto, in pratica, il fuoco di Marmar.
Come spiegato brillantemente da Gianfranca Privitera, consulente nella stesura della sceneggiatura con Daniela Zanarini, la scelta del termine “Marmar” rispetto ad altri disponibili nelle fonti è stata del tutto consapevole: « Infatti “mar-mar” è una voce doppia e indica che per i latini Marte era il dio della ciclicità, il dio che è doppio e che è il dio della guerra ma anche della terra, perché protegge i campi seminati e punisce chi oltrepassa il confine ». Ilia è divisa: è vendicatrice ma è anche figlia, nonostante oramai sia chiaro in quali proporzioni. Mentre i suoi capelli così intrecciati suscitano ricordi controversi (ogni riferimento a Daenerys Targaryen è puramente casuale).
Il personaggio di Amulius rappresenta un altro punto molto alto dell’episodio. La sua evoluzione e contemporanea distruzione è affascinante e Sergio Romano riesce a catturare lo spettatore in ogni momento in cui viene inquadrato. Anche il suo è un personaggio diviso ma in più parti e questo è ben evidente nel momento in cui viene richiamato a casa dalla moglie Gala molto malata. La sua sete di potere viene messa da parte, come anche il suo amore per la figlia, per correre dalla donna che muove i fili amata.
Altro punto davvero notevole di questo brillante episodio è la battaglia sul fiume resa con tutta la brutalità e violenza di uno scontro tra diversi. I figli degli Osci, cioè gli spiriti-umani dei boschi, sono sicuramente i più selvaggi in un modo primitivo e in questo modo combattono, non hanno paura e lottano per la loro casa.
I personaggi di Yemos e Wiros continuano nel loro percorso di scoperta di loro stessi in questa nuova realtà in cui sono stati catapultati fatta di racconto e realtà miscelati in varia misura.
Punto a sfavore, ma in maniera relativa, è l’eccessiva violenza usata sugli animali che viene lenita dal fatto che è fedele all’epoca storica e soprattutto che è del tutto ricostruita.
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Nel complesso non si può non lodare un prodotto di questo tipo in cui ricostruzione filologica della lingua, minuzioso lavoro archeologico per l’allestimento della scenografia e dei costumi, epica e fantasy si intrecciano e regalano una gioia per gli occhi di chi questi elementi li ama, li studia o li vede per la prima volta.
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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.