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Slow Horses 5×03 – Tall TalesTEMPO DI LETTURA 3 min

08/10/2025
4.5
(4)

Slow Horses 5x03 recensionePurtroppo giunta già a metà stagione (questa serie dura sempre troppo poco per il gradimento che lascia dietro di sé), Slow Horses inizia a delineare un quadro sempre più chiaro per la sua trama stagionale.
Il piano terroristico, infatti, assume contorni più netti mentre i pezzi del puzzle iniziano a comporsi tra loro. Ma, come al solito, è la doppia faccia del team di Lamb a movimentare l’episodio, con il connubio perfetto che li caratterizza fatto di ironia, stramberia e lampi di efficacia.

“Fuck me. You lot were really paying attention for once.”

IL SOLITO PARADOSSO DI EFFICIENZA


Come già previsto nella scorsa recensione, il lockdown imposto ai membri della Slough House regala soddisfazioni narrative.
I siparietti comici tra i vari personaggi non risparmiano nessuno, con Lamb ovviamente a tenere banco, ma anche River, Shirley e un Coe sempre più integrato nelle strambe dinamiche del team, che funzionano in modo egregio. Ma è soprattutto la caratteristica ibrida di Slow Horses a donare al racconto quell’elemento in più che fa salire il livello delle scene. Il sarcasmo e la stupidità sono, infatti, sempre ben distribuite e amalgamate con i momenti più seri, dove anche il drama si prende la sua giusta parte.
In questo episodio, è il racconto di Lamb a creare quel momento più crudo che costruisce un’ottima tensione narrativa. Un passaggio ben sviluppato che, attraverso pochi gesti e sguardi, porta subito lo spettatore a capire il doppio gioco, ma, nonostante questo, non perde di efficacia. La scena nello studio di Lamb, infatti, dona al contesto la giusta dose di serietà e potenza emotiva in una situazione paradossale, per poi terminare con la solita rocambolesca dose di efficiente comicità.
Ma se all’interno della Casa nella Palude il sarcasmo la fa sempre da padrone, anche nelle sale sotterranee dell’MI5 non si scherza. Le scene di Ho sono come sempre surreali e i dialoghi tra lui e la Taverner raggiungono livelli di assurdità elevata. Il tutto, mentre si scopre la non tanto velata stupidità di Roddy che lascia tranquillamente incustoditi i database dei servizi segreti.

NATHAN SINDACO NEL MIRINO


Dal punto di vista della trama orizzontale, la storyline inizia a delinearsi in maniera più corposa. Uno sviluppo narrativo che segue un percorso preciso, strutturato e ben confezionato.
A partire dall’idea discussa nella Casa nella Palude, della lista di destabilizzazione messa a segno dai terroristi. La presa di coscienza del piano e l’accompagnamento nella spiegazione anche agli spettatori, funziona in modo egregio, grazie alla solita vena comica condita dai continui battibecchi tra i membri del team. Dal creare caos nel pubblico, mettere in crisi il traffico e poi turbare i media, fino ad arrivare all’apice del piano con l’uccisione di un leader populista, lo schema che si delinea acquista senso e porta la storia ad aumentare di carattere pratico.
Protagonista di questa situazione, è il personaggio interpretato da Nick Mohammed. Il suo character era ovviamente sembrato centrale ai fini della trama sin dalla season premiere. Sindaco di Londra in cerca di un secondo mandato, Zafar Jaffrey adesso si prende il primo piano anche attraverso l’inserimento del figlio. Il coinvolgimento del ragazzo negli atti di terrorismo crea così un legame più stretto con il personaggio di Zafar, seppur solo come pedina: rimane sempre palese come il fine ultimo sia davvero l’uccisione di un esponente politico. E qui, c’è ancora da chiarire lo scopo dei terroristi e del loro piano che per ora procede a scaglioni. Ma per questo, fortunatamente ci sono ancora tre episodi.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • La storia di Lamb: dal racconto cupo, all’ovvio e rocambolesco finale
  • Le solite dinamiche del team
  • Dialoghi Roddy-Taverner surreali
  • La lista di destabilizzazione che dà forma al piano terroristico
  • Il personaggio di Zafar poco coinvolgente nonostante la centralità nella trama 

 

Metà stagione e la storia inizia a definire la sua forma. Una trama convincente che viene come sempre resa più interessante dai protagonisti che sanno aggiungere mordente ad ogni situazione.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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