Miracle Workers è tante cose: innanzitutto è il jolly di TBS come spiegato nella recensione di “H.O.A.” usato come sapiente tappabuchi che va bene per tutte le stagioni; è visibilmente un prodotto low cost, difatti esclusi i soliti 5 ciclici attori (Steve Buscemi, Daniel Radcliffe, Geraldine Viswanathan, Karan Soni e Jon Bass), il resto delle comparse non sembrano avere alcuna esperienza recitativa mentre le scenografie sono visibilmente a basso costo; la comedy ideata da Simon Rich è lo show merendina per antonomasia cioè un prodotto leggero che porta via il minimo di tempo indispensabile.
Miracle Workers è la classica serie che nessuno indicherebbe mai come la propria preferita, ma è anche quella che può regalare più sorrisi di quanti ci si possa immaginare. Ed è per tutti questi motivi che TBS continua imperterrita nella produzione e continua a sponsorizzarla nelle varie pubblicità degli altri prodotti televisivi.
“Ace Ventura is a dark tragedy about a deeply disturbed individual. It’s a meditation on man’s animalistic nature, the Jungian concept of shadow self, not to mention a scathing indictment of brain injuries in professional football.”
UNA STAGIONE PARTICOLARE
Come già discusso più volte nel corso della stagione, questa stagione ambientata in un mondo post-apocalittico ha deciso di non avere una propria trama, bensì di puntare su puntate stand-alone dedicate alla costruzione dei personaggi, agli intrecci di destini e a continue citazioni cinematografiche. Forse è proprio questo cambio di prospettiva ad aver elevato questa stagione, differenziandola così dalle altre puntando maggiormente sul non-sense e sull’imprevedibilità. Probabilmente non può piacere a tutti questo modo di operare, ma per una serie come questa sperimentare è un modo per continuare a rinnovarsi.
Sarà interessante, quindi, vedere se nella seconda parte di stagione si punterà su un main plot conclusivo piuttosto che continuare, in questo modo, con tutte queste storyline orizzontali. In ogni caso gli autori dello show sembrano continuare ad avere idee per cui potrebbero aver deciso di proseguire con questo metodo fino al termine della stagione.
JIM CARREY MOMENTO
Sid: “Dear God, or whatever AI overlord might be applicable here, don’t take Tai into your big cloud in the sky. Bring him home to his charging station of origin. Amen.”
Tutti I Tai: “A-robot.”
Probabilmente “Jim Carrey In The Park” è uno degli episodi più peculiari della stagione in quanto le due storyline principali della puntata sono a dir poco pittoresche. La decisione di accoppiare Freya & Morris era inevitabile per poter dare una rinfrescata ai personaggi, stesso discorso vale per il duo Sid & Tai.
Se la sottotrama dei personaggi di Radcliffe e Soni era alquanto prevedibile che sarebbe accaduta prima o poi, quello che c’è stato tra il character di Buscemi e quello di Viswanathan è stato a dir poco imprevedibile. Probabilmente solo chi è amante del non-sense può apprezzare l’idea di dedicare un’intera puntata ad un musical che prende spunto del primo film di Ace Ventura, per gli altri questa scelta potrebbe essere stata la pietra tombale sulla decisione di continuare la visione di questa stagione. Per chi invece ha apprezzato l’idea, ed anzi, l’ha trovata esilarante, probabilmente questo sarà un punto così alto che difficilmente potrà essere toccato nuovamente, a meno di ulteriori utilizzi di droghe da parte degli sceneggiatori.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Si è giunti quindi alla metà della stagione per lo show meno atteso è più dimenticabile dell’anno, in ogni caso non si può che apprezzare quanto sbattuto in faccia in questo assurdo e clownesco episodio dedicato al ricordo di quel dramma biografico struggente e malinconico che è stato Ace Ventura: Pet Detective, conosciuto in Italia come Ace Ventura – L’Acchiappanimali.
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.