Nella sempre più ingombrante lotta tra piattaforme streaming, accaparrarsi attori noti e prodotti unici è ormai diventato un fattore necessario per dare una motivazione allo spettatore sia per tener vivo l’abbonamento mensile, sia per canalizzare l’attenzione del pubblico su una nuova potenziale serie di tendenza. In tal senso, il servizio streaming della Grande Mela di Cupertino le sta provando un po’ tutte tra nuove serie che stanno promettendo bene (Suspicion e The Afterparty) e con altre (The Mosquito Coast) che hanno cominciato bene per finire tremendamente.
In questo contesto non proprio roseo, Apple TV+ tira fuori una nuova serie dai tratti paranoici (9 episodi), prodotta da Dan Erickson e diretta anche (per 6 puntate) da Ben Stiller e da Aoife McArdle (per le restanti 3), dove i protagonisti scelgono deliberatamente di separare i ricordi della vita privata da quella lavorativa.
VOGLIO NON PENSARE AI MIEI DOLORI DALLE 9 ALLE 5
In tempi dove si valuta e si testa sempre in più paesi la riduzione dell’orario lavorativo settimanale, suona per lo meno curioso trovare persone che scelgono di lavorare per sfuggire alla propria intollerabile vita privata, arrivando anche a scindersi (la “scissione” del titolo italiano) in due personalità che non condividono tra di loro nessun ricordo.
È quello che decide di fare Mark Scout (Adam Scott) che, dopo aver perso la moglie e sopraffatto dal dolore, decide di entrare a lavorare nella Lumon Industries. In particolare nel loro programma Severance che permette, appunto, di staccare la propria memoria durante l’orario lavorativo, attraverso l’impianto di un chip che interagisce con l’edificio dove si svolge una strana attività lavorativa. Infatti lui, come altri, sembrano dedicarsi ad una specie di stupido gioco elettronico dove devono segregare numeri all’interno di celle, in un ambiente asettico e asfittico.
DOVE SIAMO?
Il dubbio si insinua nello spettatore che per tutto l’episodio cerca di capire dove si trovino i personaggi e cosa sia successo. Nei minuti iniziali, si vede l’entrata in scena dall’altra protagonista della serie, Helly (Britt Lower). Inizialmente spaesata proprio perché non ancora abituata allo stacco tra fuori e dentro la Lumon, permette allo spettatore di cominciare a capire cosa realmente significhi vivere questa vita distaccata.
Oltre ad uno strano ambiente lavorativo, pieno di regole ferree e vincoli contrattuali discutibili, il mondo esterno, che in teoria dovrebbe essere normale, sembra nascondere qualche incongruenza a cominciare da un clima rigido, con un paesaggio coperto dalla neve che non sembra essere solo dovuto alla probabile stagione invernale dell’ambientazione. Anche la cena con alcuni amici della sorella di Mark, in assenza di cibo, sembra suggerire che nel mondo reale sia successo qualcosa di catastrofico portando gli abitanti della Terra a fare strane scelte di vita per compensare un danno psicologico molto più profondo di un semplice lutto. Tutte supposizioni che non trovano ancora riscontro con la narrazione.
Un mondo dove chi sceglie la “scissione” sembra essere degno di rispetto da parte degli altri, anche se mantenuto a distanza. Un’umanità scissa in due dove la propria vicina distrutta può essere tranquillamente essere il capo leggermente inquientante (Patricia Arquette).
SCISSIONE ANCHE NEL CAPIRE SE MERITA CONTINUARE A VEDERLO
Il prodotto è produttivamente ben realizzato e anche la regia risulta essere molto personale, dando forte risalto ai paesaggi e agli ambienti come elementi narrativi di per sè. Gli attori, tra cui spicca anche John Turturro, sono perfetti per il tipo di espressività richiesta in questo clima asettivo e vagamente paranoico. Quindi, fin qui i motivi per seguirlo ci sono tutti poiché la curiosità di continuare a seguire questa vicenda rimane alla fine dell’episodio.
Quello che non si capisce, ed inficia sul voto finale, è la mancanza del coinvolgimento emotivo che non si accompagna a quello puramente narrativo (cosa succederà dopo?) ed il motivo è che alla trama non viene accompagnato un piano di emotivo ugualmente interessante. È vero che questo mondo presentato in maniera così asettica è funzionale all’atmosfera di fondo che si vuole creare ma forse mostrare qualcosa in più sui personaggi, senza necessariamente svelare una trama sicuramente da centellinare, avrebbe giovato in termine di coinvolgimento ed empatia coi personaggi.
In sostanza, non conoscendo la storia e, soprattutto, il dolore che sta dietro alle motivazioni che li portano a “scendersi”, non si riesce a capire realmente la portata della loro scelta e le possibili conseguenze sulla storia.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nonostante il voto basso, si può dire che la serie meriti di essere seguita se si è interessati a situazioni al limite della paranoia. Diverso il discorso se si è in cerca di essere coinvolti anche emotivamente dai personaggi “bifasici”.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.