“It’s just different now. There’s no more giant fucking smack refineries. But now we get to piggyback the legal stuff. The weed, the gaming, Big Pharma. […] I could go to Dwight. I can make a business arrangement. I can make things right. But not with Chickie out front. You fellas and your families never had no beef with Dwight. So let me move Chickie aside before the Invernizzi family’s decommissioned. Sold for fucking scraps.”
In una serie tv, il fine (storytelling) giustifica i mezzi (forzature narrative)? Paradossalmente, questa è la domanda a cui si deve rispondere per quanto riguarda Tulsa King, proprio nel momento in cui lo show sembra aver effettuato un salto di qualità ed essere diventato un qualcosa in più rispetto alla semplice collezione di aforismi di Sylvester Stallone.
Nel corso della seconda stagione sono stati infatti introdotti dei nuovi personaggi, come ad esempio Bevilacqua, il capo della mafia di Kansas City, o Cal Thresher, che non vede di buon occhio la presenza di Dwight Manfredi nella città di Tulsa. Inoltre, ha dato nuova linfa a personaggi che un tempo erano semplice contorno, come ad esempio Vince Antonacci. Mettendo questi personaggi l’uno contro l’altro, l’obiettivo è quello di arrivare a un finale di stagione finalmente pieno di colpi di scena, alleanze e tradimenti. Tuttavia, al fine di ottenere questo obiettivo, lo show ha adoperato delle forzature narrative – sia nella scorsa puntata che in questa – che non possono essere ignorate.
MADE MAN
“I remember when I was 17, my father asked what I wanted to be. Would I like to be a barber like him. I laughed in his face. I wanted to be a successful gangster. In retrospect, I ask myself if what I chose was worth 25 years of my life. The answer is no. Not 25 seconds.”
(Monologo iniziale di Dwight Manfredi, 1×01)
Tulsa King è uno show che presenta una vena comica in quasi tutte le situazioni e in quasi tutti i suoi personaggi. All’interno del cast, tuttavia, è presente un character la cui natura è fondamentalmente tragica. Stiamo parlando, come si può immaginare, di Tyson. L’autista di Dwight, infatti, è quello che ha la visione più idealizzata – e quindi lontana dalla realtà – del mondo del crimine organizzato. Quando si sono conosciuti, Tyson era un giovane che non aveva ancora trovato la propria strada nel mondo. A seguito dell’incontro con Dwight, il suo obiettivo è stato quello di diventare un gangster di alto livello. Ciò ha portato alle estreme conseguenze dello scorso episodio.
Ancor di più, con suo padre che lottava tra la vita e la morte, Tyson ha solo pensato a una vendetta in stile mafioso, con un omicidio di rappresaglia. Testardamente, il giovane ha proseguito con questa strategia nonostante l’aperto disprezzo di sua madre e le parole di Dwight e degli altri membri del clan Manfredi. Tyson è infatti l’unico a non essere un criminale fatto e finito. Per tutti gli altri non c’è redenzione, ma lui aveva ancora la possibilità di tornare a una vita normale. La sua scelta è stata differente, e ha con ogni probabilità causato una guerra tra Dwight e la mafia di Kansas City.
FORZATURE
L’obiettivo della stagione, sin dal momento in cui è stato introdotto il personaggio di Bevilacqua, è stato quello di scatenare una guerra tra le varie famiglie. In particolare, uno scontro tra Dwight e Kansas City coinvolgerebbe nel processo anche New York (che non vuole restare in disparte), così come Cal Thresher e la Triade (in quanto ci sarebbero delle ripercussioni sulla città di Tulsa e sui loro affari). Con il senno di poi, dunque, si può ipotizzare che l’intera vicenda di Tyson e di suo padre Mark sia stata strumentale in tal senso. Seguendo questa logica, di conseguenza, è anche possibile identificare molteplici forzature che hanno portato alla sparatoria nei pressi della tenuta dei Bevilacqua.
In primo luogo, la giornata padre-figlio era iniziata con la rottura del furgoncino. Casualmente, proprio nel giorno in cui Dwight era ad Atlanta e non aveva bisogno né di suo padre, né del suo autista. Dopodiché, dopo due stagioni in cui Mark aveva sempre rifiutato qualsiasi cosa provenisse dal clan criminale di cui faceva parte suo figlio, in quest’occasione l’uomo cambia idea e accetta commosso il regalo della Navigator. Infine, un ordigno volto a uccidere Dwight si rivela difettoso ed esplode proprio nel momento in cui Mark sta entrando in macchina. Una serie di eventi che richiede una sospensione dell’incredulità troppo elevata perfino per uno show come Tulsa King.
GUERRA
Come detto nei precedenti paragrafi, la probabile guerra tra Manfredi e Bevilacqua coinvolgerà sia il clan degli Invernizzi che il sodalizio criminale tra Cal Thresher e la Triade. Partendo con questi ultimi, il loro rapporto non è certo idilliaco, ed è chiaro che Jackie non ritiene Thresher all’altezza di gestire le varie attività criminali. Non a caso, non lo aveva informato della decisione di uccidere Dwight.
Similmente, anche a New York un boss rischia di perdere la sua posizione di leadership. Chickie Invernizzi non è mai stato un grande capo e non ha mai mostrato di essere all’altezza di suo padre. Nei momenti di difficoltà, dunque, Chickie sta mostrando le due caratteristiche tipiche del boss che non sa comandare: si arrabbia con gli altri per degli errori che commette lui ed è costantemente invidioso nei confronti dei suoi sottoposti.
Dato l’oramai inesorabile declino del clan Invernizzi, Vince ha deciso di prendere in mano la situazione. La sua strategia è senz’altro ambiziosa: proporre alle altre quattro famiglie mafiose di New York di commissariare il clan, estromettere Chickie e strappare un accordo con Dwight. Una volta fatto ciò, la sfida sarebbe ovviamente quella di far ri-guadagnare alla quinta famiglia l’indipendenza dalle restanti quattro, ma al momento l’interesse di Vince è esclusivamente orientato sullo sbarazzarsi di una figura che oramai ritiene sempre più inetta e ingombrante.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La guerra tra clan sembra oramai inevitabile. Pur con i suoi difetti, Tulsa King sta regalando una stagione più soddisfacente e di alto livello rispetto alla prima.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.