The Witcher: Blood Origin 1×02 – Of Dreams, Defiance, And Desperate DeedsTEMPO DI LETTURA 3 min

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The Witcher Blood Origin 1x02 recensioneProseguendo la visione di The Witcher: Blood Origin che qui (fortunatamente) arriva gà alla metà del suo percorso, la sensazione esternata nella recensione del pilot è che questo spin-off soffra di alcune criticità già viste nella serie madre ma che sono un po’ più accentuate in questo caso. Tra tutte: la fretta.
Se da un lato, approcciandosi alla miniserie, l’idea di avere solo 4 episodi invece che che il doppio fa tirare un sospiro di sollievo allo spettatore medio, magari già dubbioso se cliccare “play” o meno, dall’altro sembra subire una sorte di “effetto boomerang” piuttosto imprevisto.
Declan de Barra, già sceneggiatore della serie madre, e la showrunner di The Witcher Lauren Schmidt Hissrich sono le due menti che hanno partorito questa miniserie ma non sembrano aver calcolato perfettamente i tempi necessari per districare la matassa e dare un giusto spazio a personaggi e storyline che, al contrario, sembrano soffrire moltissimo il minutaggio. Un piccolo esempio: la velocità con cui “i tre diventarono quattro” e poi “e così i quattro diventarono sette“.

AND SO THREE BECAME FOUR…


I 48 minuti di “Of Dreams, Defiance, And Desperate Deeds”, al netto dei titoli di coda 43, scorrono veloci e sono sicuramente guardabili senza troppe pretese dallo spettatore che, nonostante il poco tempo avuto finora per empatizzare con i protagonisti, in fin dei conti si può dire già parzialmente coinvolto in una trama ancora poco approfondita.
Le scene d’azione sono sicuramente il cavallo di battaglia della miniserie, indiscutibilmente molto curate e d’effetto, con una buona dose di sangue ma anche una coreografia che sorprende nelle movenze e non risulta mai troppo semplicistica o ripetitiva. Senza i due scontri mostrati in questa puntata il risultato finale sarebbe decisamente più basso e non è un fattore di poco conto considerando che in uno show ambientato nell’universo di The Witcher le battaglie sono un elemento fondamentale che il pubblico richiede a gran voce e pretende di vederle riprodotte anche con una discreta qualità.

AND SO FOUR BECAME SEVEN…


Come già detto, il problema non è nemmeno la trama ma la sceneggiatura che non ha materialmente il tempo di sviluppare degnamente personaggi e storyline. Una sceneggiatura che si vede quindi costretta ad affrettare incontri, scontri, tradimenti e nuove alleanze, il tutto per accelerare la creazione di quel gruppo di guerrieri che è intenzionato ad uccidere la nuova imperatrice.
Se nel pilot sono stati presentati i tre protagonisti (Éile, Scian e Fjall), in questo secondo episodio si aggiungono al gruppo altri quattro nuovi character che però vengono introdotti fin tropo velocemente senza concedere il giusto spazio per permettere sia allo spettatore che agli stessi protagonisti di conoscerli meglio.
C’è anche da aggiungere un elemento molto importante che è stato completamente eliminato dalla narrazione: la componente temporale. Un fattore probabilmente di disturbo per Declan de BarraLauren Schmidt Hissrich ma che sarebbe stato molto utile al pubblico per mettere in prospettiva la durata del viaggio e anche il tempo passato insieme, elemento da non sottovalutare visto e considerato l’improvviso affetto di Éile verso Scian che, in questo caso, sembra essere nato dal nulla.
La sensazione che qualcosa sia andato storto in fase di stesura della trama c’è sicuramente, e forse quel qualcosa si chiama budget ridotto.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Le scene d’azione sono sempre ben realizzate
  • Il pene disegnato sulla testa di Fjall
  • Ritmo sostenuto
  • Tantissima fretta e pressapochezza
  • Assenza di riferimenti temporali che aiutino a contestualizzare il nuovo legame tra guerrieri
  • Il modo in cui i famigerati Sette si uniscono nella quest è troppo veloce e superficiale
  • Le motivazioni dei personaggi continuano a non risultare chiarissime

 

Nel complesso, considerate le limitazioni ma soprattutto le aspettative, questo secondo episodio non riesce a conquistare una sufficienza stiracchiata. Sicuramente una sceneggiatura meno superficiale e un po’ più di tempo a disposizione avrebbero aiutato, sfortunatamente non è questo il caso e quindi le aspettative per la restante metà della stagione andrebbero ridimensionate.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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