The Bear 2×03 – SundaeTEMPO DI LETTURA 5 min

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The Bear 2x03The Bear è riuscita nel difficilissimo compito di riportare in un attimo alta l’attenzione dello spettatore con il suo secondo appuntamento. Il dramma della scorsa stagione con il suo happy ending dolceamaro, infatti, è stato controbilanciato in questa seconda da un nuovo dramma e un nuovo impegno richiesto a Carmy e compagni per riuscire finalmente nel compito di aprire un nuovo ristorante. Un rinascere dalle ceneri per cercare di venirne fuori migliori, insomma.
Tra problemi economici, costanti nel mondo della ristorazione, la ristrutturazione in tre mesi del locale e nuove dinamiche tra i personaggi, in questo nuovo ciclo di episodi le premesse ci sono tutte e, come volevasi dimostrare, Storer non delude le aspettative e riesce nell’intento.
Il colpo di genio è quello di concentrare in questa seconda stagione un tema che potrebbe apparire banale ma che in realtà non lo è. Infatti, la riapertura del ristorante, che si configura però come una nuova apertura, in cui in partenza di sicuro c’è solo il locale, che ha bisogno tuttavia di una seria ristrutturazione, è un passo fondamentale. Lo spettatore può già immaginare quante sfide i personaggi dovranno affrontare: l’ansia e la preoccupazione in primis, seguite dal problema economico e sicuramente dissapori tra i membri dello staff ma anche con le istituzioni.

HO GOOGLATO “DIVERTIMENTO” QUALCHE GIORNO FA


Carmy: “I Googled “fun” the other day: what provides amusement or enjoyment. That’s what it means. I am, uh, currently opening a restaurant that’s providing zero amusement or enjoyment. Um… No, no, I’m kidding, it’s, um… it’s okay. I’m, uh… I don’t know, I-I-I’m trying to start from a-a healthy place. A-a-a positive place. And, um… yeah, that’s the goal, right?
I think when I was a kid, um, anything that would give me any sort of excitement or-or-or amusement or enjoyment, uh, it always got kinda fucked. You know, I-I don’t think my family meant to ruin it or anything like that, you know. I-I don’t think they did it on purpose. But I-I think… sometimes they just, they try too hard. You know, or they’d make promises that they weren’t able to keep. Have to remind myself to breathe sometimes. I, um, have to remind myself to, uh… to be present, you know. Remind myself that the sky is not falling, that, um, there is no other shoe, which is incredibly difficult because there is always another shoe.
I don’t know. I think, um… You know, maybe if I could provide more-more-more amusement or-or enjoyment for myself, it would be easier to, uh, to provide for others, you know. I don’t know. Um… Yeah. Anyway, I’m happy to be here. Thank you, guys. Thanks for letting me share.”

Ed è così che The Bear affronta il più grande dei dilemmi sul posto di lavoro: è possibile lavorare e rendere il luogo di lavoro un posto piacevole o addirittura divertente? Come si può fare con la famiglia? E gli amici? È davvero possibile oppure si tratta di un unicorno? Carmy affronta questo tema nei primi minuti di Sundae e Storer lo mostra in tutta la sua fragilità, con un primo piano che sottolinea lo sguardo perso nei propri pensieri e la riflessione nel suo farsi. La sua risposta a questo dilemma sarà la fuga: non ci vuole molto, infatti, prima che un’affascinante mora lo rapisca dai suoi impegni e lo faccia comportare come uno qualunque. Ma si sa, al cuor non si comanda.
Dall’altra parte della barricata c’è invece Sydney, che si pone le stesse domande ma a cui prova a dare una risposta tramite il confronto con l’esterno. Infatti, girando per Chicago si accorge della situazione del mercato e delle condizioni di lavoro dei suoi colleghi. Si tratta di uno dei pochissimi momenti della serie in cui un personaggio è proiettato per così tanto tempo fuori dal contesto del ristorante, anche se il motivo che l’ha trascinata fuori di lì è proprio la ricerca di mercato. Il suo sguardo sul mondo esterno è fondamentale perché mette in luce un altro aspetto importante sul luogo di lavoro: la fiducia tra partner.

UN FILLER CHE NON LO È DAVVERO


Che cosa succede in Sundae? Assolutamente nulla. Si tratta di un momento come tanti, di una giornata nera come le altre prima dell’apertura del ristorante, eppure Storer è riuscito anche questa volta a dare profondità e tridimensionalità ai suoi personaggi che non agiscono casualmente e sono mossi da precisi motivi. La tensione avvertita nei precedenti episodi tra Carmy e Sydney, infatti, trova qui il suo apice nella lontananza tra i due durante la giornata, una divisione fisica, perché si trovano in luoghi diversi della città e una distanza abissale in termini di intesa professionale.
Sarebbe logico a questo punto aspettarsi di vedere una Sydney che riprende in mano la sua vita trovando un nuovo lavoro, dato che al The Bear è l’unica che sta davvero perdendo qualcosa, tempo prezioso per costruirsi una carriera autonoma e spiccare il volo. E forse è anche ciò che di meglio si potrebbe augurare al suo personaggio, nonostante la consapevolezza che in questo momento proprio lei è The Bear e in questa situazione di estrema difficoltà Carmy non riesce a rimanere centrato sul pezzo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • la scena iniziale con il monologo di Carmy
  • il soffermarsi su un momento di passaggio per sottolineare le cause del conflitto tra Carmy e Sydney
  • Nulla di particolare

 

Che altro dire? The Bear è sicuramente una delle più belle serie tv in circolazione in questo momento e Sundae, che in un altro show sarebbe stato un filler da manuale, qui è diventato un pezzo ben fatto che approfondisce la psicologia dei personaggi anche se non porta avanti la trama in maniera significativa.

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La notte sognivaga passeggia nel cielo ed il gufo, che mai dice il vero, sussurra che sono in me draghi ch'infuocano approdi reali e assassini seriali, vaghi accenti d'odio feroce verso chiunque abbia una voce e un respiro di psicosfera che rende la mia indole quanto mai nera. Però sono simpatica, a volte.

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