Aleksandr Litvinenko era un uomo coraggioso. È stato coraggioso, in primo luogo, il 17 novembre 1998. In quella data, lui e altri 4 ufficiali dell’FSB denunciarono di aver ricevuto l’ordine di uccidere l’oligarca Boris Berezovsky.
Stando alle loro parole, l’ordine fu pronunciato da Eugeny Hoholkhov – capo del Direttorato dell’FSB stesso. Quella vicenda pose fine alla sua carriera nell’FSB e lo spinse a cercare asilo nel Regno Unito. Successivamente, è stato sicuramente coraggioso nelle giornate dal 1 al 23 novembre 2006.Nei 23 giorni trascorsi tra l’avvelenamento e la morte, Litvinenko ha fatto di tutto per attirare l’attenzione del mondo sulla sua vicenda e, quindi, per usare la sua storia come testimonianza contro i crimini del regime di Vladimir Putin (che il 17 novembre 1998 era direttore proprio dell’FSB).
Dopo la sua morte, il coraggio di Aleksandr è stato preso in consegna dalla moglie Marina che ha proseguito la battaglia del marito contro il regime russo, in cerca di verità e giustizia. Di conseguenza, non c’è da sorprendersi che anche lo show che narra la sua vicenda abbia mostrato coraggio.
In questo caso, il coraggio è mostrato dalla scelta di rinunciare dopo una sola puntata al suo protagonista e, insieme a lui, anche all’attore più famoso del cast e alla parte più televisiva e umanamente straziante della vicenda, ossia le testimonianze di Aleksandr sul letto di ospedale. Il confine tra coraggio ed errore spesso è sottile, ma di certo va riconosciuto ad ITV la volontà di mostrare allo spettatore aspetti meno noti della vicenda. Concentrarsi sugli ultimi giorni di Aleksandr sarebbe stato più facile, su questo non c’è dubbio. Aver rinunciato alla scelta più facile è un gesto – come detto prima – di coraggio, e in quanto tale va apprezzato.
INDAGINE PER OMICIDIO
Come accennato in precedenza, Litvinenko non può essere considerata – come si pensava invece prima della visione del pilot – una miniserie con protagonista David Tennant. L’attore scozzese, infatti, ha interpretato magistralmente Aleksandr Litvinenko nella prima puntata, ma non comparirà – se non in brevi flashback – nei successivi tre episodi. I protagonisti, dunque, saranno sua moglie Marina e i detective Clive Timmons e Brent Hyatt. In questo episodio, in particolare, il focus è soprattutto sull’indagine per omicidio. I detective, infatti, devono capire chi abbia avvelenato Aleksandr: l’analista politico Mario Scaramella o i due ex agenti del KGB, Andrey Lugovoy e Dmitry Kovtun?
Le indagini proseguono velocemente e sono efficacemente accompagnati dalle operazioni atte a individuare la presenza di polonio nei luoghi in cui i sospettati si sono recati prima e dopo l’avvelenamento di Litvinenko. Anche in questo caso, si avverte una scelta non banale da parte dello showrunner George Kay: già al termine di questo episodio, infatti, la componente investigativa si è sostanzialmente esaurita. I colpevoli sono stati individuati: Scaramella è stato scagionato, Logovoy e Kovtun hanno avvelenato Aleksandr versando del polonio nel tè che gli hanno offerto il 1° novembre nella stanza d’albergo nella quale soggiornavano.
MOSCOW-ON-THAMES
La prima puntata, dunque, ha mostrato l’avvelenamento e la morte di Litvinenko. La seconda puntata, invece, ha mostrato tutta l’indagine che ha portato Scotland Yard a individuare Logovoy e Kovtun come colpevoli. A questo punto, ci si potrebbe chiedere perché lo show abbia avuto tutta questa fretta? L’evidente intento del creatore della serie George Kay è quello di approfondire le dinamiche successive ai fatti noti al grande pubblico. Litvinenko è morto dopo 23 giorni di calvario, i colpevoli sono individuati. Ma oggi, 19 dicembre 2022, Andrey Lugovoy è il Vice-Presidente della Duma, il Parlamento Russo e non ha passato un giorno in carcere. Questo è un fatto molto meno noto e, per questo, lo show ha l’ambizione di far capire come mai piena giustizia non sia stata fatta.
Sin dal collasso dell’Unione Sovietica, una miriade di cittadini russi si è trasferita nella città di Londra. Tra di loro figuravano molti oligarchi, alcuni dei quali (o molti dei quali, probabilmente) legati al nuovo regime post-sovietico guidato da Putin, dopo l’intermezzo di El’cin. La forte influenza di questi oligarchi nella politica e nella finanza londinese hanno portato giornalisti e analisti a parlare di Londongrado o di Moscow-on-Thames per descrivere la capitale britannica.
E fu proprio quel legame, oscuro e intricato, a condizionare l’atteggiamento inizialmente prudente delle autorità britanniche che erano reticenti a chiedere l’estradizione degli assassini. In generale, la serie – con un richiamo all’attualità – sembra richiamare alle conseguenze dell’indulgenza nei confronti di un regime autoritario come quello russo.
LA FAMIGLIA LITVINENKO
Un ruolo più marginale, in questa puntata, è stato riservato alle vicende della famiglia Litvinenko, ossia di Marina e di suo figlio Anatoly. La sensazione, però, è che la situazione possa cambiare nelle prossime due puntate. Questo episodio, infatti, si chiude proprio con la rivelazione di Berezovsky a Marina: l’assassino di suo marito è Andrey Lugovoy. Quello che non era noto al pubblico, però, è che Lugovoy fosse un amico di Marina.
Ciò apre nuove prospettive e permetterà di approfondire il dramma umano della famiglia di Aleksandr. Un dolore che, per Marina e Anatoly, non è mai terminato. Intervistata da Antonello Guerrera (La Repubblica) nel corso dell’anteprima della serie, Marina ha riassunto la vicenda con queste parole:
“Io ho avuto l’orrore di fronte da sola, 16 anni fa. Ora lo abbiamo tutti davanti agli occhi. Perciò dovete guardare questa serie, come è stato ammazzato mio marito e capire che la sua storia oggi è la storia di tutti noi”.
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Un episodio orfano del suo protagonista e meno potente del pilot. Tuttavia, un episodio assolutamente riuscito.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.