R.I.P. (Recenserie In Peace) – AliasTEMPO DI LETTURA 6 min

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Daredevil, Elektra, 30 Anni In Un Secondo, The Kingdom. Cos’hanno in comune questi quattro lungometraggi? In apparenza, assolutamente niente: i primi due sono discutibili cinecomics di inizio secolo che potevano certamente essere trattati meglio, l’altra è una commedia abbastanza sottovalutata e l’ultimo è un action movie dai toni drammatici piuttosto sconosciuto che meriterebbe la sua fetta di attenzione. Dunque, che hanno in comune questi quattro film? Un solo nome nel cast: Jennifer Garner, un attrice su cui ci si potrebbe perdere una serata davanti a una birra e un panino a parlare di cosa sa fare, cosa non sa fare, se si impegna o meno e se sia portata per tipologie di pellicola al di fuori della commedia…il punto, è che oggi non è quella serata. E’ un po’ lo stesso discorso che si fa per John C. McGinley: obiettivamente, non ha mai rimediato parti eclatanti e di spessore, ma quando si parla del suo ruolo come il Dottor Perry Cox nella sitcom Scrubs, le acque si aprono manco se stesse passando Mosè e la gente si inginocchia ai suoi piedi ripetendo “Non siamo degni! Non siamo degni!” come facevano Mike Myers e Dana Carvey in Fusi Di Testa mentre erano al cospetto di Alice Cooper (tra parentesi: scommetto che c’è stata gente che ha esclamato “E questo chi cazzo è?” quando ho scritto il vero nome dell’attore). Nemmeno Jennifer Garner è esente da questo discorso, nemmeno questa attrice su cui si potrebbe dire di tutto…tranne che mettere in discussione il suo ruolo come Sydney Bristow, la protagonista del telefilm Alias, serie TV che ha lanciato
l’attrice verso la notorietà. Alias vede protagonista la sopracitata Sydney Bristow, studentessa dell’università e aspirante maestra, che condivide l’appartamento con la sua migliore amica e si mantiene gli studi con un modesto lavoro in banca…o meglio, più che “modesto lavoro” dovremmo dire “modesta copertura”, perchè la Bristow
(in realtà) lavora per una branca della CIA, l’organizzazione super-segretissima SD6 che fa “quello che la CIA non può fare”.
Supervisionata dal padre Jack Bristow (Victor Garber) con cui non ha un bellissimo rapporto, Sydney fa del suo meglio per proteggere la nazione a stelle e strisce dai nemici che la vogliono vederla bruciare. Ma pure nella trama, il bellicoso regista J.J. Abramas non vuole proprio smettere di bombardarci di colpi di scena, dato che quando il fidanzato della protagonista le chiede di sposarlo, questi accetta ma rivela al futuro marito cosa fa davvero nella vita; non potendo permettere in alcun modo che la segretezza del SD6 venga messa a repentaglio, il suo capoccia Arvin Sloane (Ron Rifkin) ordina di uccidere lei e il suo consorte. In un twist di adrenalina, si scopre che per tutto questo tempo Sydney ha lavorato per un organizzazione che mirava a distruggere gli Stati Uniti, realizzando che per tutti questi anni ha lavorato per il nemico. In un stato d’animo che può essere riassunto solo come “incazzata nera”, Sydney deciderà di vendicare il torto subito lavorando per la vera CIA come agente infiltrato nel SD6 al fine di carpire informazioni vitali e distruggerlo dall’interno. Inutile dire che la trama, visto chi muove le fila, si evolverà in qualcosa che andrà ben oltre l’immaginazione dello spettatore, trovandosi di fronte una serie tv incentrata sullo spionaggio (e che spionaggio! James Bond, mangiati il fegato) che si mischierà spesso e volentieri con elementi sci-fi e una punta di misticismo. Eppure, come tutte le cose belle, esse sono destinate a finire…così come la prolificità di Abrams, ma a questo ci arriviamo col tempo.
