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Si potrà considerare Ozark l’ennesimo drama che cerca di ripercorrere il fortunato percorso di Breaking Bad, di cui spesso è etichettato essere la brutta copia; si potrà discutere della bontà nella gestione di determinate sottotrame (cosa che anche noi in “The Gold Coast” avevamo ampiamente fatto). Ma non si potrà in alcun modo dire che la serie con Jason Bateman non sappia come aprire le danze: non c’è tempo per alcun tipo di recap, alla serie non interessa far immergere (di nuovo) lentamente lo spettatore nella propria storia. Non c’è tempo. Nel giro di pochi minuti viene mostrata una sequenza che mostra una tale dose di cruenta brutalità da far ricordare a chiunque perché, nonostante le attese, ci si ritrovi a guardare questa serie tv: sangue, piani ben orchestrati e, dulcis in fundo, la guerra (tra bande, non ad opera dei Byrde, che ormai sono parte del meccanismo) al Cartello. Non c’è Gus, non c’è Hector, c’è solo tanta violenza e la chiara volontà di far capire allo spettatore su quali tematiche questa stagione voglia far luce. La prima stagione era stata di adattamento, di studio; la seconda di ristrutturazione del nuovo ecosistema sociale nel quale erano stati brutalmente eradicati i Byrde. D’altra parte il titolo della puntata, “Wartime”, è eloquente e non lascia adito ad alcun tipo di dubbio.
Marty e Wendy hanno definitivamente accantonato l’idea di costituirsi e/o andare contro le volontà del Cartello, ma nella realtà che sta attraversando la quotidianità del casinò da poco avviato, il Cartello sta rischiando di essere messo alle corde, con relativo soverchiamento del potere costituito (a scapito, quindi, degli stessi Byrde). E’ attorno a questa problematica che la serie cerca di ingranare da subito la marcia, forte di una diatriba famigliare mai assopitasi e sempre pronta a tornare in auge. Da una parte c’è Marty, il freddo calcolatore, che vuole evitare qualsiasi tipo di ulteriore patto con il Cartello e, consapevole dei rischi, spera in una debacle del Cartello per liberarsi del gioco che in passato ha aiutato lui stesso a farsi mettere al collo. Dall’altra c’è Wendy, per circa due stagioni rimasta docile osservatrice esterna e aiutante in fase di bisogno, fino a quanto non sono venute alla luce le sue qualità commerciali e di marketing. Un’arma a doppio taglio che Marty ha fin da subito cercato di arginare. Wendy, ora forse più cinica del marito (si tenga presente il crollo emotivo-psicologico occorso a Marty durante la seconda stagione), sembra imporsi come figura predominante nella famiglia. Ma è davvero la scelta migliore, per poter sopravvivere, quella di stringere un legame a doppio filo con il Cartello? Solo il prosieguo di questa stagione farà luce su questo dilemma che rimane al momento il vero nocciolo centrale di tutto il racconto.
Sopravvivenza. Di questo si tratta: Marty e Wendy si approcciano ad essa in maniera talmente differente (entrambi con valide motivazioni) da far dubitare nella riuscita sia di un piano, sia dell’altro. Saranno i fatti a determinare quale dei due coniugi aveva le carte migliori per poter vincere la mano.
Escludendo dal paradigma narrativo i Byrde, balza subito all’occhio come l’intera narrazione sia fortemente privata di veri comprimari (è chiaramente da escludere Ruth, in quanto personaggio principale a tutti gli effetti e strettamente correlata a Marty). I Langmore e gli Snell sono stati de costituiti in toto per quanto concerne la valenza narrativa: Wyatt e Darlene, superstiti ignari di uno sterminio vero e proprio, si avvicinano e sembrano poter stringere una sorta di alleanza/unione. Una scelta su cui, ad ora, va sospeso qualsiasi tipo di giudizio in quanto si comprende la bontà della decisione, ossia di voler avvicinare due sottotrame ormai sfruttate fino all’osso, per rendere più snella la visione e cercare ancora di ricavarne qualcosa, tuttavia l’accoppiata Wyatt-Darlene risulta essere una di quelle cose talmente fuori da ogni logica da far venire i brividi durante la visione. Altro grande punto di discutibile validità è la comparsa del collega di Patty, a tratti casuale, a tratti dettato da un desiderio macchinoso e sagace di Bateman quasi a dire “pensavate lasciassi cadere questa sottotrama, eh?”. L’FBI è ancora lì che bazzica nelle Ozark a seguire non si sa bene quale pista (il caso è stato risolto e, si deduce, archiviato) e la comparsa di Trevor non ha al momento alcun tipo di risvolto se non gettare le basi, si immagina, per l’ennesimo risvolto poliziesco e da guardie-e-ladri della serie di Netflix. Necessario? Assolutamente no, vista la quantità di carne al fuoco. Scelta deprecabile? Da valutare.
