A due episodi dal finale di stagione, I Leoni Di Sicilia ritorna a mettere al centro della sua narrazione il contesto storico della Sicilia dell’800.
Dopo le prime due puntate che avevano regalato una buona introduzione, gestendo al meglio sia il contesto storico e narrativo che i personaggi, la storia aveva infatti preso una piega meno stimolante. A disarmare lo spettatore da questo punto di vista è stata soprattutto l’introduzione della storia d’amore tra Vincenzo Florio (Michele Riondino) e Giulia Portalupi (Miriam Leone). Un’aggiunta sentimentale indispensabile ai fini della trama che, tuttavia, ha minato la storia in sé.
RIECCO LA STORIA
Come detto, in “Episodio 6” si ritorna a mettere al centro il contesto storico dell’epoca. In uno degli episodi più corti di tutta la stagione (39 minuti), si viene catapultati in una Palermo in piena rivoluzione, con il moto popolare del gennaio 1848 a rubare la scena.
Dal punto di vista storico, quindi, c’è poco da imputare alla serie. Nell’episodio vengono ben presentati i disordini avvenuti a Palermo, con tanto di introduzione del rivoluzionario Giuseppe La Masa. Il ritratto della rivoluzione arriva fino al 1849 quando Palermo fu riconquistata dai Borboni.
“Episodio 6” diventa così teatro storico che cerca di viaggiare parallelamente agli affari dei Florio, con il personaggio di Vincenzo che si ritrova immischiato, suo malgrado, anche dal punto di vista politico. Oltre il suo coinvolgimento con i rivoluzionari non mancano i riferimenti ai possedimenti sempre in espansione dei Florio: dalla fonderia di carbone, al battesimo della prima nave siciliana, la Palermo. Questi elementi, indispensabili per proseguire il racconto dei Florio, risultano però in secondo piano rispetto a tutto il resto. Laddove i primi episodi funzionavano proprio per l’attenzione posta sulla scalata di questa famiglia nel mondo degli affari, la progressiva diminuzione di questi elementi è andata di pari passo con la perdita di interesse per il racconto.
GIUSEPPINA VS GIULIA
Come sottolineato ad inizio recensione, a dimezzare l’interesse verso questi ultimi episodi de I Leoni Di Sicilia è stata anche l’introduzione della figura di Giulia Portalupi. L’inserimento della trama romantica a livello narrativo risulta organico, eppure il risultato non è stato all’altezza delle aspettative.
Al di là di qualche licenza poetica di troppo (nel libro Vincenzo sposa Giulia solo dopo la nascita del figlio maschio mentre qui avviene prima), a stonare è soprattutto la rappresentazione di Giulia.
Ancora una volta, la figura femminile viene meno della sua reale complessità a favore di una riproduzione fatta con lo stampino. Giulia Portalupi viene infatti presentata come la tipica donna intelligente e intraprendente, sempre pronta ad inserirsi negli affari del marito con i propri ideali e che, con poche parole ben assestate, riesce a trovare soluzioni illuminanti. Una rappresentazione decisamente superficiale.
Pur tenendo presente il contesto storico della Sicilia dell’800, in cui il personaggio di Giulia non poteva di certo essere espresso in maniera più liberale, il risultato finale lascia contrariati. I Leoni Di Sicilia, infatti, ha già mostrato di saper gestire le figure femminili in ben altri modi con il personaggio di Giuseppina, una donna che sin dai primi episodi ha vantato una caratterizzazione molto più sfaccettata e autentica di quella riservata ora a Giulia.
Un passo falso nella sceneggiatura che sta rappresentando un vero e proprio svantaggio per la riuscita della storia.
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Un episodio che si salva solo grazie alla parentesi storica. Il resto, purtroppo, è un racconto che si sta perdendo tra frasi fatte e situazioni senza mordente.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.