“I don’t answer questions.”
Torna nel palinsesto di RecenSerie il prodotto televisivo di casa FX con il miglior accento australiano fino ad ora apparso su questo sito. Valutando l’evoluzione dei primi due episodi, e prendendo come metro di comparazione quelli della prima stagione, si fatica a cogliere un qualche punto di rottura o differenze di qualche tipo dal momento che storia e struttura mantengono la stessa conformazione di quanto già visto lo scorso anno.
A passare sotto la lente di ingrandimento è ancora una volta la vita di Ray, unico protagonista della serie ed unico personaggio a cui gli sceneggiatori sembrano interessati a far dono di un qualche tipo di approfondimento. Vita privata e vita lavorativa ricevono adeguato e bilanciato minutaggio: da una parte Ray si ritrova a dover affrontare problemi non risolvibili con la violenza; dall’altra il suo deprecabile lavoro di killer su commissione continua ad essere portato avanti impunemente.
I problemi che Ray si ritrova a dover affrontare senza poter far uso di pugni e calci riguardano essenzialmente la figlia, presa di mira da una compagna di scuola e di conseguenza oggetto di scherno. Un argomento nuovo, volendo ben vedere, ed in grado di rendere più umano e comprensibile il risentimento e la voglia di giustizia di Ray, anche se bisognerà capire come tutta questa rabbia verrà esposta verso l’esterno. La parte riguardante la vita lavorativa continua ad apparire mero riempitivo e fonte essenziale di una dose di violenza a cui la serie sembra non riuscire a fare a meno.
A fare da collante attorno a questi due separati scenari, la serie ha pensato bene di procedere (o continuare se si tiene in considerazione che già negli ultimi episodi della prima stagione la figura della fidanzata era onnipresente) con l’inserire svariate scene di discutibile romanticismo. Si fa riferimento, per esempio, alla scena condita da flatulenze mentre la dolce coppia è seduta comodamente sul divano di casa; oppure alla spiegazione della passione per la categoria pornografica “golden shower”. Il tutto, elemento da tenere bene in considerazione, condito da dialoghi che ritenere surreali sarebbe quasi un complimento: in determinate scene i minuti scorrono via mentre Ray cerca di intrattenere il pubblico parlando di argomenti talmente fuori contesto da portare lo spettatore ad estraniarsi. O, molto più facilmente, spingerlo a domandarsi cosa esattamente stia guardando.
Poco più di venti minuti a puntata, uno scarso interesse verso una trama orizzontale, dialoghi surreali e senza alcuno scopo, violenza e una giusta dose di sangue: Mr. Inbetween è tornato e gli ingredienti principali continuano ad essere gli stessi della prima stagione. A questo punto risulta superfluo domandarsi esattamente cosa questa serie voglia trasmettere o raccontare al proprio pubblico. Tanto vale godersi lo spettacolo e spegnere il cervello quel tanto che basta, soprattutto per non ritrovarsi con un paio di forbici in mano per bucarsi i timpani e porre fine alla sofferenza di dover seguire dialoghi approssimativi recitati con puro accento australiano.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Your Mum’s Got A Strongbox 1×06 | ND milioni – ND rating |
Shoulda Tapped 2×01 | ND milioni – ND rating |
Don’t Be A Dickhead 2×02 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.