Paradise 1×01 – 1×02 – 1×03 – Wildcat Is Down – Sinatra – The Architect Of Social Well-BeingTEMPO DI LETTURA 5 min

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Gli appassionati di serie tv conoscono Dan Fogelman principalmente per il grande successo di This Is Us e in misura minore per il piccolo gioiello musicale Galavant, che però non ha raccolto la stessa popolarità. È quindi comprensibile che con Paradise, nuova produzione targata Hulu/Disney+, si possa provare un misto di curiosità e perplessità: da un lato l’aspettativa creata dal nome di Fogelman e dal suo stile spesso incentrato sulle dinamiche emotive e sui flashback; dall’altro, il timore che il progetto si riveli una serie “generalista” lontana dai canoni di produzioni più autoriali tipo HBO o, visto che si parla di Hulu, di un The Handmaid’s Tale.
I primi tre episodi — “Wildcat Is Down,” “Sinatra” e “The Architect of Social Well-Being” — forniscono indicazioni contrastanti, lasciando capire che Paradise potrebbe rivelarsi un esperimento intrigante, ma non esente da scelte potenzialmente divisive.

THIS IS US CHE INCONTRA FALLOUT


La storia inizialmente sembra ruotare intorno a un tema apparentemente semplice e già visto in tanti contesti: l’assassinio del Presidente degli Stati Uniti, Cal Bradford (qui interpretato dal sempre belloccio James Marsden).
Il trailer (presentato nel nostro podcast), ha mostrato una situazione di complotto e tensione politica che non aveva convinto del tutto: si temeva una narrazione convenzionale, fatta di cospirazioni e corse contro il tempo per scoprire i mandanti dell’omicidio presidenziale. Tuttavia, il finale del pilot (“Wildcat Is Down”) ribalta ogni certezza: un plot twist decisivo, sul quale Fogelman ha saggiamente mantenuto il riserbo durante la promozione, cambia radicalmente il tono e la direzione della storia. È a quel punto che il titolo Paradise e, in generale, l’intera premessa della serie acquisiscono un nuovo significato.
Per quanto si cerchi di evitare spoiler, è sufficiente dire che il plot twist aggiunge una componente inaspettata, parzialmente “fantascientifica” che sposta la serie su binari più vicini alla tv generalista, a conferma sia del bagaglio creativo di Fogelman, abituato a lavorare con i grandi network (ABC, NBC, FOX, CBS), sia della volontà di sorprendere un pubblico che si aspettava una narrazione più lineare. Questa scelta, da un lato, offre una svolta intrigante e spinge lo spettatore a proseguire la visione con rinnovato interesse; dall’altro, potrebbe deludere chi sperava in un approccio più realistico o in una struttura vicina a quella delle serie premium.

DEI PROTAGONISTI CONVINCENTI


Il fatto che Hulu/Disney+ abbia scelto di rilasciare i primi tre episodi in un’unica soluzione ha perfettamente senso.
Il cliffhanger del pilot necessita di risposte immediate, e il secondo episodio, “Sinatra”, si concentra proprio sull’introduzione di uno dei personaggi centrali della stagione: la miliardaria Samantha “Sinatra” Redmond (Julianne Nicholson). Mentre la narrazione si dipana, emergono elementi che rivelano la complessità e le motivazioni dietro le azioni di questo enigmatico personaggio che ha quasi delle sembianze da villain.
Al contempo, la Dr.ssa Gabriela Torabi (interpretata da Sarah Shahi) viene inserita nel contesto portando con sé una prospettiva medico-psicologica che si intreccia con gli eventi principali. È, però, solo con il terzo episodio, “The Architect Of Social Well-Being”, che la trama si complica ulteriormente, dando il via a una serie di eventi che invitano al binge-watching, pur essendo una serie trasmessa con cadenza settimanale.
I protagonisti principali, oltre al Presidente Bradford, sono l’agente di sicurezza Xavier Collins (Sterling K. Brown), la già citata Sinatra e la dottoressa Torabi. Il primo si ritrova a gestire i sensi di colpa e le conseguenze del tragico evento presidenziale, ruolo che Brown interpreta con l’ormai consueto mix di determinazione e tormento interiore. Cal Bradford, nonostante sia defunto, rimane una figura presente grazie a sapienti flashback tipici dello stile di Fogelman: scorci del passato che permettono allo spettatore di capire meglio le motivazioni e il carattere del Presidente. Sinatra emerge come una donna dall’animo pragmatico, mossa da obiettivi che vanno al di là del potere economico, e la dottoressa Torabi rivela sfaccettature inaspettate, non solo come supporto psicologico ma anche come individuo segnato da propri conflitti e dubbi etici. Ognuno di loro ha una morale non definita in bianco o nero, favorendo un racconto corale in cui ogni personaggio mostra luci e ombre.

PROSPETTIVE FUTURE E UN PRIMO BILANCIO


Tornando alla questione del tono “generalista,” i primi tre episodi di Paradise confermano in parte i timori iniziali: la serie mescola elementi di thriller politico con una componente fantascientifica che tende a “legittimare” certe scelte narrative più spettacolari o comunque meno realistiche. Per alcuni spettatori, questo potrebbe risultare eccessivo e allontanare la serie dal realismo che solitamente contraddistingue i migliori prodotti di stampo politico.
D’altra parte, chi ha apprezzato This Is Us per la capacità di alternare dramma e leggerezza, non si stupirà di ritrovare questa firma di Fogelman. A prescindere dai gusti, non si può negare che Paradise cerchi di stupire e mantenga un ritmo incalzante, ma è anche vero che sembra utilizzare i flashback in maniera forse un po’ troppo votata al plot twist. Ad ogni modo piacevole ma, ecco, magari non così vicino al termine “capolavoro”.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Plot twist con cui si chiude il primo episodio
  • Regia ed inquadrature
  • Cast di rilievo
  • Utilizzo dei flashback
  • Puzza un po’ di serie generalista

 

Le prime tre puntate gettano solide basi per un racconto che potrebbe evolversi in molte direzioni. Il cast di rilievo, le storyline ricche di sfaccettature e i flashback inseriti con una certa maestria promettono un intreccio variegato. Tuttavia, rimangono alcuni punti di incertezza: l’identità ibrida del progetto, a metà tra un sofisticato drama e un family thriller con tinte fantascientifiche, potrebbe creare aspettative disattese in parte del pubblico. Dan Fogelman si muove in un territorio che, almeno finora, padroneggia bene: storie corali raccontate tramite flashback, personaggi moralmente ambigui e colpi di scena emotivi.
Resta da vedere se Paradise saprà capitalizzare sul potenziale e bilanciare le diverse anime della serie, convincendo tanto gli estimatori del suo stile quanto coloro che speravano in una serie più adulta e autoriale. I primi tre episodi, con i loro difetti e pregi, lasciano comunque intravedere una ragionevole promessa di intrattenimento.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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