Quello che viene fuori dalla visione di “Damsels” e “Viktor” è che Preacher è uno show in divenire che sta ancora costruendo le basi del suo microcosmo. Il motivo di questo sviluppo lento è anche dovuto al fatto che Preacher è un adattamento televisivo dell’omonimo fumetto di Garth Ennis e Steve Dillon, la narrazione è quindi volutamente cauta ed impostata per una cottura a “fuoco lento” inserendo lentamente delle nuove caratteristiche. Ed i motivi che convalidano questa scelta sono svariati.
Preacher nasceva come serie a fumetti che parlava (e criticava) gli Stati Uniti d’America. Il viaggio dei protagonisti alla letterale ricerca di Dio non era solo un modo per confrontarsi con la tematica della religione – sempre molto dissacrata da Ennis – ma anche per avere una scusa per poter dare ai personaggi un modo per potersi spostare negli stati rurali degli USA, vivere nuove storie e affrontare nuove tematiche che avrebbero arricchito sia la serie che la visione dell’America di Ennis/Dillon.
La ricerca di Dio, insomma, si presentava spesso come un Hitchcockiano MacGuffin che a volte spariva nel nulla per dare spazio ad altri tipi di narrazione; tanto per fare un esempio legato agli episodi, si guardi allo sfortunato incontro di Tulip con Viktor e altre figure del suo passato. L’obiettivo di questa coppia di episodi, più degli altri due precedenti, è quella di far capire allo spettatore che un giorno, sicuramente, vedremo il trio di protagonisti trovare Dio ma non sarà qualcosa che accadrà a breve poiché il serial tiene a sfruttare il più possibile la componente road movie. Sfruttando il viaggio come motore della narrazione si può quindi accumulare un buon numero di stagioni e fornire anche delle storie assenti nella versione originale – o addirittura molto rivisitate – per sorprendere chi conosce già il fumetto.
Altri esempi che avvalorano questa tesi sono la presentazione dell’Inferno e l’introduzione di Herr Starr.
Sempre seguendo il discorso dell’accumulare stagioni, “Damsels” e “Viktor” si prendono la gradita libertà di dare più forma e corpo al microcosmo di Preacher. Visto che nel serial AMC viene data la propria visione ideologica della religione cristiana e di tutte le sue figure iconografiche, viene presa la scelta di rappresentare anche le sue strutture. Sicuramente non è stata una diretta intenzione degli sceneggiatori, ma la visione che Preacher ha dell’Inferno coincide con quella che Tiziano Sclavi espose nei primi numeri di Dylan Dog e che finì per essere uno dei maggiori elementi di successo del personaggio.
Per Sclavi, l’Inferno non era rappresentabile con il modello offerto da Dante Alighieri, dove le bolge traboccavano di anime dannate punzecchiate da sadici arcidiavoli. Per il papà di Dylan Dog l’Inferno era la vita quotidiana terrestre, composta da tutte quelle cose a cui gli uomini si sono abituati ma che invece, se si fermassero veramente a pensarci su, dovrebbero farli impazzire: un matrimonio arenato nell’abitudine; figli non considerati dai genitori; le false convenzioni sociali; le metropoli e la loro caoticità; i bulli e la loro eterna vittoria sui deboli; gli estremismi; il razzismo; l’apatia ecc. Per Sclavi, l’Inferno non è sulla Terra, ma è la Terra. Mentre l’Inferno, inteso come luogo? In Dylan Dog veniva descritto come una enorme azienda dove gli esseri umani che peccavano venivano semplicemente considerati come “pratiche da archiviare”. Preacher sembra aver sposato questa filosofia, riadattandola come tipico penitenziario americano con problemi di budget ed eterne scocciature fornite da detenuti e attrezzature.
L’introduzione di Herr Starr, invece, rappresenta un enorme passo avanti per la serie. Ogni narrazione con una quest, cioè la precisa ricerca/raggiungimento di un obiettivo, necessita di un antagonista che valga tanto quanto il protagonista e che sia in grado di ostacolarlo a più riprese. Certo, ora la serie può vantare la presenza del Santo Degli Assassini ma, per quanto sia un personaggio carismatico, rimane un cosiddetto brusier: un picchiatore formidabile, incapace però di partorire piani elaborati. Herr Starr invece soddisfa questa richiesta classificandosi come un mastermind villain dalle mille e più risorse. E il fatto che abbiano impiegato due stagioni una stagione e tre quarti ad introdurlo sottolinea ancora una volta come gli showrunner vogliano lentamente costruire le fondamenta di Preacher.
In questa coppia di puntate c’è però qualche difetto. Nonostante “Viktor” riesca ad occupare egregiamente i suoi 44 minuti di puntata affrontando il passato di Tulip ed indagando sull’attore che ha interpretato Dio nello scorso season finale, la trama legata a Eugene attualmente non convince troppo in quanto non si capisce dove si voglia andare a parere e a cosa serva per la formazione di Faccia Di Culo. L’introduzione di Hitler (interpretato da Noah Taylor, già nel ruolo di Adolf nel film Max del 2002) è piacevole e funzionale alla conoscenza dell’Inferno ma niente di più, per ora.
“Damsels”, invece, non riesce completamente a salvare certe apparenze. Come detto prima, è chiaro che Preacher stia costruendo lentamente il suo universo per guadagnare tempo ed accumulare episodi e stagioni, il problema è che, in certe puntate, la cosa risulta fin troppo ovvia finendo per rendere la puntata di una lentezza indigeribile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Mumbai Sky Tower 2×02 | 1.35 milioni – 0.4 rating |
Damsels 2×03 | 1.11 milioni – 0.4 rating |
Viktor 2×04 | 1.19 milioni – 0.4 rating |
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