Il primo di novembre Disney plus ha rilasciato sulla piattaforma streaming gli ultimi quattro episodi della serie italiana più attesa dell’anno. Un’attesa che, però, non sembra essere stata ripagata al meglio.
Dopo un primo episodio di altissimo livello, la serie sembra scivolare sempre più giù, avvicinandosi più ai canoni di una soap opera che di un prodotto seriale degli anni 20 del nuovo millennio.
Nello specifico, la storia, narrata in maniera molto differente rispetto al libro, è intrisa di cliché narrativi che, oltre a essere riproposti fino a risultare ridondanti, rendono il racconto del tutto svincolato dalla narrazione storica. Si proceda per punti.
L’OTTOCENTO DELLA DISNEY
La prima forte discrepanza che salta all’occhio del telespettatore è il contesto storico in cui si sviluppa la serie. Tra le pagine del romanzo della Auci, scoviamo una cornice storica molto ben dettagliata: ogni capitolo si apre con un quadro che aiuta a intrecciare le vicende dei Florio nel clima ottocentesco che respirava l’Italia pre-unità.
L’attività storiografica non può essere certo la priorità di una serie televisiva che propone la narrazione romanzata di personaggi e storie, non si chiede di certo questo. Tuttavia un piccolo spiraglio di luce sull’Italia dell’800 e una più coerente aderenza alla realtà avrebbero davvero fatto la differenza in una serie del calibro de I Leoni di Sicilia.
Per fare un esempio, Downton Abbey è il racconto della famiglia Crawley, che pure non risparmia narrazioni sentimentali, ma lo fa all’interno di una credibilità storica che stimola la curiosità dello spettatore, regalando più di un punto di vista da cui guardare il novecento inglese.
L’Italia in cui si muove Vincenzo Florio è un’Italia pre-unità: la popolazione vive in un clima di agitazioni sociali, sotto un regno borbonico che si sta sgretolando, all’alba dei moti del ’48. L’unica scena dell’episodio dedicata alla tensione delle masse sembra più orientata a far emergere il carisma e la posizione di Florio, quando questo dovrebbe costituirne semmai una conseguenza.
Senza contare il fatto che Florio è uno dei protagonisti di quella prima rivoluzione industriale che, arrivata con notevole ritardo in Italia, non aveva ancora nemmeno lontanamente toccato il meridione. Vincenzo, sulla spinta dello zio Ignazio, visita l’Inghilterra, ne apprende i costumi e le innovazioni, portando in terra natia idee rivoluzionarie per la piccola Sicilia ottocentesca. Si tratta di sfumature che possono sembrare sciocchezze, ma sono in realtà indispensabili, anche e soprattutto al fine di capire lo sviluppo della storia e dei suoi protagonisti. Molto di più, insomma, di una cena fatta di pettegolezzi e tonno in scatola.
LA TELENOVELA DI VINCENZO E GIULIA
L’aspetto sicuramente più deludente del quinto episodio è la svolta, ormai incontrollata, che ha preso la storia tra Vincenzo e Giulia. L’episodio sancisce definitivamente la piega che vuol prendere la serie, mettendo al primo posto la narrazione rosa, romanzata e piena di cliché, sacrificando credibilità, realtà e racconto storico. Per dirne una, Vincenzo non decide di sposare Giulia sull’onda dei sentimenti, ma soltanto quando questa partorirà il primo figlio maschio, il terzo della cucciolata. Anche qui, sfumature che possono sembrare banali, ma che aiutano ad un’analisi della storia e dei suoi personaggi, personaggi fatti di luci e ombre e non solo di buoni sentimenti e nobiltà d’animo.
Rafforzano tale considerazione i dialoghi, che non aiutano affatto, tutt’altro. Battute banali e luoghi comuni triti e ritriti. Non si vuole nemmeno commentare l’introduzione del personaggio di Claudia Pandolfi, quale paladina di Giulia; un goffo tentativo di critica nei confronti alla società del tempo, con le temibili armi della battuta facilona (facilona: né arguta, né tagliente) e dello stereotipo.
UN’OCCASIONE SPRECATA
In conclusione il quinto episodio sancisce definitivamente quello che si percepiva nell’aria già da un po’. La serie rappresenta la più grande occasione persa per la produzione seriale italiana che, con un colosso come Disney plus, avrebbe davvero potuto fare la differenza, al netto del fatto che la qualità di scenografia, costumi e ambientazioni non si può discutere.
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Un quinto episodio che mette lo spettatore di fronte alla cruda realtà: questa grande produzione disneyana ha ormai fatto propri tutti i caratteri della soap opera.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.