Waco: The Aftermath 1×04 – The ConspiracyTEMPO DI LETTURA 5 min

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Waco: The Aftermath 1x04 Recensione

“Is that why he married a ten-year-old girl, because she was so fertile? You are not guilty of the crime you’ve been accused of. And what the government did at Mount Carmel is an abomination. But you’re not innocent either. And if you get up there to testify, that’s all anybody will be left with”

Numerosi studi accademici hanno mostrato, nel corso degli anni, che lo svolgimento di attività lavorative ripetitive – dal punto di vista fisico oppure intellettuale – possano comportare conseguenze negative sulla salute fisica e mentale del lavoratore che lo esegue. Similmente, quando si scrivono le recensioni dei vari episodi che compongono una stagione, il primo obiettivo dovrebbe essere quello di trattare temi sempre diversi e fornire analisi nuove e variegate. In una stagione di 10 puntate, ad esempio, il lettore non vuole certo leggere 10 articoli che ripetono lo stesso concetto. A volte, però, il recensore è costretto a ribadire, articolo dopo articolo, sempre gli stessi temi. D’altronde, se uno show è di buon livello ma – al suo interno – presenta un difetto molto vistoso, allora è difficile non includere tale difetto all’interno delle recensioni. Complessivamente, la miniserie “Waco: The Aftermath” è uno show di buona qualità. In particolare, è lodevole la volontà degli autori di uscire dalla vicenda singola di Waco e dipingere un grande affresco dei gruppi fondamentalisti americani. Affresco che ha il suo culmine, come è noto, nell’attentato di Oklahoma City. Raccontare tutto ciò in sole 5 puntate rappresenta un compito difficile e ambizioso. Proprio per questo, dunque, il recensore non può che porsi sempre la stessa domanda: Che senso hanno i flashback dedicati a David Koresh?

L’AVVOCATO DAN CODGELL


Nel corso delle precedenti recensioni, le prestazioni attoriali del cast sono sempre state lodate nel complesso. In questo caso, tuttavia, è necessario sottolineare un’interpretazione su tutte. Senza ombra di dubbio, questo quarto episodio ha raggiunto la sufficienza grazie a Giovanni Ribisi, il quale ha fornito una performance magnetica e di alto livello in due scene chiave.
Dan Codgell non sta ottenendo un ritorno economico da questo processo. I Davidiani sono invisi all’opinione pubblica, quindi anche il ritorno di immagine non è positivo. Per quale motivo, dunque, li sta difendendo con questa forza? La risposta è fornita dalla magistrale scena finale. I Davidiani sono vittime di un abuso di potere del governo, ma non sono vittime tout court. All’interno di Mount Carmel, infatti, si sono consumati stupri e violenze su ragazze minorenni.
Codgell non crede che i suoi clienti siano brave persone, e non è un seguace di Koresh. Lui li sta difendendo perché, nel caso specifico dell’accusa rivolta contro di loro, i Davidiani sono innocenti. La scelta di difendere persone che a lui non piacciono, e che gli portano cattiva pubblicità, è dunque la scelta di difendere un ideale fondante della democrazia americana, il quale si dovrebbe applicare anche a chi non è una brave persona. Tutto il percorso emotivo e di pensiero di Codgell è racchiuso nella simulazione di interrogatorio finale, che rappresenta il punto più alto dello show fino ad ora.

CERCASI GARY NOESNER


Le prime 3 puntate dello show hanno visto una ripartizione abbastanza equa del minutaggio tra i protagonisti delle due storyline: Dan Codgell, protagonista della storyline del processo, e Gary Noesner, protagonista delle indagini per scoprire le conseguenze più ampie di Waco e ciò che ha rappresentato.
Nel corso di questa quarta puntata, tuttavia, Gary Noesner è stato relegato al semplice ruolo di comparsa. Questa scelta appare particolarmente illogica, soprattutto se si considera che Noesner dovrà testimoniare in Texas nel corso del prossimo episodio, che rappresenta anche il series finale.
Essendo il finale, dunque, dovrà essere presente anche il compimento della storyline dell’attentato. Il rischio concreto è che gli autori siano costretti ad accelerare e a chiudere in maniera sbrigativa alcune vicende che, al contrario, meriterebbero grande cura e attenzione.
Come detto nel corso dell’introduzione, la scelta di mostrare il processo di Waco e, al tempo stesso, dipingere un affresco di ampio respiro della mutazione dei gruppi fondamentalisti americani è stata sicuramente ambiziosa. Dato che la miniserie si compone di 5 episodi, non è certo semplice. Proprio per questo, però, non si capisce come mai – di fronte a una situazione simile – si sia deciso di dedicare 15/20 minuti a puntata a dei flashback che mostrano qualcosa che lo spettatore già conosce.

DAVID KORESH, DI NUOVO


David Koresh è stato il capo di una setta religiosa armata fino ai denti. Per anni, Koresh è riuscito a convincere centinaia di persone di essere il Messia. Certamente, dunque, era un personaggio carismatico. Tutto ciò, però, è stato già mostrato, per di più in maniera magistrale, durante la miniserie del 2018.
Tutto ciò che viene mostrato su Koresh in queste puntate può appartenere a due categorie: la categoria del superfluo e la categoria della riproposizione in tono minore. Per di più, Keean Johnson non sta fornendo una performance insufficiente, ma il livello raggiunto di Taylor Kitsch non è semplice da eguagliare.
Nel corso della recensione della terza puntata, era stato detto che i flashback potrebbero essere utili se approfondissero il background degli accusati. Nel caso specifico di quell’episodio, ad esempio, numerose scene avevano visto il giovane Livingstone Fagan come protagonista. Tuttavia, è evidente che si sia trattato di un caso isolato. L’approfondimento del giorno, infatti, ha riguardato Paul Fatta, ossia un personaggio che non era neanche presente nella miniserie originale. A peggiorare ulteriormente la situazione, le scene con Fatta sono appena una manciata e raramente lo hanno avuto al centro delle vicende.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Un eccezionale Giovanni Ribisi
  • La simulazione di interrogatorio finale
  • La scena del magnete sulla porta
  • Il subpoena per Noesner
  • Manca solo un episodio al termine, il processo è ancora in corso e la pianificazione dell’attentato è stata a malapena accennata
  • Timothy McVeigh, autore del secondo attentato più grave nella storia degli Stati Uniti, ha avuto il minutaggio di una comparsa in questi episodi
  • Gary Noesner ai margini della narrazione
  • I flashback di David Koresh

Una puntata a malapena sufficiente, con un difetto alquanto frustrante, ma trascinata da un’interpretazione pazzesca di Giovanni Ribisi.

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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

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