Dopo un’ennesima stagione che sembra durare troppo poco, Slow Horses si congeda nuovamente dal suo pubblico. Una pausa non destinata a durare: la serie è infatti già rinnovata per altre due stagioni, con la sesta già pronta, come dimostrato dal trailer andato in onda subito dopo i titoli di coda di questo season finale.
Come sempre, anche le prossime stagioni faranno riferimento ai restanti romanzi della serie di Mick Herron, precisamente i prossimi saranno Joe Country e Slough House (per la sesta stagione) e Bad Actors (per la settima).
Intanto, quella appena conclusa è stata basata sul quinto romanzo intitolato London Rules.
“Moscow rules, watch your back. London rules, cover your arse.”
OBIETTIVO CENTRATO
Slow Horses è sempre stata una serie funzionale sotto tutti i punti di vista. Sceneggiatura, regia, comparto tecnico e, ovviamente, performance attoriali. Andando avanti con le stagioni, la qualità si mantiene ancora alta, anzi, forse migliora addirittura, solitamente evento più unico che raro.
Per tutte queste ragioni, è facile chiudere un occhio quando si assiste a piccole situazioni un po’ paradossali. L’inutilità dell’MI5 inizia, infatti, a sembrare un po’ ridicola, dato che ogni indagine viene sempre portata a compimento dal team di Lamb, anche più scaltro nel scoprire altarini e sventare attacchi. Come detto, però, soprassedere è facile quando il risultato finale è l’ennesimo ottimo episodio che non risulta mai forzato o esagerato.
Ancora una volta, la squadra della Slough House porta in scena una doppia facciata. Da un lato c’è sempre l’assurda ironia che li contraddistingue, dall’accoppiata Standish – Lamb, comica ma funzionale, fino al duo River – Shirley sempre più in “sintonia”, ma non nel senso letterale del termine.
Con il cambio costante di membri della squadra, poteva risultare difficile far amalgamare al meglio i vari character, invece Slow Horses sembra eccellere anche in questo frangente. Al momento, la coppia composta da River e Shirley, con il loro costante e pressante battibeccare, funziona benissimo, coadiuvato dall’inserimento nelle dinamiche di Coe che aiuta a comporre un quadro assurdamente caratteristico, ma sempre coerente con lo stile della serie.
LO STALLO DI RIVER
Sin dalla prima stagione, l’obiettivo di River è stato quello di tornare a far parte dell’MI5. Uno scopo a cui lo spettatore non ha mai creduto, sia per praticità narrativa, sia per meriti reali che potevano essere riconosciuti al character interpretato da Jack Lowden.
Le dinamiche occorse in “Scars” risultano per questo ambivalenti. Da un lato c’è la sorpresa per un obiettivo davvero a portata di mano, con il salvataggio di Whelan da parte di River che assume i contorni di un’ottima azione da vero agente. Dall’altro lato, però, non sorprende di certo il risvolto finale, con la “bocciatura” da parte di una Diana Taverner finalmente diventata First Desk. River è destinato a rimanere alla Casa nella Palude e, per quanto dispiaccia per il personaggio che questa volta più del solito si era meritato la promozione, questo stallo nell’equilibrio fa solo bene alla serie e alle sue dinamiche future.
Da questo punto di vista, infatti, non va dimenticata la centralità di Cartwright senior nella storia e, in questa stagione, messo un po’ in disparte. Si attende ancora con ansia, infatti, un approfondimento di quel flashback mostrato stagioni fa dove tra lui e Lamb sembrano nascondersi segreti di portata ben maggiore.
IL PASSATO DI JACKSON LAMB
Parlando di flashback, viene in mente come ben poco si conosce ancora del passato di Jackson Lamb. Per questo, di grandissimo impatto è l’ultima scena che mostra la pianta dei piedi di Lamb completamente ustionata: questo elemento va così a collegarsi alla storia raccontata dallo stesso nel terzo episodio, un racconto che al momento sembrava essere fine a sé stesso e utile solo per l’evasione di massa della squadra, ma che invece nascondeva molto altro.
Come sospettato da Catherine, che conosce davvero la pericolosità e l’orrore passato dagli agenti sotto copertura durante gli anni della Guerra Fredda, il protagonista di quella macabra storia era proprio Jackson Lamb. E questo sprazzo di passato funge da potentissimo elemento per carpire un po’ meglio questo complesso e sfaccettato personaggio.
| THUMBS UP 👍 | THUMBS DOWN 👎 |
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Ennesimo ottimo finale per Slow Horses, dove alla solita azione condita da ironia pungente questa volta si è lasciata intravedere una parte più emozionale del solito. Un accumulo di conseguenze che non si vede l’ora di esplorare in futuro.
