Secondo capitolo dell’ambizioso progetto audiovisivo “African Queens” creato da Netflix in collaborazione con Nutopia, casa di produzione che vede, fra i propri partner grossi nomi hollywoodiani. Tra questi vi è Jada Pinkett Smith, ideatrice e voce narrante di questo “format” di docuserie incentrate sulle grandi leader storiche africane.
Un progetto interessante che non nasce per caso ma che ha, al contrario, un chiaro intento socio-politico (nell’accezione positiva di questo termine) di dare spazio e voce alla storia del continente africano, spesso ignorata dalla storiografia mainstream occidentale, per di più in un’ottica femminista. Se però il primo capitolo di questo progetto, dedicato alla regina angolana Njinga, era passato pressoché ignorato dalla critica e dal pubblico, seppur confezionato bene anche se peccava di eccessivo didascalismo, non si può dire lo stesso di Queen Cleopatra, che già prima di uscire ha già fatto molto parlare di sé, purtroppo non per questioni prettamente storiografiche o filologiche.
UNA, NESSUNA, CENTOMILA CLEOPATRE
Era abbastanza naturale ritenere che una docuserie basata sull’ultima sovrana egiziana della dinastia tolemaica avrebbe suscitato una certa attenzione. Cleopatra Tèa Filopàtore (suo nome completo), meglio nota come Cleopatra VII, è una di quelle figure storiche che ancora suscita un certo interesse e oggetto di numerosi dibattiti, complici anche le numerose trasposizioni artistiche e letterarie che il personaggio ha avuto. Fra queste, la nota tragedia shakespeariana Antonio e Cleopatra, un film del 1963, che rese iconica l’attrice Elizabeth Taylor, e perfino una canzone dell’Eurovision.
Di volta in volta, a seconda delle interpretazioni, si è sempre posto l’accento o sulla sua figura di leader carismatica innamorata del suo Paese e della sua cultura, o sull’aspetto di femme fatale cinica e manipolatrice. Fatto sta che tale figura storica si presta a varie interpretazioni e rivisitazioni, soprattutto per essere stata una delle poche sovrane veramente potenti nell’antichità.
Anche questa docuserie, nel descrivere la sua vita, fa dunque una serie di scelte stilistico-narrative che rivelano una certa percezione del personaggio che trascende i meri dati storici e s’inserisce in un discorso più contemporaneo.
Tanto per cominciare vengono scelti, come narratori fra i vari intermezzi “fiction”, storici e studiose di origine prevalentemente afroamericana o araba. E la stessa narrazione della vista di Cleopatra viene fatta selezionando gli episodi della sua vita che riguardano principalmente i rapporti con figure maschili, con qualche incursione sulla vita sociale dell’Egitto dell’epoca. Si tratta dunque di una ricostruzione molto soggettiva della vita della sovrana egiziana, mostrandola come anticipatrice delle questioni di genere e del femminismo contemporaneo.
IL PROBLEMA DEL BLACKWASHING
E proprio da questa ricostruzione soggettiva che nascono i principali problemi di questo show. A cominciare dalla scelta dell’attrice protagonista nei segmenti “fiction” e, in particolare, dal colore della sua pelle. Adele James, infatti, è un’attrice afroamericana e tale scelta è stata vista come “blackwashing” del personaggio. Nonostante i tentativi della produttrice Jada Pinkett Smith e le dichiarazioni della regista Tina Gharavi (nota per i suoi lavori politici e pluripremiati come I Am Nasrine e People Like Us), principale supporter di tale scelta di casting, appare abbastanza evidente come il personaggio di Cleopatra venga usato come “scusa” per parlare di altro, di problemi legati all’attualità, e che tale show sia di fatto un’opera più “politica” che non semplicemente documentaristica.
Ad oggi non si sa effettivamente quale sia stato il vero colore della pelle della regina egiziana. C’è da presupporre che la carnagione fosse quella tipica dei popoli mediterranei (comunque diversa all’epoca rispetto a quella dei contemporanei), e che, vivendo in un’epoca in cui la crema solare ancora non era stata inventata, probabilmente fosse molto più scura (sicuramente più di quella di Elizabeth Taylor), ma sicuramente non come quella di un’afroamericana moderna.
Ipotesi a parte, rimane il fatto che la docuserie decide semplicemente di combattere uno stereotipo (figlio comunque di un’appropriazione culturale per cui i personaggi storici risultano sempre caucasici) con un altro stereotipo, non meno condizionante del primo.
Elemento che, paradossalmente, rappresenta la vera forza dello show, che rilegge il tutto in una chiave più moderna e pop e rende così molto più interessante questo capitolo antologico rispetto al precedente.
CONCLUSIONI
A livello di pathos narrativo, infatti, Queen Cleopatra riesce a reggere molto meglio l’attenzione rispetto a Njinga. Vuoi per il maggior carisma che tale figura possiede rispetto alla regina angolana, vuoi soprattutto per un buon ritmo narrativo e un buon cast che, tutto sommato, non se la cava male nei rispettivi ruoli. Lodevole soprattutto l’interpretazione di Adele James che si rivela, in ogni caso, un’ottima Cleopatra, regalando intensità al proprio character e una versione sicuramente originale di tale figura.
Rimangono un po’ da rivedere invece gli aspetti tecnici quali trucco, parrucco e scenografie (che non sembrano fare molte differenze fra i vari luoghi come Roma e Alessandria d’Egitto) che rivelano un budget decisamente low cost rispetto a quanto evidentemente è stato speso in marketing per confezionare il prodotto.
Per il genere di docuserie che rappresenta, Queen Cleopatra si dimostra quantomeno un prodotto decente che dà comunque adito a riflessioni e spunti per approfondire un personaggio che ha ancora molto da dire al pubblico contemporaneo.
…THEM ALL!
Part 1 1×01 | |
Part 2 1×02 | |
Part 3 1×03 | |
Part 4 1×04 |
Prodotto destinato a creare polemiche (e viene il dubbio che ciò sia fortemente voluto). Al di là delle opinioni personali comunque Queen Cleopatra riesce, meglio del suo predecessore, ad entrare nella mente e nel cuore del pubblico, se non altro invogliandolo ad approfondire tale figura storica mostrandola come molto vicina alla mentalità contemporanea. Un po’ forzata come rappresentazione ma efficace, a suo modo.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!