È incredibile notare come Severance, anche nota qui in Italia come Scissione, stia alzando di molto l’asticella dopo un’attesa spasmodica di tre anni per questa stagione. È incredibile anche certificare che il livello ormai stabilmente raggiunto da Ben Stiller in cabina di regia sia sopraffino, al punto che pochi si sarebbero aspettati per una persona che è stata fino a pochi anni fa per tutti un buon attore comico e poco oltre.
Non stupisce affatto, invece, l’interpretazione di Patricia Arquette – già premio Oscar nel 2015 -, che già nella prima stagione si era destreggiata nelle doppie vesti di “Mrs. Selvig” e Harmony Cobel, un po’ un innie e una outie senza però esserlo concretamente. Un indizio che si doveva cogliere, d’altronde lo show di Dan Erickson di indizi ne dissemina tanti, ad ogni puntata, tracciando sentieri per gli spettatori più attenti, e confondendo fascinosamente gli altri.
INDUSTRIALIZZAZIONE DISTOPICA
Il sottotesto generale che permea “Sweet Vitriol“, che come “Woe’s Hollow” non presenta la classica sigla d’apertura, è il mondo industriale. Se la Lumon è arrivata ad essere una azienda così importante e al centro della vita di così tante persone, seppur non sia stato ancora identificato lo stato reale in cui si svolge il tutto (mentre è noto che la cittadina in cui vive Mark si chiama proprio Kier), ci sarà sicuramente una storia interessante e un contorno industriale da approfondire. Salt’s Neck è una piccola cittadina nata, come tante nate nei secoli scorsi, grazie ad agglomerati urbani di operai che popolavano i sobborghi circondanti le grandi fabbriche, ormai caduta in disuso da quanto lo stabilimento locale è stato chiuso.
Lo stabilimento di Salt’s Neck era principalmente dedito alla lavorazione dell’etere, una droga di cui ormai gli abitanti della cittadina ne abusano, anche a causa della dipendenza sviluppata spesso e volentieri nei lunghi e criminosi turni di lavoro, svolti in tenera età, in acclarate condizioni di sfruttamento di lavoro minorile, tutto alla luce del sole. Una piccola ma grande rivelazione che getta una luce (o forse più un’ombra) sulla disturbante figura della ragazzina, Miss Huang, nel piano scisso.
GRANDE FRATELLO LUMON
È chiaro sin da subito come “Sweet Vitriol” appartenga a quella ristretta cerchia di episodi speciali, non ambientati nei solidi asettici muri bianchi del piano scisso della Lumon, ma che invece vanno ad ampliare lo sguardo, approfondendo la lore della serie. In particolare stavolta si spinge parecchio sull’acceleratore per far comprendere definitivamente che nel mondo di Severance il confine tra potere e religione è molto labile. La Lumon potrebbe essere vista come una Google, Meta, Apple, ovvero un’azienda hi-tech (anche se prima non lo era) costantemente presente nella quotidianità della gente. Tuttavia la piega disturbante arriva nel momento in cui la fidelizzazione, o “fedeltà”, del cliente si trasforma in fede vera e propria.
Se nella prima stagione poteva esserci qualche strano segnale, ma era ancora possibile che questa religiosità della figura di Kier Eagan fosse uno stratagemma in uso al piano scisso, per garantire la tranquillità degli innies in una specie di caverna di Platone, è ormai evidente che non è solo questo. La Lumon è anzi una sorta di fascismo industriale molto sottile, che incanala la gente sin dall’infanzia, attraverso programmi di rewards sul luogo di lavoro, per omologare le giovani menti verso una religione che coincide con il proprio datore di lavoro. Così come il credente ringrazia Dio per poter sfamare la propria famiglia, in Severance le persone ringraziano la Lumon, padrone benevolo e addirittura divinità, che gli ha concesso il dono di poter vivere la propria vita.
Con tutte queste informazioni in più diventa molto interessante capire come la Lumon sia riuscita ad avviare questo programma, permettendosi di assumere bambini in fabbriche di etere, e soprattutto quali sono le alternative alla Lumon per le persone come Devon, che la detestano e sembrano essere totalmente estranee ad essa.
PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Anche la rivelazione finale si configura perfettamente all’interno dell’ecosistema Lumon descritto in “Sweet Vitriol“. Finalmente, dopo settimane di interminabili viaggi in auto, Harmony Cobel ha raggiunto il suo MacGuffin, l’oggetto che stava cercando, e che consiste in un colpo di scena bello grande. Il personaggio di Patricia Arquette è infatti il creatore originale della tecnologia dietro la scissione, sviluppata da lei stessa ma brevettata dalla Lumon per obblighi contrattuali. Oltre ad essere un importante snodo narrativo, tutto ciò è una critica ancor più feroce al sistema lavorativo statunitense (e non solo), in cui il singolo non mantiene la proprietà intellettuale per le sue creazioni, che diventano dominio aziendale.
Probabilmente la Lumon deve ad Harmony Cobel più di quanto lei non debba a loro, ma nonostante tutto Helena affermava che il suo contributo era sopravvalutato. I disegni dei progetti originali sembrano andare in una direzione del tutto opposta, e per lo meno riescono a chiarire allo spettatore le motivazioni dietro tutte le azioni della Cobel, e anche le probabili direzioni future, che potrebbero vederla affiancare un Mark reintegrato nella sua lotta alla Lumon.
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“Sweet Vitriol” è un episodio che funge da intermezzo, che per via della sua natura non può magari ambire al massimo dei voti, ma che certamente sa di essere il meglio che può mai offrire una puntata del genere.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.