Un’ora e mezza. Tanto dura “Amor Fati”, ultimo episodio di questa faticosissima terza stagione di The White Lotus, nonché season finale perchè si, la serie è già stata rinnovata in anticipo a gennaio per una quarta annata.
Ma a differenza della durata, l’impatto è ben più modesto e non certo per mancanza di ambizioni quanto più per un mix dato da una mancanza di trame, un minutaggio eccessivo e, fondamentalmente, un mix di character non all’altezza. Il problema è che questa terza stagione parte zoppicando (“Special Treatments“), inciampa spesso (“The Meaning Of Dreams“, “Full-Moon Party“), e alla fine si schianta qui nel tentativo di mettere ordine a trame che fondamentalmente non hanno mai interessato il pubblico (coff coff, le tre amiche, coff coff). Il tutto accumulando un minutaggio di 8 ore e 37 minuti.
Il risultato della stagione è riassumibile in quello di questo episodio: troppo lungo, troppo stiracchiato, troppo blando e soprattutto interessato a chiudere lasciando il grosso delle conseguenze da gestire… off-screen. Comodo, no?
MIKE IL WORLD-BUILDER
Mike White dice di essere un “world-builder”, termine che ha un certo valore specialmente se si considera la superficialità di certi prodotti nelle varie piattaforme. I suoi personaggi partono sempre con un bagaglio e ne tornano a casa con un altro (se tornano a casa…). La costruzione del mondo, dei rituali, delle dinamiche di potere e tensione sociale, è sempre uno dei punti forti di White. Ma se poi la narrazione decide di non tirare le fila di nulla, la frustrazione è dietro l’angolo. E in “Amor Fati” c’è parecchia frustrazione.
Il titolo dell’episodio è “Amor Fati”, cioè “amore del destino”, e ironicamente sembra essere più un invito allo spettatore di “accettare il destino per quello che è senza aspettarsi niente di più”.
Ma se uno ci tiene alla coerenza narrativa, alla scrittura coraggiosa e alla capacità di chiudere i cerchi, allora è lecito restare delusi e stanchi del lavoro fatto dal “world-builder”. Perchè i buchi di sceneggiatura sono vari e il finale è oggettivamente insoddisfacente.
IL CONTO GRAZIE
La tanto annunciata sparatoria arriva, e con lei l’inevitabile valutazione del murder mistery creato fin qui. E questa è anche l’occasione di tirare le somme delle varie storyline:
- Rick e Chelsea ci lasciano le penne in quella che è oggettivamente una morte evitabilissima e scritta in modo frettoloso per giustificare un dramma che avrebbe potuto essere. Soprattutto Rick, che viene liquidato senza pietà né vera funzione drammatica, rendendo
quasiinutili i suoi progressi nella parentesi di Bangkok e la tardiva rivelazione (molto prevedibile) che Jim Hollinger fosse in realtà suo padre. Il tutto senza poi considerare il gigantesco buco di trama frutto di un ragionamento insensato, visto che Rick, dopo aver minacciato di morte Jim, ritorna come se niente fosse nell’hotel di quest’ultimo, cosa che ha estremamente senso se stai cercando di essere scoperto. Il risultato è una gigantesca occasione buttata, come tante altre in questa stagione. - Belinda, invece, si reinventa: da personaggio di sfondo impaurito a figura intraprendente capace di negoziare con Greg una parte dell’eredità di Tanya McQuoid in cambio del silenzio. Un twist interessante, che però meritava più verve, più tensione, forse anche più cinismo. Oppure – e diciamolo – la sua morte. Sarebbe stato il tipo di gesto narrativo che The White Lotus sapeva gestire nelle stagioni precedenti. Qui no.
- E le tre amiche? Tornano ad essere amiche. Di nuovo, come se niente fosse e come se davvero questa storyline avesse avuto una qualche utilità all’interno della stagione. Ma no: è stata sempre superflua e continua a esserlo fino all’ultima scena. Così come Michelle Monaghan.
- I veri protagonisti della stagione sono però i Ratliff che però sono anch’essi vittima di una sceneggiatura non all’altezza:
- Timothy, dopo aver finito tutte le pasticche, acquista finalmente consapevolezza di dover affrontare le conseguenze della frode fiscale e, con esse, la dissoluzione imminente della sua famiglia;
- Piper abbandona la prospettiva della vita religiosa perchè troppo viziata dalla vita agiata fatta finora;
- Saxon diventa – paradossalmente – il più adulto del gruppo, iniziando un percorso di maturazione e (mini)illuminazione.
- Peccato solo che Lochlan, l’unico a dover morire per chiudere con coerenza la spirale karmica del padre, venga salvato all’ultimo minuto, riprendendosi dopo una scena pseudo-mistica nell’acqua che, oggettivamente, poteva anche essere evitata. La non-morte di Lochlan è una scelta che manca totalmente di coraggio narrativo visto che avrebbe aggiunto sia drammaticità al finale che senso a tutta la spirale di follia omicida del padre. Invece Mike “World-Builder” White si tira indietro e il risultato è discutibile.
WORLD BUILDER MA CON BUCHI DI TRAMA
Ed è proprio quell’ultima scena a lasciare l’amaro in bocca: tutti i sopravvissuti lasciano l’isola in barca, allegri, rilassati, pacificati. Come se non ci fosse appena stata una sparatoria nel resort. Come se la polizia non fosse mai arrivata. Come se l’intera struttura narrativa costruita per sei episodi si dissolvesse in un montaggio musicale con i personaggi che guardano l’orizzonte e respirano aria salmastra. È un buco di trama gigantesco, quasi offensivo. Ma anche perfettamente coerente con la stagione che abbiamo visto: The White Lotus è un grande contenitore che promette profondità e restituisce superficie.
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Una stagione lunga, inutilmente verbosa, e un episodio finale che si dilunga su tutto tranne che sulle cose importanti. Questa terza stagione di The White Lotus si conclude nel peggiore dei modi non portando alcun tipo di soddisfazione allo spettatore che è rimasto fedele per 8 ore e mezza. E ora nascono ovviamente molti dilemmi sulla quarta stagione.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.