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I Templari non erano soltanto guerrieri: da un lato erano monaci -osservanti una vera e propria Regola insieme ai tre voti di castità, povertà e obbedienza – e come tali svolgevano anche attività di assistenza nei confronti dei poveri; dall’altro possedevano un tale patrimonio, frutto perlopiù delle donazioni che i membri stessi dovevano fare al momento dell’ingresso nell’ordine, da potersi permettere di svolgere un’attività bancaria che non ha nulla da invidiare a quelle che più avanti avrebbero avviato famiglie come i Medici e i Fugger. Anzi, non è un mistero che i Templari prestassero ingenti somme di denaro persino a interi Stati e che re Filippo il Bello li abbia fatti fuori per mettere le mani sulle loro ingenti ricchezze e azzerare i debiti che aveva contratto con loro nel corso degli anni. Gli autori di Knightfall sembrano ben consapevoli di ciò e quindi, accanto alla rappresentazione delle capacità militari dei Cavalieri del Tempio e al filone “mistico” della ricerca del Santo Graal, non disdegnano di mostrare altri lati dell’ordine; proprio per questo, l’addestramento di Parsifal come Templare non inizia dalla scherma o dall’equitazione ma dalla distribuzione di pane ai poveri, perché come dice Gawain “before you become a warrior, you must first become a monk”; mentre la visita al maniero della famiglia De Caux offre lo spunto per una rapida allusione all’attività bancaria. Certo, da un punto di vista del minutaggio è ben poca cosa rispetto al tempo dedicato alle altre trame, ma dimostra comunque che le persone dietro la creazione e la scrittura di questa serie hanno almeno letto un libro che parla dei Templari.
Ciò non toglie che, per molti altri versi, Knightfall sia una serie alquanto zoppicante in fatto di veridicità storica e fedeltà ai fatti reali. E’ ovvio che un’opera narrativa di argomento storico può concedersi licenze e semplificazioni, vuoi per esigenze narrative vuoi per non impedire allo spettatore medio di seguire la trama, ma da qui a stravolgere completamente intere figure storiche e a inventare di sana piana eventi mai accaduti ce ne vuole. Basti pensare a Bonifacio VIII: si può anche chiudere un occhio sul fatto che nel 1306 sia ancora vivo e vegeto, ma non si può chiudere l’altro sulla sua caratterizzazione. Dov’è il pontefice dal pugno di ferro, una delle figure più discusse del Medioevo? Dov’è l’uomo che rase al suolo l’intera Palestrina dopo la resa di una famiglia rivale e che autorizzò una crociata contro i musulmani di Lucera? Dov’è il “Bonifazio” che Dante non esitò a condannare alla bolgia dei simoniaci nell’Inferno, l’acerrimo nemico del re di Francia? Al suo posto c’è un vecchietto affabile e pio, scaltro quanto basta per tener testa a Nogaret ma ben lontano dalla controversa figura storica. Andrebbe poi steso non un velo pietoso ma un intero sudario sull’immaginario fidanzamento tra la principessa di Francia e il principe di Catalogna, che tra parentesi dovrebbe chiamarsi Aragona ma visti i recenti avvenimenti secessionistici in Spagna fa più figo chiamarla Catalogna.
Questo, però, non è niente in confronto al vero crimine di questa serie: far agire i personaggi del XIV secolo con la mentalità del XXI. Così abbiamo re Filippo che parla senza problemi a Landry dei suoi problemi matrimoniali e gli chiede persino di convincere la consorte a tornare nel suo letto; l’ancella della regina Giovanna che propone candidamente alla sua padrona di fuggire col proprio amato via dalla corte e da Parigi (e la regina ammette pure di averci davvero pensato!); la principessa Isabella convinta di potersi sposare per amore in un mondo in cui il matrimonio per amore non era nemmeno contemplato; Nogaret che fa l’ateo e così via. Realizzare una buona serie storica dovrebbe significare ricostruire e trasporre sulla scena la mentalità dell’epoca prima ancora dei costumi e delle scenografie, altrimenti si riduce tutto ad una pagliacciata in costume con personaggi tratti direttamente dai nostri giorni che sfoggiano abiti medievali.
