Finalmente l’atteso prequel di Game Of Thrones è arrivato sugli schermi con il suo episodio pilota.
Ha già ricevuto l’alta approvazione dell’autore George R. R. Martin che ha deciso eccezionalmente di partecipare di persona ad un panel al San Diego Comic-Con.
D’altronde Martin è stato direttamente coinvolto nella creazione dello show in collaborazione con Ryan Condal, uno che nel suo curriculum può vantare di aver creato insieme a Carlton Cuse (Lost) la non molto fortunata Colony con Josh Holloway. Non sono più stati chiamati gli showrunner Weiss e Benioff, colpevoli secondo molti fan del crollo qualitativo delle ultime stagioni della serie madre, ma alla regia di questa prima puntata c’è Miguel Sapochnik, già dietro la macchina da presa in puntate capolavoro come “Hardhome” e “Battle Of The Bastards” che qui ritorna anche come showrunner e produttore esecutivo di House Of The Dragon.
Le aspettative di una parte del pubblico sono quindi altissime, almeno quanto le perplessità di un’altra fascia di spettatori.
Viserys: “I, Viserys Targaryen, first of his name, King of the Andals and the Rhoynar and the First Men Lord of the Seven Kingdoms and Protector of the Realm, do hereby name Rhaenyra Targaryen Princess of Dragonstone and heir to the Iron Throne.“
172 ANNI PRIMA DI DAENERYS TARGARYEN
Già solo in questo modo di datare le vicende narrate c’è la sfida, non semplice, che la serie è chiamata a vincere: rimanere attraente per il pubblico che ha amato Game Of Thrones, pur acquistando una sua unicità e personalità.
Dopo avere visto il pilot viene naturale immaginare gli sceneggiatori, riuniti in una stanza, intenti a puntualizzare quali elementi abbiano decretato il successo di una serie in grado di far impazzire letteralmente mezzo mondo, per giocarseli come gettoni di evoluzione.
Un buon esempio: inserire le vicende in un robusto contesto storico, politico e sociale. Non potendo avere le sane chiacchierate intelligenti fra Varys e Tyrion Lannister, qui c’è il consiglio di Re Viserys che parla di pirati e di come mantenere l’ordine pubblico in città. E ciò è bene.
Sicuramente, non si spreca l’occasione di giocare subito la carta in più del prequel: all’epoca in cui i Targaryen regnavano gloriosi c’erano moltissimi, enormi draghi. Una visione sempre molto spettacolare.
Gli spettatori, infine, si dividono in due categorie: quelli il cui cuore ha gioito sentendo, nel finale, il celeberrimo tema di Ramin Djawadi (per l’occasione cantato) e quelli che mentono.
RHAENYRA
Come la Storia insegna, un punto cruciale per la stabilità di un regno è quello di assicurarsi un erede. Possibilmente maschio e del sangue giusto.
Qui Re Viserys non ha un figlio, nonostante tutti i suoi sforzi, ma una figlia femmina, Rhaenyra (un’acerba Emma D’Arcy che ricorda fin troppo la Daenerys Targaryen di Emilia Clarke) ed un fratello minore, Daemon (un ottimo Matt Smith). La ragazza è sana e gioiosa, cavalca draghi (puzzolenti) e non è lo stereotipo della principessina capace solo di suonare, dipingere, ballare e ricamare. Anzi, forse per sottolineare il suo non conformismo, con la migliore amica Allicent Hightower si concede gesti quasi da fidanzato, come prendersela a braccetto e metterle la testa in grembo, sdraiandosi sotto un albero.
Proprio il suo essere donna, in un contesto dove donne sul trono non ce ne sono mai state, crea però problemi. Lo scopo principale perseguito dallo show non è comunque fare un’affermazione di femminismo ma di deliziare gli spettatori con un piacevole mix tra i caratteri di Daenerys e di Arya Stark.
Alla fine dell’episodio, Rhaenyra viene ufficialmente nominata erede al trono, ma sarà solo uno dei sassolini in caduta pronti a generare la valanga. Ci sono anche le macchinazioni di Otto Hightower, padre di Allicent, ed il fastidio di Daemon per essere escluso nonostante il suo diritto.
DAEMON
Il fratello del re è portatore della spada Dark Sister, in puro acciaio di Valyria e cavalca Caraxes, uno dei più grossi draghi mai esistiti.
Peccato sia pazzo come il vento che fischia, quindi pericolosissimo di natura. Non sembra avere un’indole portata a premeditare azioni malvage, godendo della propria perversione, ma riesce lo stesso a dare vita ad una delle sequenze più ripugnanti mai viste ultimamente in tv. Quando infatti viene nominato capitano delle Gold Cloaks, si mette a mutilare e ad uccidere un sacco di gente in città.
Ora, si capisce che bisogna porsi sempre nuovi traguardi, battendo i record HBO. Bisogna anche giustificare la differenza di Vyseris nei confronti del fratello e vedere Daemon al bordello suscita solo simpatici ricordi di Lord Petyr “Littlefinger” Baelish, tanto più che il principe Targaryen ha una moglie, ma la disprezza totalmente. Quando si esagera però si esagera e non si ottiene il risultato voluto.
Meglio che gli sceneggiatori si concentrino sul complesso rapporto fra lui e la nipote. I due sembrano legati (tra di loro si parlano in alto valyriano) e questo farà di sicuro la differenza nella Danza di Draghi che sta per scatenarsi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nel complesso ci si può definire più che soddisfatti: per ora i personaggi ci sono e sono incisivi da subito, la trama intriga ed il livello di tragedia e cospirazioni sembra pronto a sbocciare. Certo, ci sono alcune reminiscenze piuttosto palesi ed al limite del fanservice, se non si cede alla tentazione di battere il record per battere il record ed il fanservice viene mantenuto a livelli piacevoli allora House Of The Dragon ha la speranza di essere un qualcosa di più di un semplice prequel.
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).