In un regime di democrazia che sembra troppo irreale per essere vero, Amazon continua a far scegliere al pubblico ciò che vuole vedere ed il popolo ha decretato che vuole vedere un’intera stagione di Mozart In The Jungle. Non si tratta di una versione fantasy di Wolfgang Amadeus Mozart che impara a suonare e comporre come Tarzan. ma bensì di una trasposizione sul piccolo schermo dell’omonimo libro “Mozart In The Jungle: Sex, Drugs And Classical Music”, non un romanzo ma bensì una raccolta di memorie dell’oboista Blair Tindall che racchiude eventi ed esperienze del periodo passato nella “jungle” della Grande Mela mentre lavorava alla New York Philharmonic ed in vari show di Broadway. C’è una cosa che è bene chiarire fin da subito: la visione della serie è adatta agli amanti della musica classica che sicuramente coglieranno molte più sfumature dello spettatore medio, tuttavia anche quest’ultimo può guardarlo senza problemi, magari cogliendo meno sfumature prettamente musicali.
Per la trasposizione del libro della Tindall si sono mossi Roman Coppola, figlio del più celebre Francis Ford e fratello di Sofia, Jason Schwartzman, cugino di Roman, e Alex Timbers, scrittore e direttore di svariati spettacoli teatrali di Broadway. Insomma, gente con un certo fiuto e acume ed un paio di esperienze alle spalle sia in tv che in teatro. Il trio Coppola-Schwartzman-Timbers segue l’impronta che Amazon ha voluto dare a The Cosmopolitans scegliendo quindi il filone radical-chic e cavalcando l’onda di rinnovamento alternativa che il “network” sta portando nel mondo seriale. Mozart In The Jungle è un prodotto che, pur basandosi su fatti e personaggi realmente esistiti, calca un po’ troppo la mano per rendere l’ambiente dei musicisti newyorkesi una èlite di incompresi che non viene riconosciuta per i suoi reali valori e attributi, qui però è giusto spiegarsi meglio.
L’idea che passa è che il prototipo del musicista medio stia solo con i propri simili, cioè persone che lavorano in orchestre, a Broadway o comunque in teatro, non contempli la possibilità di frequentare persone non acculturate o che non appartangeno ad un ceto elevato o, al massimo, siano artisti, anche essere ballerini della Juliard va bene. In questo clima molto “alternative”, si respira una certa puzza sotto il naso mista ad umiltà qualora l’occasione lo richieda, nello specifico, e qui arriva il punto, la stragrande maggioranza degli individui appartenenti a questa classe sociale prova a risaltare dimostrando le sue qualità in ogni modo e ogni occasione può rappresentare la possibilità di una svolta. Ovviamente la frustrazione e gli sforzi compiuti nei vari tentativi aleggiano negli occhi di ciascun musicista, musicisti che devono essere tutti visti come predatori in una savana, pronti ad azzannarsi l’un l’altro appena possibile e se esiste la possibilità di salire la scala sociale. Nel mentre si usa qualsiasi vizio come anestetico per il proprio status da “underdog”.
L’abuso di droga, alcol e sesso viene espresso sin troppo bene in un “Pilot” che, invece di puntare alla tridimensionalità di tutti i personaggi, preferisce evidenziarne solo un paio, Rodrigo e Hailey, per risaltare invece il modo di vivere, la frenesia ed i vizi che albergano in ciascuno di loro. La musica diventa quindi un pretesto per entrare in un mondo fatto di festini, “giochi della bottiglia” che si trasformano in tristi “music battle” a colpi di flauto e clarinetto, ed un più che smodato appetito sessuale, neanche fossimo negli anni ’70. Tutto ciò, se da un lato è apprezzabile perchè definisce molto bene l’ambiente e l’atmosfera, dall’altro rende difficile l’apprezzamento di personaggi che si distaccano veramente troppo dal modello comune.
Rodrigo, il nuovo eccentrico e geniale direttore, pur essendo il protagonista insieme a Hailey, non riceve il giusto spazio, o meglio lo riceve ma viene fatto passare quasi come un “villain” pronto a ribaltare completamente gli ordini creatisi nell’orchestra e quindi pronto a “danneggiare” l’ecosistema che vige da tempo. Hailey dal canto suo riesce a far breccia nello schermo ma risulta sopra le righe in ben più di un momento per merito/colpa del suo appetito sessuale e del suo estro decisamente poco gestibile. Entrambi i personaggi meriterebbero un maggior minutaggio per essere analizzati correttamente, minutaggio che questo “Pilot” non offre loro, e, di conseguenza, il risultato è quello di una prima brutta e superficiale impressione che solo una stagione completa può sovvertire.
Il pubblico ha scelto Mozart In The Jungle perchè diverso dalle altre serie ma sicuramente non lo ha scelto per i suoi protagonisti. Certi spunti che vengono lanciati durante il “Pilot” sono interessanti e sicuramente verranno sviluppati in seguito, tuttavia sarebbe stato meglio parlare meno di sesso e focalizzarsi di più sull’introspettività dei character. Chance sprecata almeno nel pilot.
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Pilot 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.