Ma si possono anche chiudere gli occhi su queste leggerezze, mandando giù il boccone e non perdendo tempo con queste quisquilie per storiografi, che allo spettatore medio sicuramente non interessano. Purtroppo però, anche facendo così non va meglio, perché Knightfall tira fuori una serie di “colpi di scena” di una prevedibilità allucinante: la regina è incinta di Landry e non può nemmeno far credere al re che il figlio sia suo perché, da grandissima genia qual è, non giace con lui da due anni e non ha mai preventivato un incidente del genere; il servitore dell’ambasciatorearagonese catalano è in realtà il principe ereditario e la cosa è palese già venti minuti prima dell’effettiva rivelazione; Parsifal si fa fregare il pane da una ladruncola che poi immancabilmente ritrova alla festa alla corte del re e che, guarda caso, è la stessa ragazza ebrea salvata da Landry ad Acri. Se nei primi due episodi il peggio sembrava la presenza di un paio di personaggi che erano dei cliché viventi, col terzo appare evidente che i problemi interessano tutta la trama, che rischia davvero di virare pesantemente verso la soap-opera in costume, con svolte e sottotrame degne di Reign piuttosto che di un prodotto History. Persino gli intrighi di corte di Nogaret, che costituiscono gli avvenimenti più interessanti (o forse è meglio dire meno noiosi) che avvengono tra le mura del palazzo capetingio, sanno di già visto e sono ben poca cosa rispetto agli imprevedibili ed eleganti intrallazzi di Littlefinger o di Ecbert.
L’unica trama davvero piena di potenzialità, a questo punto, è quella che ruota intorno al Santo Graal. “The Black Wolf and the White Wolf” segna non solo un ulteriore, piccolo avanzamento nella ricerca della reliquia, ma fa anche luce sul passato di Godefroy, introduce un nuovo schieramento anch’esso interessato a mettere le mani sull’oggetto e, soprattutto, attribuisce per la prima volta al prezioso calice dei poteri mistici, magici. Se finora il Graal di Knightfall era stato mostrato come un semplice calice, investito sì di un profondo significato simbolico e religioso ma privo di capacità sovrannaturali, come possono essere la Sindone di Torino o la presunta Lancia di Longino conservata a Echmiadzin, nel terzo episodio salta fuori che la reliquia può compiere veri e propri miracoli, guarendo mali e ferite altrimenti incurabili; addirittura, se si presta fede alle parole del saraceno catturato da Landry e Tancredi, il Graal potrebbe avere effetti apocalittici e distruggere l’intera Cristianità. L’inserimento dell’elemento sovrannaturale potrebbe rivelarsi una mossa azzardata e addirittura dannosa, minando ulteriormente la credibilità storica del prodotto, ma potrebbe anche arricchirlo e diventarne un tratto peculiare, come già successo in Vikings, che mescola con risultati tutt’altro che disprezzabili realismo e misticismo, storia vera e rappresentazione del sovrannaturale nella forma di visioni, profezie, miracoli e stimmate. In Knightfall sarà possibile replicare ciò o ci si dovrà accontentare di uno pseudo-fantasy? Non resta che attendere i prossimi episodi.
Ciò non toglie che, per molti altri versi, Knightfall sia una serie alquanto zoppicante in fatto di veridicità storica e fedeltà ai fatti reali. E’ ovvio che un’opera narrativa di argomento storico può concedersi licenze e semplificazioni, vuoi per esigenze narrative vuoi per non impedire allo spettatore medio di seguire la trama, ma da qui a stravolgere completamente intere figure storiche e a inventare di sana piana eventi mai accaduti ce ne vuole. Basti pensare a Bonifacio VIII: si può anche chiudere un occhio sul fatto che nel 1306 sia ancora vivo e vegeto, ma non si può chiudere l’altro sulla sua caratterizzazione. Dov’è il pontefice dal pugno di ferro, una delle figure più discusse del Medioevo? Dov’è l’uomo che rase al suolo l’intera Palestrina dopo la resa di una famiglia rivale e che autorizzò una crociata contro i musulmani di Lucera? Dov’è il “Bonifazio” che Dante non esitò a condannare alla bolgia dei simoniaci nell’Inferno, l’acerrimo nemico del re di Francia? Al suo posto c’è un vecchietto affabile e pio, scaltro quanto basta per tener testa a Nogaret ma ben lontano dalla controversa figura storica. Andrebbe poi steso non un velo pietoso ma un intero sudario sull’immaginario fidanzamento tra la principessa di Francia e il principe di Catalogna, che tra parentesi dovrebbe chiamarsi Aragona ma visti i recenti avvenimenti secessionistici in Spagna fa più figo chiamarla Catalogna.
