“The Lord is my shepherd. I shall not want. He maketh me to lie down in the green pastures. He leadeth me beside the still waters. He restoreth my soul. He leadeth me down the paths of righteousness for His name’s sake. Yea, though I walk through the valley of the Shadow of Death, I will fear no evil for Thou art with me.” (Salmo 23)
Oasis fa parte della nona stagione di pilot prodotti e diffusi da Amazon e la cui messa in produzione completa dipende direttamente dalle dimensioni della fetta di pubblico che tale serie riuscirà a coinvolgere. Di recente l’intera undicesima stagione di questi pilot, composta da tre serie comedy, è stata bocciata in maniera categorica e quindi Amazon ha pensato bene di non imbarcarsi in progetti la cui fine era già segnata ancor prima di iniziare. Questa filosofia del “pilot rivelatore” porta indietro la mente ed il meccanismo seriale a più di dieci anni fa quando una serie veniva messa in piedi, il primo episodio prodotto e messo in onda e poi si attendeva trepidanti il riscontro di critica e pubblico per poter procedere all’effettiva produzione. Fu così per Lost, per citare una serie universalmente conosciuta. Amazon cala tale meccanismo del passato in un contesto lanciato verso il progresso: di Oasis, ad ora, non si è a conoscenza del futuro prossimo dal momento che non sono giunte notizie riguardanti né la sua cancellazione, né la sua messa in produzione effettiva. A conti fatti, quindi, tale serie si ritrova immersa in una sorta di limbo seriale dal quale attende semplicemente di essere risvegliata. Ma l’ennesimo prodotto Amazon merita di essere ridestato? La valutazione generale, che trovate come al solito a fine recensione, è rappresentata da una “salvezza”, ma si discosta leggermente dalla sufficienza. Banalmente, quindi, un pilot che piace ma non si applica appieno.
Oasis si pone come un piccolo tassello di quel gigante disegno che è la produzione sci-fi cinematografica: i richiami ad alcuni recenti prodotti sono palesi, ma a loro modo permettono allo spettatore di entrare in sinergia con personaggi e nuovo costrutto sociale presentato nell’ora circa di filmato. Di Elysium abbiamo la precaria situazione sociale sul pianeta Terra; di The Martian abbiamo riprese e l’elemento botanica che ricorre forse in maniera più pressante in Oasis; di Blade Runner 2049 abbiamo le riprese filtrate di rosso quando la sabbia si fa persistente, ma purtroppo mancano quelle che profumano di individui sintetici e plasma.
“It took millions of years for people to look up to the stars and not feel terrified. The changing of the seasons, the waxing and waning of the moon, the circling of the constellations. All these regular patterns made people feel at home within the cosmos. Take the patterns away. Sleep under unfamiliar stars far from home… and people with a fragile mind… can feel those cosmic terrors return with a vengeance.”
L’elemento forse più forte della narrazione, per il quale è chiaro che Oasis non cerca semplicemente di presentare un bell’affresco spaziale, è la religione: la dicotomia tra fede e scienza, per quanto sia un archetipo narrativo abusato ed utilizzato a profusione, fa qui capolino nelle vesti di Richard Madden, un prete di cui viene richiesto aiuto nello spazio in quanto risultava indispensabile (per la missione?) una “hand of God“. Questa intromissione religiosa, in un panorama talmente distante dalla stessa, porta a concludere che Oasis non si vuole soffermare su una banale rappresentazione spaziale, ma approfondire tematiche, dubbi e quindi filosofeggiare attorno a controversie metafisiche. Già il solo pensiero lascia lo spettatore, orfano di The Leftovers, con l’acquolina alla bocca. Tuttavia tale contrasto tra religione e scienza non può solo essere banalmente introdotto, ma deve essere analizzato, approfondito e scrutato come l’orizzonte. Proprio per tale motivo la votazione si ferma alla semplice “salvezza”: il pilot non concede di vedere oltre questa estemporanea introduzione dello “scontro” e quindi non è dato sapere come verrà sviluppata. Resta, quindi, la semplice speranza. Un po’ poco, a conti fatti.
Un altro elemento contro il quale Oasis cozza è sicuramente il difficile realismo rappresentativo delle scene nello spazio, ma sceneggiatori e produttori vanno incontro a tale problematica con una pesante forbice e tagliano pesantemente qualsiasi ramo che potesse dar loro fastidio: l’ossigeno è semplicemente di diversa rarefazione rispetto al pianeta Terra, ma si può respirare tranquillamente. Semplice, diretto e conciso. Quanto meno si può apprezzare la decisione di non intraprendere percorsi rappresentativi eccessivamente complicati, fattore che molte altre produzioni invece mancano di cogliere. Regia e cast, di cui Richard Madden (Game Of Thrones) è la ciliegina sulla torta, di ricercata fattura e bravura, ma l’unica vera problematica ad essi collegati è una: la serie pone un grande accento relativamente ai dialoghi ed ai messaggi pregni di significato che tramite essi giungono allo spettatore. Tuttavia, parte di questi dialoghi perde di peso nel momento in cui gli attori sbiascicano pesantemente mentre parlano. Insomma: il messaggio ed il dialogo si perde per strada perché quello che viene detto realmente non si capisce. A lungo andare, doversi impegnare anche solo per capire le parole che vengono dette (e non il loro significato profondo, badate bene) potrebbe risultare pesante e noioso, con conseguente perdita di attenzione da parte del pubblico. C’è da sperare che se la serie dovesse arrivare in produzione, Amazon metta mano a quei tre-quattro particolari sopra indicati per poter permettere al proprio pubblico la fruizione completa di un prodotto di sicuramente notevole fattura e a suo modo ricercato. Basta avere un po’ di fede, no?
“What I tell you in the darkness, speak in the light.” (Matteo 10:27)
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.