“Gentlemen, I’m going to tell you who I am.
I am Pablo Emilio Escobar Gaviria.
My eyes are everywhere. That means you guys can’t move a finger in all of Antioquia without me knowing about it. Do you understand? Not a finger.
One day, I’m going to be President of the Republic of Colombia. So look, I make deals for a living. Now, you can stay calm and accept my deal… or accept the consequences.
Silver or lead.
You decide.”
Arriva un po’ in sordina questo Narcos, sarà perché non ha nomi altisonanti né tra gli attori né tra le penne che lo hanno ideato e scritto, sarà perché non ha né lo sponsor Marvel né una platea di fan pronti a prendersi ferie pur di vederlo tutto in un giorno, rimane il fatto che tutto questo è un bene. È un bene perché Narcos è una piccola perla che merita l’attenzione di pochi, quasi come una piccola bellissima caletta inesplorata che si scopre e se ne tiene gelosamente segreta la vera ubicazione per non renderla popolare e alla mercé di tutti. Difficilmente sarà così visto che si parla di Netflix ma, nel caso lo fosse, sappiate che siete tra i pochi privilegiati.
Data la sua celebrità, chiunque ha sentito parlare di Pablo Escobar, probabilmente il più grande narcotrafficante di sempre, tuttavia ben pochi saranno a conoscenza di chi e cosa facesse nello specifico. Impostare una serie sull’ascesa di Escobar è sicuramente audace, generalmente sarebbe stato molto più facile farlo in un film (vedasi il “Blow” con Johnny Depp o “Escobar: Paradise Lost” con Benicio Del Toro), ma è da apprezzare la scelta. Per essere una figura, di fatto, mitologica, su Escobar non ci sono mai state poi tante attenzioni da parte della Hollywood che conta, Narcos si appresta quindi a fare suo un territorio inesplorato e lo fa nel più classico dei modi: con un pilot.
Quando si parla delle serie prodotte da Netflix, molto spesso si parla di veri e propri “film da 12-13 ore” perché quando li si guarda tutti d’un fiato si ha proprio questa sensazione, ultimo in ordine di tempo a confermare questo aspetto è il Sense8 dei fratelli Wachowski. “Descenso” è quindi una mosca bianca in quelle che sono le abitudini dell’azienda in quanto, fin da subito, serve a delineare il contesto storico ed i personaggi con cui si è scontrato Escobar nella sua scalata al potere. I 54 minuti della puntata sono meramente introduttivi, chiarissimi e fondamentali per la comprensione di quanto si andrà a vedere perché colgono Pablo e suo cugino Gustavo agli albori della carriera, quando ancora contrabbandavano beni non dichiarati alla dogana, per portarci lì negli anni 80 dove lo scontro con la DEA si fece feroce. Questa series premiére si presenta come un excursus storico, diversi anni raccontati in quasi un’ora che fungono da presentazione per l’epoca e per il contesto geopolitico, il tutto coadiuvato dalla voce narrante dell’agente Steve Murphy che, da un futuro non meglio definito, funge da traghettatore per aiutare l’enorme “spiegone” necessario a far partire la storia.
Chris Brancato è il creatore e showrunner della serie insieme a Carlo Bernard e Doug Miro, se nessuno di loro vi è familiare non è un caso perché nel loro curriculum non c’è nulla di rilevante da menzionare, tuttavia, avendo venduto la loro serie a Netflix, un po’ di credito gli va concesso a priori. Allo stesso modo se vi nominiamo Wagner Moura (Pablo Emilio Escobar Gaviria) o Boyd Holbrook (Steve Murphy) siete legittimati a fare una ricerca su IMDB per avere maggiori informazioni a riguardo. Al di là dell’ignoranza comune circa la storia di questi signori, basta una sola puntata per renderci chiara una cosa: non importa che si sia famosi o meno, per creare un prodotto originale e curato basta avere le qualità e i suddetti signori ce le hanno tutte.
“Descenso” per certi versi ha quasi le caratteristiche di un documentario di History Channel: c’è una voce narrante, c’è una spiegazione molto chiara circa protagonisti e attività svolte da ciascuno di loro e c’è una sequenza limpida degli eventi. Partendo da una base così si deve però aggiungere l’ottima interpretazione di Wagner Moura, completamente a suo agio dietro quei baffi che al 99% lo renderanno famoso in tutto il mondo. È lui, più che il personaggio di Holbrook, il character principale e tutto è funzionale alla sua presenza perché, in fin dei conti, lui è Pablo Emilio Escobar Gaviria e senza di lui non ci sarebbe Narcos. La prospettiva con cui ci si approccia a serie targate Netflix e Amazon è diversa in quanto, avendo già tutti gli episodi a disposizione, non ci si può lamentare di come in un episodio si senta la mancanza di un character o di come si sia dato più spazio ad una storyline piuttosto che ad un’altra. La questione tempo è fondamentale in quest’ottica ed è per questo motivo che non ci sentiamo di criticare la mancata caratterizzazione di Steve Murphy: ci sarà tempo anche per lui.
Ecco se vogliamo veramente trovare un difetto fastidio, quello è sicuramente il triplo linguaggio. In una continua alternanza di inglese e spagnolo, con l’aggiunta di sottotitoli in due idiomi diversi (per noi), il rischio di passare più tempo a leggere che a godersi le scene c’è e gli spettatori sono legittimati ad essere infastiditi per questo. Tuttavia la ricerca voluta di una verosimiglianza massima con la realtà e quindi con il rispetto delle lingue parlate dai vari personaggi non può venir meno, di conseguenza la presenza di sottotitoli per buona parte di “Descenso” è una caratteristica con cui bisogna venire a patti. Probabilmente poi lo sarà anche per il resto della stagione.
Pur essendo un pot-pourrì di eventi, l’estrema semplicità degli stessi e soprattutto la spiegazione costante di chi e cosa si stia vedendo, da parte della voce di Murphy, non fanno sorgere domande, quasi come se non avessero nemmeno l’intenzione di porle. Dicevamo poco sopra che questa è una series première atipica e lo è anche per questo motivo. Di fatto ci troviamo di fronte ad una enorme prefazione che ha il solo scopo di introdurci in quel mondo e in quell’ottica, lì dove il narcotraffico e l’uso della cocaina erano una cosa quotidiana. Non c’è veramente niente di cui potersi lamentare: missione compiuta. Ora possiamo proseguire la visione di Narcos con il bagaglio di conoscenze che la serie ci richiede.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.