Dopo quasi tre anni dalla messa in onda della prima stagione, torna la serie di Apple Tv+ di cui si era recensito all’epoca il pilot. Si può subito dire che il ritorno sia perfettamente in linea con quanto era stato mostrato in passato, incuriosendo sempre di più lo spettatore anche dopo l’enorme lasso di tempo intercorso.
ALL’INTERNO TUTTO CAMBIA PER TORNARE COME PRIMA
Per questo primo episodio si è scelto di non mostrare mai lo stato delle cose all’esterno della Lumon Industries. Quindi tutto ciò che si vede riguarda la vita degli “innnies/interni”, cioè la parte di vita scissa che vive soltanto all’interno dell’edificio. Considerando che nell’ultimo episodio della prima stagione le due parti scisse della persona si erano svelate reciprocamente, questa risulta essere una scelta narrativa d’effetto che ovviamente genera ancora più domande a cui rispondere.
La più importante forse è proprio relativa alla veridicità delle cose dette e viste durante l’episodio. Mark, il protagonista (interpretato da Adam Scott), si ritrova di nuovo a lavoro dopo i fatti avvenuti nell’ultimo episodio della prima stagione, dove ha scoperto preso coscienza di importanti informazioni sulla sua vita esterna (la più importante delle quali riguarda sua moglie, erroneamente creduta morta e che in realtà viva e anche lei scissa all’interno della Lumon).
Come conseguenza della sua rivolta, gli viene cambiato il team di collaboratori (di cui uno assurdamente italiano e che parla anche in italiano!) ma per tutto l’episodio cerca di capire cosa stia succedendo e cerca di ritrovare i suoi “amici”, compagni di rivolta.
MISTERI
Relativamente alla possibile inaffidabilità della narrazione (si vede solo cosa accade all’interno) e alle spiegazioni date da individui molto ambigui (Milchick su tutti), la serie continua a giocare con l’attenzione dello spettatore, sfidandolo a pesare e a vedere più in profondità quanto viene mostrato o raccontato. L’espediente narrativo della scissione volontaria in due fatta dai protagonisti della serie permette di indagare sulle reali motivazioni che animano le persone, a prescindere dai contesti esterni e dalla loro influenze sulle proprie decisioni. Mark e gli altri sanno che sta succedendo qualcosa di sbagliato nella loro vita all’interno della Lumon e questo in netto contrasto con quanto sembrano volere le loro controparti “esterne”. Quali delle due ha ragione? Quanto il giudizio sulle proprie scelte di vita può essere manipolato dagli eventi che accadono intorno e di cui siamo più o meno consapevoli?
Il successo (relativamente ad una serie di Apple TV+, sia chiaro) di questa serie si basa molto probabilmente su questo: le questioni che pone sulle azioni che muovono gli esseri umani quando devono affrontare sentimenti troppo forti (Mark e il suo lutto) o dimostrare fino in fondo quanto siano valide (Helly e la Lumon).
Il tutto scegliendo di dividere in due le proprie vite quasi a voler vivere uno “sliding doors” morale, comunque troppo grande da gestire anche se non se ne ha pienamente coscienza.
TENSIONE, STRANIAMENTO E LABIRINTI
La serie continua a giocare tantissimo sul senso di straniamento generato da un luogo claustrofobico e labirinto come la Lumon. Molto presto si rinuncia a farsi una mappa mentale dei luoghi dove i personaggi provano a muoversi, rendendo abbastanza credibile il senso di confusione che la serie vuole far percepire allo spettatore. I lunghi corridoi bianchi, pieni di svolte intervallate da qualche porta sembrano sempre nascondere qualcosa di inaspettato. In qualsiasi momento sembrerebbe possibile uscire, basta volerlo, ma alla fine i quattro “interni” scelgono di rimanere, un po’ per risolvere i misteri ma sembra essere sempre più chiaro che quella situazione, per quanto claustrofobica, sembra quasi confortante.
La regia di Ben Stiller rimane salda e coerente con quanto fatto prima e tutto il comparto attori è all’altezza della situazione, con quel giusto mix di convinzione e smarrimento richiesto da questa serie così poco confortante.
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Il ritorno di Severance è molto buono e fa intendere che la serie si mantiene ad un buon livello. Appassiona e coinvolge. Tutte cose che dopo tre anni non erano affatto scontate che rimanessero, anche nelle menti dei distratti spettatori di oggi.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.