Bad Monkey 1×10 – We’re In The Memory-Making BusinessTEMPO DI LETTURA 7 min

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Recensione Bad Monkey 1x10Ogni racconto ben costruito vive delle sue tempeste emotive e narrative, momenti in cui le forze del caos si scontrano con l’ordine, destabilizzando ogni cosa prima di una risoluzione finale. Lo scorso episodio aveva annunciato l’arrivo di una tempesta, sia fisica che simbolica, e questo decimo capitolo di Bad Monkey la scatena in pieno.
Sotto la pioggia battente che imperversa su Andros, i personaggi sono costretti a fare i conti con i loro demoni, le loro ambizioni e le loro speranze. Le scelte fatte durante la stagione, talvolta impulsive e altre ponderate, si ripercuotono ora in modo definitivo, costringendo ognuno di loro ad affrontare il fatidico punto di non ritorno. Il sacrificio di Gracie, la caduta di Nick, la svolta di Andrew: ogni decisione presa in questo season finale ha plasmato non solo il loro destino, ma quello di chi li circonda. Ed è nei momenti di crisi che si rivelano le verità più profonde, mettendo a nudo la vera natura dei protagonisti.

YIN E YANG


And just like that, the island had its sacrifice.

La resa dei conti tra Gracie ed Eve, avvolta dalla furia della tempesta, è la perfetta rappresentazione della tensione e dell’equilibrio precario che hanno dominato la stagione. La Dragon Queen Gracie, personaggio che ha portato con sé il peso di ambizioni e faide familiari, trova la sua fine tragica proprio nel momento in cui sembra sul punto di prevalere. La sua morte, un sacrificio richiesto dall’isola, non è solo fisica, ma anche simbolica: l’isola richiede sempre un prezzo, una vita da offrire in cambio della sua quiete e Gracie, come tanti altri, paga il prezzo delle sue decisioni e delle sue alleanze.
Eppure, la sua morte non appare come una sconfitta completa: la ragazza diventa parte di un ciclo ancestrale, ribadendo che nessuno può davvero lasciare l’isola senza lasciare indietro una parte di sé, che sia l’anima o il corpo. Le sue apparizioni post-mortem, visitando Ya-Ya, Egg e Lulu, lasciano un’eco di saggezza e un’eredità che permea ancora i viventi, sottolineando la necessità di dover abbracciare la propria verità prima che sia troppo tardi. In un certo senso, la sua caduta non la rende un personaggio sconfitto, ma piuttosto una figura sacrificale necessaria per chiudere un ciclo che la serie aveva aperto sin dal primo episodio.

Nick:What’s wrong with me? How did I choose a fucking sociopath over my own daughter?

In netto contrasto con il sacrificio di Gracie, Nick Stripling emerge come il simbolo della redenzione fallita. Nick si rende conto troppo tardi di aver commesso errori irreparabili, scegliendo sempre la via più facile, perfino a costo di abbandonare sua figlia. L’essere vittima delle manipolazioni di Eve lo trasforma in una figura patetica, incapace di trovare una via d’uscita dal suo stesso fallimento, e il suo struggimento di fronte a questa realizzazione appare come una confessione amara che lo condanna non solo fisicamente, ma anche moralmente. Nick diventa il ritratto di un uomo che ha perso il controllo della propria vita, vittima delle sue stesse scelte sbagliate e, in un mondo governato da poteri che sfuggono al proprio controllo, la caduta simbolica in mare per mano di Eve rappresenta il suo abbandono alla deriva, privo di un’ancora o di un qualsivoglia punto di riferimento in grado di tenerlo a galla.

EVE E LA CAROTA DEL DESTINO


Eve si è rivelata il vero antagonista di questa stagione, una figura che incarna il freddo calcolo e la totale assenza di rimorsi e che, fin dall’inizio, si è configurata come la vera mente dietro ogni colpo messo a segno, manipolando tutti coloro che la circondavano per i propri fini egoistici. Il suo distacco emotivo le ha permesso di affrontare ogni tipo di situazione senza mostrare la minima esitazione, eliminando chiunque rappresentasse un ostacolo, come dimostra l’omicidio di Nick, avvenimento che non rappresenta soltanto la fine di un uomo, ma anche il culmine della volontà di Eve di sopravvivere a ogni costo, sacrificando chiunque si trovi sulla sua strada.
Tuttavia, ciò che rende Eve un personaggio affascinante è la sua complessità. Nonostante il suo estremo pragmatismo, il suo destino si conclude in modo quasi grottesco e la sua fine, infatti, è intrisa di quell’ironia crudele che permea l’intera serie. Mentre si strozza con una delle sue amate carotine, più o meno come Gracie le aveva augurato con le sue ultime parole (“I hope you choke on your lies“), Eve perde l’equilibrio e precipita dal tetto, morendo sul colpo.
L’assenza di umanità che l’ha resa una predatrice, alla fine, la priva anche del controllo sulla sua stessa vita. In un certo senso, Eve è vittima del suo stesso disegno, una creatura che ha fatto dell’inganno la sua forza ma che soccombe davanti a una giustizia karmica imprevedibile, simile al fato che aveva cercato di dominare.

