“I suppose you’d have me shoot you in the living room. Like an animal driven wild with fever. The world is not a fair place, as you’ve surely realized by now. But it has been far kinder to you than to the woman lying in the back of Dr. Miller’s buggy. That I can assure you. Now you’re a woman. Whether you’re ready to be one is debatable, but a woman you are. It’s time to act like it. Now, lay back.”
In molteplici occasioni, 1923 è stata definita come la più debole tra le 3 serie tv facenti parte dell’universo narrativo di Yellowstone. In particolare, lo show aveva lo scopo di unire la durezza della vita che ha caratterizzato 1883 con la lotta per la difesa della terra che è stato il tratto distintivo di Yellowstone. Eppure, nel concreto non è riuscito a rappresentare nessuna delle due anime. Tuttavia, questo episodio rappresenta un miglioramento, seppur senza raggiungere il livello delle altre due serie. Anche in questo caso, però, è opportuno porsi una domanda la cui risposta non è di certo incoraggiante: Com’è possibile che il miglior episodio stagionale sia quello in cui il villain non appare mai sullo schermo?
ELLIS ISLAND
“I’m seeking a passage with a bit more relevance to our current situation. Ah, here it is. “Oh, while I live to be a ruler of life, not a slave. And nothing exterior of me shall ever take command of me. Re-examine all that you’ve been told and dismiss “that which insults your soul”. Which is exactly what I will be doing with you, regardless of your decision.”
Un primo miglioramento è rappresentato dalla distribuzione – all’interno dei 58 minuti che compongono questa puntata – delle varie storyline. Uno dei principali difetti di 1923, infatti, è l’eccessiva frammentazione di ogni episodio, con passaggi continui (e poco fruttuosi) da una vicenda all’altra.
In questo caso, invece, circa 30 minuti sono stati dedicati – senza alcuna interruzione – a un solo personaggio, ossia Alexandra. Il tema principale è ovviamente il racconto del suo arrivo in America e dello scontro con la realtà di Ellis Island e di un’America che stava ponendo fine alla lunga stagione di accoglienza nei confronti degli immigrati europei. Non a caso, nel 1924 sarebbe stato approvato il Johnson-Reed Act, il quale poneva criteri molto stringenti sul numero di migranti che sarebbero stati accettati ogni anno (con un focus sulla loro provenienza e il livello di alfabetizzazione).
A Londra, Alexandra non ha neanche bisogno di sapere il proprio cognome, basta aggiungere la desinenza che descrive la sua regione di origine, il Sussex. A Ellis Island, gli agenti dell’immigrazione non hanno alcun interesse a sapere in che regione sia nata Alexandra, vogliono sapere nome e cognome così come per tutte le altre persone che erano con lei sulla nave, in cerca di fortuna. Questo comporta uno shock per la ragazza, che vede per la prima volta la realtà di come sono trattate le persone comuni.
LA TEMPESTA
Mentre Alexandra scopre a New York quanto sia brutale e violenta la vita negli USA, Jake e il resto del clan Dutton si scontrano per l’ennesima volta con l’inverno del Montana (che, come detto dall’addetto alla stazione dei treni, non è assolutamente paragonabile al freddo del Regno Unito).
In questo caso, il focus è su due storyline all’apparenza secondarie, ossia quella della famiglia di Zane e quella di Emma Dutton. La prima è l’equivalente di quella che oggi viene chiamata una proxy war. All’apparenza, lo scontro riguarda Zane e le forze di polizia della città di Bozeman. In realtà, invece, si tratta di un conflitto originato da Whitfield con l’obiettivo di colpire non Zane, bensì Jake Dutton. Inoltre, il racconto di questa vicenda aiuta a mostrare – come per Alexandra a Ellis Islands – il lato oscuro degli Stati Uniti e la realtà che si cela dietro al motto di libertà di cui il paese si faceva fregio.
La storia di Emma, similmente, aiuta a mostrare il volto più crudo della vita in un ranch nell’anno 1923. Al di là dei paesaggi mozzafiato, delle corse con i cavalli e degli stufati vicino al camino, infatti, c’è un mondo in cui si deve avere paura ogni volta che si mette un piede fuori casa (o anche in casa). Un mondo a cui si dovrà abituare a breve anche Alexandra Dutton.
IN VIAGGIO
Le ultime due storyline di questo episodio hanno due cose in comune. La prima è che sono le due vicende a cui è stato dedicato il minutaggio minore, mentre la seconda è che entrambe riguardano le tematiche della fuga e della casa.
Nel caso di Teonna e di suo padre, la casa non c’è più, quindi quello verso cui fuggono è la speranza di trovare un posto in cui essere liberi e non temere per le proprie vite. Per quanto riguarda Spencer, invece, la fuga è un lungo – intercontinentale – ritorno verso la propria casa, che rischia di scomparire. Come prevedibile, Spencer non aveva alcuna intenzione di rischiare uno scontro armato con i Federali per consegnare – per conto di un mafioso nei confronti del quale non ha alcun debito – alcolici fino a Fort Worth. Il suo ultimo dialogo con Luca, per questo motivo, è struggente nella sua inevitabilità. Quando gli ha salvato la vita sulla nave (per due volte), Spencer parlava con una persona che – come tanti altri – voleva una vita migliore. Nel capanno in cui si salutano, invece, Spencer si rivolge a una persona che, nel nome di un legame familiare, decide di andare incontro alla morte.
Per quanto riguarda Teonna, invece, la loro fuga lungo la linea Mason-Dixon consente di dipingere un affresco del Sud degli Stati Uniti in quegli anni. Un mondo violento, povero, in cui si parlava di un’integrazione mai chiaramente definita. Per di più, il Marshall e il sacerdote sembrano quasi due figure allegoriche, che rappresentano una visione talmente reazionaria e oscura da suscitare sdegno anche nei Marshall dell’Oklahoma rurale.
Tutte queste storie sono interessanti perché offrono scorci del mondo che fu e aiutano a inquadrare meglio i personaggi. Tuttavia, dal punto di vista narrativo, gli avanzamenti sono ben pochi. Anzi, per realizzare un episodio che raggiungesse la sufficienza, 1923 ha fatto scomparire dallo schermo Whitfield e Banner, ossia i due villain della famiglia Dutton che dovrebbero mettere in moto la trama.
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Il punto di forza di 1923 sembra essere nel raccontare la vita dell’epoca in tutte le sue sfaccettature, al di là delle convenzioni e delle visioni idealizzate. Tuttavia, senza un impianto narrativo soddisfacente, la stagione rischia di sprofondare nuovamente nelle valutazioni di insufficienza.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.