Questo, però, non è niente in confronto al vero crimine di questa serie: far agire i personaggi del XIV secolo con la mentalità del XXI. Così abbiamo re Filippo che parla senza problemi a Landry dei suoi problemi matrimoniali e gli chiede persino di convincere la consorte a tornare nel suo letto; l’ancella della regina Giovanna che propone candidamente alla sua padrona di fuggire col proprio amato via dalla corte e da Parigi (e la regina ammette pure di averci davvero pensato!); la principessa Isabella convinta di potersi sposare per amore in un mondo in cui il matrimonio per amore non era nemmeno contemplato; Nogaret che fa l’ateo e così via. Realizzare una buona serie storica dovrebbe significare ricostruire e trasporre sulla scena la mentalità dell’epoca prima ancora dei costumi e delle scenografie, altrimenti si riduce tutto ad una pagliacciata in costume con personaggi tratti direttamente dai nostri giorni che sfoggiano abiti medievali.
Ma si possono anche chiudere gli occhi su queste leggerezze, mandando giù il boccone e non perdendo tempo con queste quisquilie per storiografi, che allo spettatore medio sicuramente non interessano. Purtroppo però, anche facendo così non va meglio, perché Knightfall tira fuori una serie di “colpi di scena” di una prevedibilità allucinante: la regina è incinta di Landry e non può nemmeno far credere al re che il figlio sia suo perché, da grandissima genia qual è, non giace con lui da due anni e non ha mai preventivato un incidente del genere; il servitore dell’ambasciatore
L’unica trama davvero piena di potenzialità, a questo punto, è quella che ruota intorno al Santo Graal. “The Black Wolf and the White Wolf” segna non solo un ulteriore, piccolo avanzamento nella ricerca della reliquia, ma fa anche luce sul passato di Godefroy, introduce un nuovo schieramento anch’esso interessato a mettere le mani sull’oggetto e, soprattutto, attribuisce per la prima volta al prezioso calice dei poteri mistici, magici. Se finora il Graal di Knightfall era stato mostrato come un semplice calice, investito sì di un profondo significato simbolico e religioso ma privo di capacità sovrannaturali, come possono essere la Sindone di Torino o la presunta Lancia di Longino conservata a Echmiadzin, nel terzo episodio salta fuori che la reliquia può compiere veri e propri miracoli, guarendo mali e ferite altrimenti incurabili; addirittura, se si presta fede alle parole del saraceno catturato da Landry e Tancredi, il Graal potrebbe avere effetti apocalittici e distruggere l’intera Cristianità. L’inserimento dell’elemento sovrannaturale potrebbe rivelarsi una mossa azzardata e addirittura dannosa, minando ulteriormente la credibilità storica del prodotto, ma potrebbe anche arricchirlo e diventarne un tratto peculiare, come già successo in Vikings, che mescola con risultati tutt’altro che disprezzabili realismo e misticismo, storia vera e rappresentazione del sovrannaturale nella forma di visioni, profezie, miracoli e stimmate. In Knightfall sarà possibile replicare ciò o ci si dovrà accontentare di uno pseudo-fantasy? Non resta che attendere i prossimi episodi.
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La H di History potrebbe trarre in inganno lo spettatore: Knightfall prende abbondantemente a pugni la storia vera, quella che invece dovrebbe rispettare e al massimo romanzare un po’. Più che gli intrighi di Nogaret o le noiose questioni matrimoniali e sentimentali dei Capetingi, a mantenere vivo l’interesse ci pensa la ricerca del Graal… sempre che non mandino in vacca anche questa storyline.
Find Us The Grail 1×02 | 1.32 milioni – 0.2 rating |
The Black Wolf And The White Wolf 1×03 | 1.48 milioni – 0.3 rating |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.