Tulsa King 1×05 – Token JoeTEMPO DI LETTURA 6 min

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Tulsa King 1x05 Recensione

Nella recensione del pilot, la principale criticità emersa dalla visione dell’episodio – comunque ampiamente sufficiente – era stata descritta con queste parole: “Il rischio è che, finito l’effetto iniziale, lo show dovrà reggersi solo su Stallone e sul suo personaggio”. In altre parole, quello che non convinceva era la prospettiva a lungo termine dello show. Del resto, come i lettori ricorderanno, Dwight inizia la sua attività a Tulsa chiedendo il pizzo a Bodhi per proteggerlo da una minaccia criminale che non esiste (o meglio, che ai tempi non esisteva).
Pur avendo assoluta fiducia nella capacità narrativa di Sheridan e nel talento per raccontare storie criminali di Winter, questa premessa sembrava troppo debole per costruire una narrazione durevole nel tempo. Giunti al quinto episodio, tuttavia, la situazione inizia ad essere diversa da quella descritta nella recensione di cui sopra. Per la prima volta, infatti, “Token Joe” ha mostrato la potenzialità narrativa di Tulsa King, la quale potrà essere dipanata lungo molteplici linee direttrici.
Certo, Stallone rimane il fulcro indiscusso della serie, ma l’emergere di villain caratterizzati e di dinamiche che hanno un interesse intrinseco – e non solo legato al protagonista e al suo carisma – non possono che rappresentare valori aggiunti, e forse insperati, per lo show.

RITORNO A NEW YORK


Come anticipato dalle vicende conclusive dello scorso episodio, Dwight fa il suo ritorno nella città natale di New York per partecipare al funerale del fratello Joe. Questo evento permette al protagonista, e quindi allo show, di affrontare tematiche relative alla sua famiglia. Con particolare riferimento, ovviamente, a sua figlia Tina, con la quale aveva interrotto i rapporti da oltre 18 anni.
Il rapporto tra Dwight e Tina, così come molte altre vicende della serie, non è particolarmente rivoluzionario e sta seguendo alcune tappe canoniche. Dopo un primo contatto telefonico fallimentare, c’è una cena nella quale la figlia attacca apertamente il padre e se ne va. Di seguito, Dwight prova a ricucire di nuovo i rapporti andando a trovare la figlia nel luogo di lavoro. In quest’ultima occasione, Tina ricorda momenti della sua vita in cui lo zio Joe era presente nel ruolo di padre, in sostituzione del vero padre.
Dunque, tutto già visto, tutto già narrato. Nonostante ciò, la realizzazione è sicuramente ben riuscita e aiuta lo spettatore ad avere uno sguardo meno simpatetico nei confronti del protagonista. Dwight è un mafioso, e già questo basterebbe a non caratterizzarlo come una brava persona. Tuttavia, nel mondo seriale e cinematografico, parteggiare per antieroi che suscitano empatia o fascino è normale. Il racconto di Tina, però, restituisce un uomo che è simpatico e carismatico, ma è anche un uomo che – per fedeltà nei confronti della cosca – ha lasciato sua moglie e sua figlia senza un dollaro e in una situazione di grave difficoltà.

