The Studio 1×07 – CastingTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Studio 1x07 recensioneEra dalla series premiere che non se ne sentiva parlare ma, alla fine, sembra che questo film in stile Barbie della Kool-Aid si farà. E chi mettere nel cast? Ecco, questo è esattamente il tema della puntata in questione, un episodio che dura solo 24 minuti ma che, come si può immaginare, è stato ovviamente molto difficile da realizzare (soprattutto in fase di scrittura) per via di tutto il politically correct e del movimento D&I (Diversity & Inclusion) che è sempre (e anche giustamente) più preponderante ad Hollywood.
La questione quindi è piuttosto delicata, soprattutto negli Stati Uniti dove le varie minoranze si sentono, per l’appunto, come minoranze non rappresentate e quindi è abbastanza chiaro che da un po’ di tempo i vari produttori hollywoodiani stiano prestando un po’ più di attenzione a come vengono fatti i casting delle varie serie tv e film. Motivo per cui anche agli Oscar o agli Emmy sono assurti agli onori della cronaca i vari Shōgun, Beef, Everything Everywhere All At Once, giusto per citarne alcuni.
Quindi per affrontare la questione che è un po’ sulla bocca di tutti, specialmente in California, una serie tv come The Studio è semplicemente il posto giusto al momento giusto.

Maya:Thank God they didn’t mention race.
Sal:No shit. We dodged those bullets.

BIANCHI, NERI, LESBICHE E 0,36% ASIATICI


La scelta di affrontare una tematica di questo tipo è estremamente coraggiosa e sicuramente non sarebbe stata possibile in un canale generalista come ABC, FOX o CBS. Quindi Apple TV+ si dimostra piuttosto istrionica da questo punto di vista e sia il duo Seth Rogen/Evan Goldberg, sia la penna che ha firmato la sceneggiatura, cioè Alex Gregory, possono fregiarsi di essere andati oltre il limite consentito dal politically correct. Che è un po’ anche il motivo per cui si guarda The Studio dato che Rogen e Goldberg sono rinomati per spingere il limite sempre e comunque.

Matt:He is black! […] Oh shit did we do something racist?

Il punto principale però rimane sempre e solo uno: quand’è che il tentativo di colmare un vuoto o un deficit rappresentativo diventa una forzatura che fa il giro e comincia ad essere percepita dalla gente come sbagliata qualsiasi cosa venga decisa?
E questo è un po’ il punto del discorso che “Casting” tenta di rappresentare nel migliore dei modi, ovvero mostrando una varietà di punti di vista e possibili preoccupazioni nate dalla rappresentazione delle “famiglie” messe nel cast del film di Kool-Aid. Senza contare il fatto, anche piuttosto divertente, che il character animato della Kool-Aid sia percepito all’unanimità come un afroamericano. Ed ecco quindi che nascono le diverse correnti, a volte eccessive, a volte diametralmente opposte e, fondamentalmente, mai universali. Senza nemmeno considerare la geniale scelta di mostrare anche l’altro lato della medaglia, ovvero degli sceneggiatori non afroamericani che si sentono a disagio nello scrivere una sceneggiatura di un film composto solo da afroamericani, vuoi per la paura di sentirsi accusati di “appropriazione culturale”, vuoi perchè effettivamente non si sentono le persone giuste per il ruolo.

Ziwe:Is her color black?
Sal:The color is… korean.
Matt:Is that bad?
Lil Rel Howery:Well, it’s bad if you are implying that a black woman is not good enough to be with a successful black man like Kool.

Quello che funziona di più in questo episodio, che è oggettivamente impossibile da criticare, è il fatto che mette in scena esattamente quello che la gente comune crede che accada nel dietro le quinte delle produzioni hollywoodiane. Ovvero un casting fatto a tavolino con diverse forzature e una svalangata di paranoie mentali per soddisfare tutte le minoranze, o per meglio dire evitare più critiche possibili, critiche che ormai compaiono e incendiano le polemiche intorno a qualsiasi film. E di recente è accaduto anche con il flop Disney di Biancaneve.
Quindi il finale con polemica sull’utilizzo dell’AI è più che perfetto: ci sarà sempre una polemica su qualcosa ed è impossibile soddisfare tutti nel panorama attuale.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • La spirale di politically correct in cui si scivola è rappresentata alla perfezione
  • Polemica a sorpresa su AI
  • Regia e piani sequenza come al solito
  • Assolutamente niente

 

Oggettivamente non si può dire assolutamente nulla se non: grazie Seth Rogen, Evan Goldberg, Alex Gregory e Apple TV+ per aver avuto le palle di fare un episodio come questo.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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