Al centro di questo episodio di M. Il Figlio del Secolo c’è un evento chiave per le sorti del Fascismo e per la storia d’Italia tutta: la marcia su Roma.
Chi è stato un minimo attento a scuola già lo sa: non si trattò assolutamente di un’eroica cavalcata guidata da un impeccabile condottiero, con regolamentari cavallo bianco e armatura scintillante. Mussolini arrivò nella capitale in un secondo tempo, non con le sue squadre.
Qui, però, si assiste alla rappresentazione praticamente di un bluff. Rappresentazione non soltanto perché il Duce, nei momenti decisivi, viene spesso mostrato a teatro.
I dialoghi informano lo spettatore di come le truppe pronte a prendere il potere fossero in realtà troppo lontane da Roma e disorganizzate.
Sarebbe poi bastato, per esempio, che il re firmasse un decreto, dichiarando lo stato di assedio. Ne aveva facoltà, ma non lo fece, per imperscrutabili motivi.
LA MOSSA DEL RE SULLO SCACCHIERE POLITICO
Giova ricordarlo: la marcia su Roma, a rigor di Statuto Albertino, non fu colpo di Stato.
A Mussolini venne dato l’incarico di formare il nuovo governo.
Luca Marinelli, comunque, continua magistralmente a dipingere il suo personaggio come uno scaltro trasformista, un po’ codardo.
A suo vantaggio, c’è la sua capacità di coinvolgere ed affascinare una massa di persone impaurite, frustrate e scontente. Punta di diamante per i suoi progetti, i reduci di guerra come Italo Balbo o Cesare Forni.
Da qui nasce la scena di Mussolini rockstar e del suo stage diving che, occorre sottolinearlo, non è una rappresentazione così lontana dalla realtà: presentatosi come “traditore” per la pacificazione con i Socialisti, Benito venne accolto con odio, ma al termine del suo discorso venne acclamato da ovazioni, vennero gettati fiori ai suoi piedi quando scese dalla platea e, per finire, sollevato e portato in trionfo dagli squadristi che fino a poco prima lo maledicevano. Se non è trasformismo questo.
“Gli Italiani vogliono la pace e noi gliela daremo…la guerra.“
Giampaolo Pansa, nel suo libro Le Notti dei Fuochi, paragona i Fasci di Combattimento, come spirito, agli ultras delle moderne squadre di calcio. Quelli che a volte ricattano le società sportive minacciando disordini. A loro, nel biennio 1919 – 1921, si contrapponevano “i rossi“, non propriamente comunisti o socialisti. Questi ultimi erano inebriati dalla Rivoluzione russa, che pensavano si sarebbe presto diffusa anche in Italia.
SUL RIVANGARE “COSE AVVENUTE UN MILIONE DI ANNI FA” E “TROPPO ITALIANE”
Lo show è di elevata qualità, come realizzazione e interpretazioni degli attori. A sorpresa, però, riesce a fare un ulteriore passo in avanti.
Ad un certo punto, infatti, Luca Marinelli sfonda, come d’abitudine, la quarta parete e pronuncia la frase: “Make Italy great again“. Il momento è quello in cui il Duce sta prendendo il potere.
La frase è certamente una citazione dello slogan preferito da un certo presidente statunitense (e considerato l’ultimo “saluto” di Musk, il tutto diventa ancora più “ironico”, se così si può dire ndr), pronto a insediarsi alla Casa Bianca per un secondo mandato. Meglio ancora, ricorda i ragazzi di cui il suddetto presidente è tanto orgoglioso, quelli a cui vuole concedere la grazia se sono stati messi in prigione dopo aver pascolato per i palazzi del governo indossando copricapi di pelliccia con le corna.
Casomai ce ne fosse bisogno, questo ricorda la necessità di continuare a ricordare e ridiscutere alcuni temi della storia recente. Soprattutto però, rende M. Il Figlio del Secolo prodotto dal respiro internazionale, pur senza dargli quel gusto di cosa pensata per vendere l’Italia e gli italiani all’estero. Per capire cosa si intende con quest’ultimo termine, vedere un film pur interessante e aggraziato come La Chimera.
DA QUI, LE COSE POSSONO SOLO PEGGIORARE
“La democrazia sopravvive, per mia gentile concessione. Per ora. Vedete di fare i bravi.“
Così il Duce, nell’agghiacciante conclusione dell’episodio.
Il peggio, però, deve ancora venire, come si sa dai tempi della scuola. Giacomo Matteotti, per esempio, è già stato mostrato.
La serie dovrebbe concludersi proprio con il celebre discorso in cui, esattamente cent’anni fa, Mussolini in Parlamento si prese pubblicamente la responsabilità dell’assassinio dell’onorevole veneto. Quel momento segnò la definitiva svolta autoritaria del suo regime.
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Un regista straniero come Joe Wright è stato scelto apposta, per garantire una certa distanza e un equilibrio nel narrare fatti così dolorosi, capaci di segnare indelebilmente la storia italiana.
Per ora, si sta mantenendo decisamente all’altezza del compito assegnato.
Lo show riesce persino a dare voce e presenza alle figure femminili, grazie a Margherita Sarfatti e a donna Rachele. Questo mentre si parla di un’epoca decisamente non femminista, anzi. Basti ricordare le Massaie Rurali e il premio per chi faceva tanti figli (onde avere tot milioni di baionette da mandare in guerra). Joe Wright si è proprio prefisso di rappresentare, in Mussolini, anche la mascolinità tossica.
Qualche piccolo problema nel seguire le puntate può derivare dalla fotografia. Si passa dal molto buio, allo sgranato da vecchio film muto, all’uso di filtri vari. Insomma, una piccola sfida all’agilità mentale dello spettatore.
Anche questo, comunque, rende il prodotto interessante e lo fa spiccare nell’attuale panorama seriale.
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).