Torna, questa volta in un prodotto pensato per il piccolo schermo, il personaggio di Django, figura leggendaria della mitologia western (perlomeno nella sua versione nostrana denominata spaghetti western). Creato negli anni ’60 da Sergio Corbucci e oggetto di vari film-sequel, remake (fra cui quello di Tarantino) e quant’altro, Django è diventato sinonimo di un particolare tipo di personaggio, quello del vendicatore che raddrizza i torti fatti contro le classi sociali oppresse (per esempio gli afro-americani, nel caso della pellicola di Tarantino). Una sorta di “supereroe marvelliano” collocato però in un contesto western che, per definizione, è quasi sempre “sporco” e contraddistinto da una filosofia cinica e lugubre.
MATTHIAS SCHOENAERTS, IN ARTE “DJANGO”
E così si presenta anche questa ennesima “reincarnazione” del personaggio che, in questa co-produzione franco-italiana targata Sky e Canal+, ha le fattezze dell’attore belga Matthias Schoenaerts (già visto in Amsterdam).
Il contesto e la trama orizzontale scelte per l’occasione si adattano molto bene a tale character, e in un certo senso rispettano appieno la filosofia e gli stilemi di Corbucci.
La vicenda si svolge negli anni seguenti la Guerra Civile americana, più precisamente in uno stato del sud in cui alcuni ex-schiavi hanno fondato una colonia libera denominata New Babylon (da qui il titolo dell’episodio) in cui accolgono diseredati ed emarginati da tutto il Paese.
Fra questi vi è il misterioso Django, per l’appunto, che viene presentato in maniera abbastanza anonima lungo tutto l’episodio. Talmente anonimo che, se la serie tv non avesse il suo nome, lo spettatore neofita quasi stenterebbe a credere che l’eroe della storia sia lui. Per tutto l’episodio si susseguono continui flashback che fanno intuire quale sia il suo trauma e cosa lo spinga in questa particolare città. Ma si tratta di una narrazione che, perlopiù, viene fuori tramite personaggi “esterni” e in maniera quasi casuale.
Per il resto, il personaggio si presenta in maniera abbastanza anti-climatica. Risulta evidente il tentativo di rileggere, in chiave contemporanea, tale character abbassando la sua figura leggendaria e facendolo così apparire come un “uomo qualunque”, molto più umano e fallibile. Questo però funziona nel caso lo spettatore abbia già presente il mito di Django, mentre per chi si approccia per la prima volta alla vicenda potrebbe risultare un po’ noioso il tutto, considerando il poco carisma del personaggio principale.
PERSONAGGI SECONDARI E REGIA
Viceversa, appaiono molto più carismatici i personaggi secondari, fra cui quello di Sarah (l’ottima Lisa Vicari, finalmente ritrovata dopo Dark) e soprattutto Elizabeth (Noomi Rapace) personaggio che, fin da subito, si presenta come la “villainess” della situazione, lasciando però trasparire una personalità ben più complessa di quello che appare.
Si vede soprattutto la mano di una regista come Francesca Comencini che, grazie ad una precisa scelta stilistica unita ad una solida sceneggiatura, conferisce minutaggio ed importanza proprio a queste due figure femminili, di fatto rendendo queste le protagoniste dell’intero episodio.
Lo sguardo e i gesti delle due interpreti riescono a dire molto dei rispettivi character, contribuendo a ridisegnare l’intero quadro sociale (e soprattutto politico) della serie.
Ovviamente vengono rimarcate costantemente (e con ben più di un occhio al presente) le contraddizioni e storture sociali dell’epoca, anche in questo caso aiutando a ricreare (pur con l’impianto scenografico del caso) un paesaggio western assolutamente credibile e sanguinario, seguendo così la lezione di Sergio Leone e soci (soprattutto per quanto riguarda i volti scavati e sofferenti delle comparse).
Comencini fa dunque “sua” la storia di Django inserendoci un contesto adatto alle lotte sociali dell’attualità (minoranze etniche e questione femminile). Il tutto unito alla splendida colonna sonora firmata Mokadelic, ormai sinonimo di garanzia per le serie tv targate Sky Italia.
CONCLUSIONI
Questo aspetto, al momento, è quello di maggiore interesse per quanto riguarda lo show, nonché suo vero punto di forza. Non mancano ovviamente citazioni e riferimenti all’originale di Corbucci, fra cui la famosa bara, portata a forza non più dal protagonista (scelta più che mai emblematica visto quanto scritto prima), ma da una delle comparse femminili.
Per il resto, si spera però che anche il protagonista stesso dello show (da cui viene dato il nome alla serie) esca presto dall’anonimato mostrando tutto il suo potenziale, anche per non far diventare il tutto l’ennesima rivisitazione politically correct che rischia di far perdere tutto l’interesse alla vicenda.
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Torna il mito di Django, leggendario cowboy creato negli anni ’60 da Sergio Corbucci. In questa nuova versione la D rimane sempre muta ma purtroppo anche il protagonista, che rimane un po’ in disparte rispetto a tutti gli altri personaggi presenti. Di certo non un bel biglietto da visita ma è da ammirare l’atmosfera western (resa magnificamente da Francesca Comencini) e alcuni character che rimangono impressi fin da subito.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!