“Wilson Fisk has been elected. The 112th mayor of New York City. He won.”
La vittoria di Wilson Fisk alle elezioni porta il character di nuovo al centro delle vicende di New York. Kingpin però non torna come privato cittadino ma come sindaco della Grande Mela (e va sottolineata che questa è una situazione che è accaduta anche nei fumetti nel passato recente, con la run “Mayor Fisk” iniziata nel 2017). In fondo, non ci si poteva aspettare niente di meno da un villain tanto controverso, poliedrico e strategico.
Se l’assenza dei comprimari Foggy e Karen può essere in qualche modo giustificata per motivi (diversi) posti per far evolvere Matt Murdock, l’assenza di Fisk non è invece contemplabile, anzi.
La serie originale Netflix ha dato vita a due personaggi cupi, complessi ma anche indissolubilmente legati tra loro e proprio da questo lo showrunner Dario Scardapane ha voluto ripartire. Dopo un esordio che ha gettato le basi per la direzione della stagione, questa puntata approfondisce le conseguenze delle scelte dei protagonisti e il modo in cui il contesto urbano di New York influenza le loro azioni e la visione di Dario Scardapane inizia a chiarificarsi almeno un po’, anche perchè l’assenza ovvia di Foggy, e quella meno scontata di Karen, sembrano già acqua passata per questa serie.
IMMAGINE PUBBLICA
Wilson Fisk: “Thank you, New York. Vanessa and I, we offer our deepest regards. It’s humbling to be sitting here, speaking to you as mayor this evening. Beginning of the new year, and most importantly, a new era for the greatest city in the world. This city is in shambles. Crime, poverty, a feeling of uneasiness, as if any moment, things could explode. But New Yorkers are tough. We know how to take care of ourselves. We don’t need a gun-toting vigilantewho wears a skull on his chest or a man who dresses in a spider outfit. Or a guy who wears devil horns to save us. No.
We’ll be our best once again. […] I made you one promise. […] I intend to keep it. […] And that is that the rule of law will return to New York City. That is what I will deliver to the city of New York. The city that bore me, elected me. The city that I love. Good night and happy new year.”
Uno degli elementi centrali dell’episodio è il tema della percezione pubblica che diventa una vera e propria arma nelle mani dei personaggi. Fisk, recentemente uscito dal carcere, sfrutta la sua intelligenza strategica per tessere una nuova narrativa su sé stesso, tentando di conquistare la fiducia della gente con gesti studiati. Dall’altro lato, Matt si trova nuovamente a affrontare le ripercussioni della sua doppia vita di avvocato e vigilante anche se non indossa il costume, cosa piuttosto interessante e non così scontata.
Ma è di Fisk che bisogna parlare perchè, si sà, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Proprio come nella serie Netflix, anche qui il personaggio di Fisk viene tratteggiato ostentando il vestiario e il buon cibo ma è un character diverso rispetto al passato: se nella serie Netflix Kingpin non sia mai stato circondato da molti amici e sostenitori, a eccezione di Vanessa, donna che rappresentava il suo faro nell’oscurità, qui invece è totalmente solo (sgherri a parte).
Vanessa è riuscita a prendere il controllo dell’attività criminale ed è ormai totalmente autonoma. La protezione che Fisk ostentava nei suoi confronti, quindi, ora non è più necessaria perché Vanessa è in grado di difendersi da sola, di portare avanti gli affari da sola. Sostanzialmente non ha più bisogno di lui. Ma Fisk, dal canto suo, ne ha un bisogno estremo, come sindaco, per immagine pubblica, e come uomo, per non tornare a cadere nel baratro più profondo.
I GRANDI ASSENTI
L’assenza (per motvi diversi) di personaggi storici come Foggy Nelson e Karen Page si fa sentire, privando la serie di due figure fondamentali per l’equilibrio narrativo e la crescita di Matt. La dipartita del primo e l’assenza, più o meno giustificata, della seconda sono un motivo di sofferenza per i fan della serie Netflix e forse anche per quelli di questa nuova serie Disney.
Infatti, i due erano in grado di dare una profondità senza eguali al protagonista e contribuivano alla sua continua crescita. Il rapporto dei tre insieme, e di Matt singolarmente con ognuno dei due, riusciva a far emergere degli aspetti che ora, si presume, non vedranno più la luce. Anzi, la morte assurda di Foggy sembra aver aperto la strada di Matt verso l’omicidio, tanto che il breve momento in cui Matt ascolta la messa dall’esterno della chiesa fa capire come non si senta degno di poter rimettere piede all’interno.
I nuovi comprimari introdotti finora non riescono a colmare questo vuoto, risultando meno incisivi e anche meno caratterizzati per ora, anche se bisogna ammettere che non dispiacciono e si intravede un potenziale che però dovrà essere esplorato con un minutaggio ben più ampio. Rimane comunque un punto di domanda relativo alla rimozione di Foggy e Karen dall’equazione dello show visto che il mondo di Matt appare più isolato e meno sfaccettato, e Scardapane dovrà quindi dimostrare di poter tenere alta la qualità anche senza due dei suoi character più iconici.
BEL TATUAGGIO, CHI TE L’HA FATTO?
Bisogna parlare un secondo sia del tatuaggio che compare sul polso del poliziotto quando sbatte Matt al muro, sia del combattimento in sè e per sè. Se si guarda con attenzione, si potrà notare che c’è un teschio disegnato al centro del tatuaggio e non è difficile immaginare che sia un riferimento neanche tanto velato a Frank Castle, il Punitore, il che è un indizio piuttosto interessante per il suo ritorno già confermato.
Il combattimento in sè e per sè poi è estremamente violento e piace constatare come Disney non si sia tirata indietro dalle scene di violenza. Che si tratti di nuove scelte registiche o di un cambiamento vero e proprio, quello che risulta da questi primi due episodi è un atteggiamento più sciolto e vendicativo nel combattimento. E la cosa non dispiace.
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Nonostante l’assenza di Foggy e Karen, Daredevil: Born Again riesce a reggersi sulle spalle di una narrazione solida e di personaggi ben sviluppati, tolti i comprimari a cui si può concedere ancora il beneficio del dubbio. Questo secondo episodio conferma comunque la qualità della serie, bilanciando azione, tensione e introspezione. Pur adottando un tono leggermente diverso rispetto alla serie Netflix, conserva la profondità emotiva e il fascino oscuro del mondo di Matt Murdock.
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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.