Il tempo non si ferma mentre qualcuno è assente. Questo concetto è da tempo alla base di numerosi prodotti televisivi e cinematografici. Si tratta di film (o di serie tv) basati sull’alienazione di una persona che – dopo anni in coma o in carcere – non riconosce più il mondo che la circonda. La società, del resto, è composta dall’aggregazione delle esperienze e dalle azioni degli individui che la compongono, e questa evolve di pari passo con gli individui stessi e viceversa. Chi è in coma, o in carcere, esce da questo meccanismo e al suo rientro si sente come un corpo estraneo all’interno di un contesto che non riconosce più come proprio.
Un concetto, questo dell’alienazione, che ha finora trovato ampie applicazioni ed è anche alla base di Tulsa King, nuovo show di Paramount Network i cui creatori sono Taylor Sheridan (Mayor of Kingstown, Yellowstone, 1883) e Terence Winter (The Sopranos, Boardwalk Empire, Vinyl). La prima stagione sarà composta da 10 episodi.
DWIGHT MANFREDI GOES TO WEST
Come si può evincere dal curriculum dei due creatori, dove c’è Terence Winter ci sono italoamericani (di solito dediti ad attività illecite), mentre dove c’è Taylor Sheridan ci sono gli Stati delle grandi praterie, dei ranch e dei deserti.
La logica combinazione di questi due settori di appartenenza è proprio Tulsa King, ossia la serie su un gangster italoamericano in Oklahoma (per la precisione, nella città di Tulsa). Il protagonista è Dwight Manfredi (interpretato da Sylvester Stallone, per il quale non c’è bisogno di presentazioni), un affiliato della cosca criminale degli Invernizzi che, dopo 25 anni in carcere, torna in libertà.
Come anticipato nell’introduzione, però, il mondo è cambiato negli ultimi 25 anni. Il vecchio boss, Pete Invernizzi, ha lasciato il comando a suo figlio Charles (Domenico Lombardozzi: The Wire, Irishman) e al suo braccio destro Vince Antonacci (Vincent Piazza, il Lucky Luciano di Boardwalk Empire). Per disfarsi di un rivale scomodo, i due spediscono Dwight nella città di Tulsa, con il compito di avviare le attività criminali della cosca.
SURREALISMO E ALIENAZIONE
Contrariamente a prodotti come Yellowstone e Boardwalk Empire, Tulsa King ha una nota di leggerezza e comicità che accompagna tutto il pilot. La chiara intenzione degli autori, infatti, è quella di sfruttare – seppur senza sfociare nell’esagerazione – la normale alienazione che un gangster 75enne di New York prova nel vivere in Oklahoma nel 2022, dopo 25 anni di carcere. I riferimenti agli smartphone e alle App non sono nulla di nuovo ma, se dosate con moderazione, svolgono il loro compito.
In questo paragrafo, il titolo parla anche di surrealismo, oltre che di alienazione. Il surrealismo si riferisce alla trama vera e propria. Appena arrivato a Tulsa, Dwight cerca subito di instaurare il regime della protezione mafiosa nei confronti delle attività commerciali. In particolare, si concentra su un negozio di cannabis il cui proprietario (Martin Starr: Silicon Valley) accetta di consegnargli il 20% del fatturato settimanale. L’elemento surreale della vicenda è rappresentato da due fattori: in primis, i modi da gangster di Dwight sono evidentemente fuori dal tempo, in quanto appartengono ad un’epoca passata che non esiste più (a mafia italoamericana non è più quella di Frank Costello, per intendersi); il secondo fattore è rappresentato dal fatto che Dwight offre protezione contro una minaccia che non c’è, dato che a Tulsa non esistono gang o organizzazioni criminali.
FUTURIBILITÀ
La conclusione del paragrafo precedente rappresenta anche il più grande dubbio in relazione a Tulsa King: la futuribilità. Il concept iniziale è sicuramente ben strutturato, ma rischia di perdere ben presto l’effetto positivo del debutto. Una volta che Dwight avrà compreso il mondo del 2022 e si sarà ambientato a Tulsa, cosa resterà? Di certo ci sarà un approfondimento delle dinamiche interne alla cosca, così come l’indagine dell’ATF occuperà un ruolo centrale. Tuttavia, al momento la sensazione è che non sia chiaramente presente un elemento in grado di conferire longevità allo show. Essendo fermi al pilot, il giudizio non può che rimanere sospeso, con la speranza di essere confutato nel corso della stagione.
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L’inizio è sicuramente promettente ma il futuro rimane incerto. Per il momento, si preferisce andare sul sicuro attestandosi su una sufficienza abbondante.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.