Questo inizio di seconda stagione di Outcast, come ogni nuovo inizio, è stato sfruttato per poter inserire il nuovo arco narrativo e presentarlo quindi allo spettatore. La passata stagione sfociava in diversi punti sul procedurale: il Reverendo e Kyle si recavano da una determinata persona (o ci si imbattevano) impossessata e la liberavano. L’arrivo di Sidney in città ha aggiunto nuova linfa vitale ed una portentosa trama alla base dalla quale attingere. Ed è attorno ad essa che “Bad Penny” (ma anche “The Day After That” e “Not My Job To Judge”) ha rimodellato la narrativa con questi primi episodi introduttivi.
Ma di cosa sono introduttivi, esattamente? Ontologicamente, potremmo banalmente parlare de “la lotta tra il bene ed il male” e nessuno avrebbe qualcosa da dire in contrario: lo stesso Sidney ad inizio episodio ammette di essere stato chiamato in tanti modi diversi da persone come il Reverendo.
Uno dei cambiamenti occorsi, con il progredire della storia, è sicuramente riscontrabile nell’opposta valutazione che la cittadina ha per Kyle e per il Reverendo: i due sembrano essersi invertiti di ruolo, non che ci si potesse aspettare nulla di diverso per John, visto l’incontenibile scenata apocalittica di cui è stato attore nella piazza della città (“The Damage Done“). Kyle, d’altra parte, è riuscito a riabilitarsi sia con la cittadina, sia con i propri cari. Compresa Allison, che in questa puntata ritroviamo solamente come tappa del percorso di Kyle ed Amber e protagonista di quella che sembrerebbe – dati gli accenni – una porzione di trama riservata all’ex moglie del Reietto.
“We’re not a family anymore.”
La puntata riserva gran parte del minutaggio alla precaria situazione famigliare della sorella di Kyle, che dopo la morte di Mark è diventata via via sempre più complicata. Soprattutto per quanto concerne le ripercussioni su Holly, la figlia, che è passata dall’incolpare Amber ad odiare la madre.
L’abbraccio tra le due, arrivato in conclusione di episodio, era forse più casuale che definitivo. Certo è che ritornare nella propria abitazione dopo gli ultimi avvenimenti non è sicuramente da bollare come la migliore idea dell’anno. E Megan se ne è resa conto.
“You think you’re the first one to take up this fight. I got a history lesson for you.”
Sono i minuti conclusivi e non il mero cliffhanger a concedere un’alta votazione a questa puntata che, non diversamente dalle precedenti, è utile a predisporre e preparare quella che sembrerebbe a tutti gli effetti essere uno scontro definitivo. La rivelazione di Bob (“stopped it 30 years ago“) permette allo spettatore di allontanare dal semplice Kyle l’ago della bilancia e rendersi conto che, come un evento ciclico, questa sorta di invasione extracorporea sta nuovamente avendo luogo nella cittadina di Rome. Ma è la persona coinvolta in questa lotta che colpisce Kyle quasi fosse un gancio in pieno volto: “Your old man“.
“I need you to help me, again.”
Nel finale di puntata ritroviamo il bambino del centro psichiatrico che Amber aveva visto scappare via. Egli sembrerebbe a tutti gli effetti essere un outcast: la sorta di assorbimento di cui è solitamente vittima Kyle appare in maniera consapevole non forzata in questo caso.
Apparentemente, quindi, vi sono altri reietti all’infuori della famiglia Barnes. E si tratterebbe, in questo caso, di una persona che arriva in aiuto di Sidney e, quindi, di quella sorta di antagonista della serie che ci è stato presentato fino ad ora.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Day After That 2×02 | ND milioni – ND rating |
Not My Job To Judge 2×03 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.