COP OF THE WORLD


Jim: “You’re not the cop of the world. Let it go.
Rogelio: “Come on man. For once, do what’s right for you. Let that shit go.
Rosa: “Come on man. Just let go. Just this once.
Neville: “Yancy, let go!

Mentre Nick fallisce nel trovare una via d’uscita, Andrew Yancy riesce finalmente a fare il passo che gli permette di cambiare. Da tempo, Andrew si è presentato come l’eroe combattente, disposto a tutto pur di fare giustizia, ma questo ruolo lo ha anche consumato, rendendolo schiavo delle sue stesse aspirazioni e del suo incessante desiderio di giustizia. La scena in cui si aggrappa alla fune dello yacht, lottando contro la corrente e contro sé stesso, è il momento in cui il suo conflitto interiore raggiunge l’apice. Nella sua mente riecheggiano voci familiari che lo spingono a “lasciar andare”, a smettere di sentirsi responsabile per tutto e tutti. Alla fine, è proprio nel gesto di lasciare andare la fune che Andrew compie una scelta decisiva, accettando di non poter sempre determinare il destino altrui, liberandosi così del peso che lo ha tormentato per tutta la stagione.
L’ultimo atto di Andrew, seduto a osservare gli altri trovare la loro pace mentre lui rimane isolato, evidenzia una conclusione che, pur malinconica, ha una risonanza emotiva profonda. Anche se sembra essere tornato al punto di partenza, c’è un senso di accettazione che accompagna la sua solitudine, la quale, tuttavia, non appare come una sconfitta totale, bensì come un momento di riflessione in cui accetta il suo ruolo di catalizzatore per il cambiamento altrui. Andrew ha sempre cercato di trovare il suo ruolo nella giustizia, nell’amore, nell’amicizia, ma è solo accettando il suo stato di incertezza che può realmente andare avanti.
Questo finale aperto lascia la porta spalancata per una potenziale seconda stagione, ma anche se la storia si fermasse qui, il viaggio di Andrew risulterebbe completo. Forse non ha risolto tutti i suoi problemi, ma ha imparato che la vita non consiste nel risolvere ogni questione, bensì nell’accettare che alcune battaglie sono fatte per essere abbandonate.

It didn’t escape Yancy that he was right back where he started. Basically happy, but with no one to share it with. He’d always believed in the saying that there was someone for everyone. Doesn’t really matter if you were made for each other or if you’re more like oil and water. Either way, we all need to find where we belong. Cause you can’t move forward till you’re where you’re supposed to be.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La resa dei conti finale tra Gracie ed Eve
  • La crescita del personaggio di Andrew
  • La realizzazione di Nick prima di finire scaraventato in acqua da Eve
  • La tragica ma poetica morte di Eve
  • La continua qualità dei dialoghi e della scrittura in generale
  • Tutta la storyline (personaggio e attrice compresi) di Bonnie, per il resto nulla di importante da segnalare

 

Con questo decimo episodio si chiude una stagione ricca di colpi di scena, che ha saputo bilanciare abilmente crime, umorismo e momenti di profonda riflessione. La forza dello show, come sempre, risiede nella scrittura, che riesce a mettere a nudo la vulnerabilità dei personaggi senza mai perdere il tocco ironico e dissacrante che lo ha contraddistinto fin dall’inizio. Sebbene molti personaggi trovino una sorta di chiusura nel loro arco narrativo, l’episodio lascia uno spiraglio aperto per nuove avventure ma, anche se non ci fosse una seconda stagione, Bad Monkey ha comunque dimostrato di essere un prodotto molto valido, in grado di concludersi con una nota di malinconica soddisfazione, proprio come la calma che segue una tempesta.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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