LA DUPLICE FAMIGLIA


Sin dalla loro nascita, le organizzazioni mafiose hanno fatto leva sul concetto di famiglia. Non si trattava di una libera scelta, ma di una vera e propria necessità. Se fosse una semplice organizzazione a delinquere, la mafia non sarebbe stata duratura, in quanto avrebbe avuto un suo momento di gloria e poi sarebbe andata incontro a un inevitabile declino. Il declino sarebbe stato causato dal fatto che, dal punto di vista razionale, prima o poi gli associati avrebbero avuto interessi in conflitto con quelli dell’organizzazione.
Introducendo il concetto di famiglia, invece, la mafia ha garantito la propria sussistenza proprio perché ha subordinato gli interessi dei singoli a quelli del collettivo. La famiglia non è solo un gruppo di persone con un legame di sangue, è un organismo il cui valore è superiore alla semplice somma delle persone che lo compongono. Essendo superiore alla somma degli individui, e basandosi su legami affettivi e fiduciari, ogni individuo ha la predisposizione a pensare al bene della famiglia e non solo al proprio bene. Non a caso, le famiglie nucleari esistono dall’alba dei tempi, così come le comunità e – da più di un secolo – le mafie.
Proprio in virtù di questo legame e di questa struttura, Dwight è stato in galera 25 anni e ha sacrificato la propria famiglia di sangue. Per sopravvivere, però, la mafia ha bisogno che i propri associati ragionino come in una famiglia. Il racconto di Tina mostra che, nella cosca Invernizzi, ciò non è stato vero per molto tempo, come mostra il racconto di Tina su Nico ‘The Package’. Questa rivelazione è narrativamente utile perché permetterà di ampliare la distanza tra Dwight e la banda. Al tempo stesso, ciò porta anche all’unico aspetto negativo della puntata: l’uccisione di Nico da parte di Dwight. Una scena esagerata, stereotipata, troppo prevedibile.
Probabilmente, lo scopo era mostrare la natura criminale di Dwight in tutta la sua violenza. Tuttavia, la scena risulta forzata e poco coerente con il resto della narrazione.

TULSA, TRANQUILLA MA NON TROPPO


Mentre Dwight era a New York, i suoi compagni di avventura a Tulsa iniziano a capire la rilevanza dei Black Macadam. A Tulsa, come è stato spesso ripetuto, non ci sono organizzazioni mafiose. Tuttavia, ciò non vuol dire che non esistano organizzazioni criminali. E, come accade in tutto il resto del mondo, le organizzazioni più potenti hanno relazioni di conflitto (con i federali) e cooperazione (con la polizia locale) con le pubbliche istituzioni.
I Black Macadam, con le dovute differenze legate a contesto e caratteristiche dei membri, non hanno una natura diversa rispetto alla famiglia Invernizzi. In questa puntata, si vede la reazione della banda alla percepita minaccia nei confronti degli affari gestiti sul loro territorio. In particolare, i Black Macadam sono One Percenters. Con questa definizione, nata negli anni ’60, indica tutte le organizzazioni di motociclisti che sono coinvolte in attività criminali. In seguito agli Hollister Riots del 1947, il presidente dell’American Motocyclist Association (AMA) disse che i motociclisti sono quasi tutti cittadini rispettosi delle regole, e solo l’1% di loro è un criminale. In seguito a questa dichiarazione, i gruppi di biker dediti ad attività illecite hanno rivendicato la loro natura criminale, dicendo apertamente di far parte a quell’1 percento.
Come visto in questo episodio, i Black Macadam hanno rapporti di cooperazione, sotto forma di collusione e corruzione, con la polizia locale di Tulsa. In questa puntata, il rapporto è stato mostrato tramite il rapimento di Bodhi e l’arresto illegale di Tyson. Per la seconda volta, lo show accenna alla complessa storia di razzismo nella città di Tulsa. Nel pilot, a Tyson viene negato l’acquisto di una macchina. In questo caso, Tyson è vittima di un fermo stradale chiaramente illegale. Come mostrato nella letteratura, questi fermi illegali avvengono secondo chiare disparità statistiche tra i vari gruppi etnici, con gli afroamericani molto più colpiti rispetto agli altri gruppi. Data la connivenza con la polizia locale, si può immaginare a un inserimento dei federali nella vicenda, con un duplice ruolo di caccia sia nei confronti di Dwight, che nei confronti dei motociclisti. Con un ovvio approfondimento delle dinamiche tra Dwight e Stacey.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Dwight a New York
  • Dwight e la famiglia Manfredi
  • Il conflitto tra la fedeltà alle due famiglie
  • Nuovo conflitto tra Dwight e la cosca mafiosa
  • I Black Macadam e la polizia locale
  • Arresto di Tyson
  • Espansione delle potenzialità narrative dello show
  • Uccisione di Nico ‘The Package’: troppo facile, troppo telefonata

 

Una puntata quasi perfetta.

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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

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