Inutile soffermarsi sul comparto tecnico dal momento che Ozark, come se fosse necessario sottolinearlo, si riconferma prodotto di grande qualità e, purtroppo, ingiustamente lasciato in disparte da una grande fetta del pubblico. Ma non è tempo di fare retorica. E’ tempo di guerra.
Marty e Wendy hanno definitivamente accantonato l’idea di costituirsi e/o andare contro le volontà del Cartello, ma nella realtà che sta attraversando la quotidianità del casinò da poco avviato, il Cartello sta rischiando di essere messo alle corde, con relativo soverchiamento del potere costituito (a scapito, quindi, degli stessi Byrde). E’ attorno a questa problematica che la serie cerca di ingranare da subito la marcia, forte di una diatriba famigliare mai assopitasi e sempre pronta a tornare in auge. Da una parte c’è Marty, il freddo calcolatore, che vuole evitare qualsiasi tipo di ulteriore patto con il Cartello e, consapevole dei rischi, spera in una debacle del Cartello per liberarsi del gioco che in passato ha aiutato lui stesso a farsi mettere al collo. Dall’altra c’è Wendy, per circa due stagioni rimasta docile osservatrice esterna e aiutante in fase di bisogno, fino a quanto non sono venute alla luce le sue qualità commerciali e di marketing. Un’arma a doppio taglio che Marty ha fin da subito cercato di arginare. Wendy, ora forse più cinica del marito (si tenga presente il crollo emotivo-psicologico occorso a Marty durante la seconda stagione), sembra imporsi come figura predominante nella famiglia. Ma è davvero la scelta migliore, per poter sopravvivere, quella di stringere un legame a doppio filo con il Cartello? Solo il prosieguo di questa stagione farà luce su questo dilemma che rimane al momento il vero nocciolo centrale di tutto il racconto.
Sopravvivenza. Di questo si tratta: Marty e Wendy si approcciano ad essa in maniera talmente differente (entrambi con valide motivazioni) da far dubitare nella riuscita sia di un piano, sia dell’altro. Saranno i fatti a determinare quale dei due coniugi aveva le carte migliori per poter vincere la mano.
Escludendo dal paradigma narrativo i Byrde, balza subito all’occhio come l’intera narrazione sia fortemente privata di veri comprimari (è chiaramente da escludere Ruth, in quanto personaggio principale a tutti gli effetti e strettamente correlata a Marty). I Langmore e gli Snell sono stati de costituiti in toto per quanto concerne la valenza narrativa: Wyatt e Darlene, superstiti ignari di uno sterminio vero e proprio, si avvicinano e sembrano poter stringere una sorta di alleanza/unione. Una scelta su cui, ad ora, va sospeso qualsiasi tipo di giudizio in quanto si comprende la bontà della decisione, ossia di voler avvicinare due sottotrame ormai sfruttate fino all’osso, per rendere più snella la visione e cercare ancora di ricavarne qualcosa, tuttavia l’accoppiata Wyatt-Darlene risulta essere una di quelle cose talmente fuori da ogni logica da far venire i brividi durante la visione. Altro grande punto di discutibile validità è la comparsa del collega di Patty, a tratti casuale, a tratti dettato da un desiderio macchinoso e sagace di Bateman quasi a dire “pensavate lasciassi cadere questa sottotrama, eh?”. L’FBI è ancora lì che bazzica nelle Ozark a seguire non si sa bene quale pista (il caso è stato risolto e, si deduce, archiviato) e la comparsa di Trevor non ha al momento alcun tipo di risvolto se non gettare le basi, si immagina, per l’ennesimo risvolto poliziesco e da guardie-e-ladri della serie di Netflix. Necessario? Assolutamente no, vista la quantità di carne al fuoco. Scelta deprecabile? Da valutare.
Inutile soffermarsi sul comparto tecnico dal momento che Ozark, come se fosse necessario sottolinearlo, si riconferma prodotto di grande qualità e, purtroppo, ingiustamente lasciato in disparte da una grande fetta del pubblico. Ma non è tempo di fare retorica. E’ tempo di guerra.
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Torna a splendere il Sole nelle Ozark del Missouri.
The Gold Coast 2×10 | ND milioni – ND rating |
Wartime 3×01 | ND milioni – ND rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.