Assistere a questa prima stagione de I Leoni Di Sicilia è stato un po’ come essere spettatori passivi di Vita Di Gesù di Ferrettiana memoria.
C’è infatti alla base la trasposizione di un libro di successo (ovviamente con i dovuti paragoni fra la Bibbia e la saga di Stefania Auci) ambientato in un contesto storico interessante e, peraltro, molto attuale. C’è un buon cast, sia tecnico che artistico, e una piattaforma streaming di un certo livello (Disney+) che dimostra di voler investire sempre più anche in ambito italiano.
Eppure, nonostante tutte queste buone intenzioni, il risultato finale risulta comunque raffazzonato, come se mancasse sempre qualcosa per portare la serie al pari di altri show internazionali simili. Ed è un peso enorme da portare sulle proprie spalle considerando sia le aspettative sia la potenzialità intrinsica nella storia dei Florio.
LA SAGA DEI FLORIO (MASCHI)
Non che il materiale presentato non sia abbastanza interessante. Anzi, c’erano tutti i presupposti per una grande saga familiare basata su una delle più importanti famiglie industriali del primo ‘900.
E in un certo senso tutto questo c’è stato. Peccato però che sia stato tradotto in un melò abbastanza approssimativo dove tutte le vicende familiari sono state riassunte in una soap-opera storica incentrata sulle traversie sentimentali dei vari personaggi. Neanche tutti a dire il vero perché, se si osserva questa puntata finale, i veri due co-protagonisti della vicenda risultano i soli Vincenzo Florio (Michele Riondino) e suo figlio Ignazio (Eduardo Scarpetta).
Entrambi i character, infatti, sono protagonisti di un percorso di formazione in cui sono messi costantemente alla prova fra desideri personali e “doveri” imposti sia dalla società sia dagli affari di famiglia.
Da questo punto di vista, interessante che il cambiamento “in positivo” avvenga attraverso Vincenzo, mentre il figlio Ignazio si rivela ben più opportunista del padre, rinunciando al vero amore per un matrimonio di convenienza.
Unico elemento, questo, che risulta il più interessante di tutta la storia. Per il resto la trama si rivela abbastanza scontata e banale, oltre a togliere quasi tutto lo spazio alle figure femminili che appaiono quasi sullo sfondo, o comunque poco utili ai fini della storia.
MINUTAGGIO DA RIVEDERE?
Ma il vero difetto dello show è che si passa in poche sequenze da un piano temporale all’altro e da una situazione drammatica all’altra, il tutto in pochi secondi e con dei plot twist che appaiono quasi sempre fin troppo telefonati.
In una decina di minuti, dunque, si va dalla “minaccia” dell’invasione garibaldina in Sicilia all’avvenuta creazione del regno d’Italia, il tutto con la nascita della prima banca siciliana (quindi già nel post-unità d’Italia) a cura dei Florio e di un giovane Francesco Crispi.
Una parentesi storica in cui sarebbe stato più che interessante vedere gli effetti sulla popolazione siciliana, sia per quanto riguarda la nobiltà borbonica, sia per quanto riguarda le fasce più povere. Invece il tutto viene liquidato in poche battute, pronunciate quasi di sfuggita dai personaggi. Oltretutto, in entrambe le situazioni i Florio sono più che protagonisti, in particolare Vincenzo che, da abile “gattopardo” dell’epoca, fa il doppio-gioco e passa facilmente dal supportare con le sue navi la flotta borbonica all’offrire armi e cannoni ai garibaldini.
Una sequenza che sarebbe stato bello approfondire. Peccato, però, che l’attenzione si sposto presto sulle vicende sentimentali, di cui peraltro i principali dilemmi morali sono presto risolti grazie all’abile plot twist della morte della matriarca Giuseppina, arrivata, guarda caso, al momento giusto nel pieno del climax emotivo principale.
CONCLUSIONI
Tali stratagemmi potrebbero far sembrare che la serie in sé sia stata ben studiata e scritta nei minimi particolari. E in un certo senso lo è, solo che si concentra principalmente nel far esplodere i sentimenti in un climax emotivo che si smorza in chiusura, con un’insperata “redenzione finale” (molto manzoniana) di Vincenzo, per suggellare una conclusione che vuole essere comunque positiva agli occhi dello spettatore.
I Leoni Di Sicilia si conferma dunque un immenso melò storico con tutti i cliché che accompagnano le produzioni di questo tipo. Un prodotto adatto per gli appassionati del genere e della fiction italiana in generale (a cui immancabilmente si rifà), che risultano però una nicchia rispetto al target di Disney+.
Per questo forse il difetto principale dello show è proprio quello di non avere un pubblico di riferimento specifico, ma di voler accontentare un po’ tutti mettendo troppe cose insieme e malamente. Per di più confezionando un finale fin troppo sdolcinato che chiude, in maniera affrettata, tutta la vicenda.
Non si sa se siano previste altre stagioni della serie ma, arrivati a questo punto, è difficile immaginarsi una seconda stagione, a meno di non concentrarsi su un’altra generazione di Florio che richiederebbe quindi un nuovo cast (e si spera anche un nuovo approccio alla storia e alle sue vicende).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La prima (e forse unica) stagione della saga dei Florio si conclude un po’ troppo “a tarallucci e vino” (o, per meglio dire, “a cannoli e Marsala”) dopo una trama fin troppo ripetitiva e lineare con alcuni plot twist che non hanno emozionato come avrebbero potuto. Che dire? Ci si aspettava di più viste le potenzialità e il soggetto a disposizione.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!