Litvinenko 1×01 – Episode 1TEMPO DI LETTURA 3 min

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Litvinenko 1x01 recensioneAleksandr Val’terovič Litvinenko, chiamato affettuosamente Sasha, è stato un agente del KGB e del FSB, assassinato per volere di Vladimir Putin con del polonio-210.
Era il 23 novembre 2006.
Il suo calvario comincia il 1° novembre dello stesso anno, quando Litvinenko ha svariati incontri nell’arco della giornata: un pranzo presso il ristorante Itsu con Mario Scaramella, consulente della Commissione Mitrokhin ed un tè al Millenium Hotel con Andrei Lugovoi e Dimitri Kovtun, due ex spie russe.
Il motivo di questo omicidio? Semplice. Litvinenko era diventato un dissidente, un nemico della Russia in quanto si era ribellato al regime e aveva pubblicato diversi articoli sovversivi per raccontare la verità dietro alla grande madre Russia.
Da quel maledetto 1 novembre inizia Litvinenko, la nuova miniserie in 4 puntate in onda sul network britannico ITV e sulla piattaforma ITVX.
Prodotta da Patrick Spence, Joe Williams e Chris May, la serie è diretta da Jim Field Smith e vede il poliedrico David Tennant (Doctor Who, Broadchurch, Good Omens, Inside Man) nei panni di Sasha.

UN DAVID TENNANT DA EMMY


Sebbene sia solo il primo episodio, la potenza recitativa di David Tennant colpisce lo spettatore già dai primi minuti. Lo stacco tra il Sasha a cena con la sua adorata famiglia, felice per la cittadinanza britannica, ed il Litvinenko calvo, emaciato e avvolto da una coperta è terribile ed intenso allo stesso tempo.
Litvinenko è sicuro della sua morte e del mandante del suo omicidio ed ha solo pochi giorni per raccontare al mondo la sua verità, la sua versione dei fatti.
Ad accogliere la testimonianza di Sasha vengono chiamati due detective dell’antiterrorismo inglese: Brent Hyatt, interpretato da Mark Bonnar e Jim Dawson, impersonato da Barry Sloane (Revenge).
I due detective, sebbene all’inizio un po’ diffidenti, si lasciano coinvolgere dal racconto di Litvinenko che ricostruisce tutti i suoi movimenti del 1 novembre 2006, giorno in cui è stato avvelenato.
Sasha viene descritto, giustamente, come una vittima che riesce a mantenere, anche nel dolore più estremo, tutta la sua fierezza e dignità. Un uomo che, nonostante l’assurdità dell’incubo, è grato di poter morire da uomo libero.

LA RICERCA DELLA VERITÀ


I quattro episodi che compongono la miniserie si focalizzano, oltre che sulle figure di Sasha e della moglie Marina, anche sul grandissimo sforzo dell’indagine durata dieci anni.
Londra, la Gran Bretagna e tutta l’Europa occidentale vengono scosse dalla brutalità e premeditazione di questo omicidio. L’immagine di Litvinenko sul letto d’ospedale fa il giro del mondo e diventa simbolo di chi non si arrende e non piega la testa, nemmeno di fronte alla morte.
In un clima come quello odierno, post attacco russo all’Ucraina, una serie come questa sembra calzare alla perfezione, anche se George Kay – sceneggiatore della miniserie – non scade mai nell’anti-putinismo spicciolo.
Quello di Litvinenko è, infatti, il racconto dell’inferno vissuto da Sasha e la sua famiglia e di come un certo tipo di regime non accetti critiche, proteste e verità scomode. Un regime che è pronto a tutto pur di mettere a tacere i più coraggiosi.

RABBIA E TRISTEZZA


Litvinenko ha la capacità di trascinare lo spettatore dentro l’incubo di Sasha, ma lo fa con delicatezza e rispetto nei confronti dei veri protagonisti della vicenda.
La narrazione è drammatica, commovente, ma non stucchevole ed il fine ultimo della serie non è sicuramente quello di cercare la lacrima facile.
Regia e fotografia confezionano una puntata angosciante che ricorda, per certi versi, le sensazioni provate durante la visione di Chernobyl. Anche in quel caso si trattava di una storia di insabbiamento e di ricerca del colpevole.
Da un lato, dunque, c’è la complessa indagine portata avanti da Scotland Yard per rendere giustizia ad un cittadino britannico, dall’altra c’è la vicenda personale di Sasha e della moglie, costretti a separarsi prima del tempo, ma combattenti, insieme, fino alla fine.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Interpretazione maestosa di David Tennant
  • Carico emotivo della storia
  • Comparto tecnico
  • Una storia ancora attuale, purtroppo
  • Nulla da segnalare

 

La prima puntata della nuova miniserie sull’assassinio di Alekandr Litvinenko è un inno al coraggio e alla dignità. Un uomo che anche in punto di morte non si vuole arrendere al suo giustiziere e si fa bandiera di speranza e verità.

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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