Litvinenko 1×04 – Episode 4TEMPO DI LETTURA 3 min

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Litvinenko 1x04 recensioneNella recensione di “Episode 2” si constatava un deciso accantonamento di Marina Litvinenko e di suo figlio Anatoly per poi pronosticare un futuro focus in uno degli ultimi due episodi: pronostico azzeccato.
Ripetendo un modus operandi ormai piuttosto chiaro, George Kay (Lupin, Criminal) cambia ulteriormente focus spostando tutte le attenzioni sulla vedova dell’ex agente del KGB e FSB, il tutto lavorando di fino su un enorme arco temporale (poco meno di una decina d’anni) che si dipana dalla scoperta della pistola fumante teiera radioattiva fino al 2016. Il tutto condito da alcune informazioni che aggiornano lo spettatore fino al 2021.
E la scelta di chiudere la miniserie spostando l’attenzione su Marina, interpretata da una Margarita Levieva probabilmente alla sua miglior performance, permette allo spettatore di avere una chiusura a tutto tondo su una storia che è ancora piuttosto vivida e probabilmente non ancora terminata.

Putin on Litvinenko. An insignificant target who the FSB would not have bothered murdering.

LA NECESSITÀ DEI TIME SKIP


Come si diceva a proposito del secondo episodio, non era così scontato che una miniserie sull’avvelenamento di Litvinenko avesse Alexander Valterovich “Sasha” Litvinenko in scena solamente per una puntata, anzi. Eppure George Kay non la pensava allo stesso modo e quindi invece che focalizzarsi sui 23 giorni che sono stati necessari al polonio-210 per fare effetto, la scelta è stata quella di affrontare anche soprattutto le conseguenze dell’avvelenamento.
Da questo punto di vista, e anche considerando gli eventi reali, era quindi necessario accelerare la trama e concedere a Marina e Ben Emmerson tutto lo spazio necessario per condensare in maniera veloce ma efficace tutto il loro lavoro. Kay è riuscito in un’impresa difficile (quella di riassumere più di un lustro) senza risultare superficiale nel farlo e mantenendo una certa coesione tra i vari character che si sono alternati sotto i riflettori e che qui arrivano alla conclusione di un percorso che ha portato alla luce diversi giochi politici e molte limitazioni. Il tutto senza far sentire la mancanza di David Tennant, faro della campagna marketing della miniserie.

Dear Mr. Putin,
my name is Marina Litvinenko.
I believe you to be responsible for the murder of my husband. I have shared this belief with the British media. And I have asked my Prime Minister to authorise a public inquiry so that you may be held to account.
In the words of my husband, may God forgive you.

RICORDATEVI QUESTO NOME: MARGARITA LEVIEVA


Menzione d’onore va all’attrice che interpreta Marina Litvinenko, praticamente irriconoscibile se si pensa al suo passato nei panni di Abby Parker in The Deuce o di Gina Zanetakos in The Blacklist. Margartia Levieva, quatta quatta, è rimasta in disparte per gran parte della miniserie salvo poi emergere con tutta la sua bravura in questo episodio. Specialmente nell’evoluzione dimostrata negli anni.
Una bravura che sembra destinata a diventare sempre più di dominio pubblico vista la sua presenza nella nuova serie di Star Wars The Acolyte e in quella del MCU Daredevil: Born Again che stanno venendo girate in queste settimane. È solo questione di tempo.
Nel ruolo di Marina Litvinenko si riesce a percepire un cambiamento della donna che è passata dall’essere una moglie che “always believe Sasha“, come asserito nella series premiere, ad accusare Putin in diretta nazionale senza nascondersi di fronte a possibili intimidazioni. A cambiare non è stata solo la pettinatura (tra l’altro è l’unico character che subisce una modifica per evidenziare il passaggio degli anni) ma anche il carisma e l’autorità di una donna che tuttora non ha smesso di lottare.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Ottima interpretazione di Margarita Levieva
  • La durata di solo 45 minuti continua a rappresentare un valore aggiunto della miniserie che non si perde con tempi morti
  • Rapida successione di time skip
  • L’impatto politico e della politica
  • Unica pecca: mentre Marina invecchia, tutti gli altri character rimangono identici a distanza di un decennio

 

Quest’ultima puntata chiude in maniera perfetta una miniserie che, in maniera piuttosto oggettiva, è riuscita a far luce su una storia (anche dimenticata da molti) in cui il protagonista non è presente. La bravura e l’audacia di George Kay nel gestire il parco di character a disposizione si sono rivelate vincenti. Il tutto nella speranza che un giorno giustizia sarà fatta.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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