Alias andò in onda sulle reti Americane dal 2001 fino al 2006, per 5 stagioni e totale complessivo di 105 episodi dalla durata di 45 minuti l’uno. Costellata da un cast splendidamente in parte fatto da attori ricorrenti o special guest per ruoli minori ma memorabili (ricordiamo una apparizione speciale di Quentin Tarantino) e da ogni genere di personaggio (dal sadico narcisista, all’hacker pazzoide, all’algida stronza o al boyscout perbenista), da un ottimo uso dei cliffhanger, dei flashback e della citazioni che hanno reso grande il genere spy, di una trama intricata ch esplora il mondo e il passato di Sdyney e il cattivoassoluto, Arvin Sloane nella loro sfida per carpire il segreto dell’inquietante Rambaldi e farne proprio; segreto che darà il via alla maggior parte delle macchinazioni della serie tv e vita al triangolo della morte tra la Bristow e il suo nemico giurato sin dal primo episodio. Come dimenticare poi i travestimenti mozzafiato della sempre bellissima Jennifer Garner? Come dimenticare l’adrenalina che faceva saltare sul divano come scimmie urlatrici durante le scene d’azione accompagnata da musiche a tutto volume? Oppure tutti quei bei episodi ambientati in diverse parti del mondo o quelle belle conversazioni sull’etica, sul fatto di fare un lavoro che significa il male di pochi ma il bene di milioni. Eppure perchè, pure io che scrivo, ho la sensazione che presto arriveremo ai “contro” della serie? Beh, perchè è proprio questo momento.
Sostanzialmente, per quanto sia un telefilm memorabile e assolutamente da guardare, l’unico vero contro delle 5 stagioni di Alias è anche il suo pro: il creatore/regista/sceneggiatore J. J. Abramas. Non mi sento di santificarlo come fa la maggior parte della gente che guarda i suoi lavori, anche perchè Abramas ha delle pecche che, purtroppo, ancora oggi non riesce a curare. Una volta che il creatore di Lost ha individuato la formula per far si che il suo pubblico si interessi della sua nuova creatura, questo ci fa quello che vuole pur mantenendo inalterata la formula degli episodi; il punto è che tutte le sue opere non sono una cosa statica e la trama si evolve…a volte più di quanto lui stesso non voglia ammettere e scommetto che più di una volta le cose gli siano sfuggite di mano, e quando le cose cominciano a prendere una piega troppo grossa purtroppo Abrams non è capace di cambiare formula.
Per riassumente il tutto, lo stile di Abrams è come la canzoncina da tormentone delle pubblicità: alla lunga, rompe i coglioni; dopo 3 stagioni di indiscutibile bellezza, dalla 4° in poi ci sono sviluppi che potevano essere gestiti meglio, personaggi nuovi che vista la loro utilità potevano stare dove stavano (cioè, nella testa di J.J.) e riutilizzo di vecchie espedienti narrativi già visti e che con la nuova direzione della trama avevano poco senso…senza parlare
del finale che lascia l’amaro in bocca (pur finendo bene).
Ma nonostante tutto, come diceva un certo Goethe: “dove la luce è più forte, l’ombra è più nera”. Con questo non voglio dire che i difetti di Alias siano direttamente proporzionali ai suoi pregi, solo che non si è mai vista un opera esente da difetti (escluso Watchmen, ma quella è un’altra storia), anche perchè sono fatte da persone che rientrano nella categoria “esseri umani”e dopo quanto ci ha regalato, pretendere di più da J.J. Abrams e la sua crew sarebbe stato davvero da insensibili e da caproni senza un briciolo di obiettività e passione. Alias è uno spettacolo a cui non potete privare i vostri occhi e, se dovesse piacervi così tanto come piace al sottoscritto, i vostri scaffali saranno sicuramente orgogliosi di ospitare i cofanetti del dvd da riguardare ogni volta che volete
essere ammagliati dalla bellezza del mondo compatto e tridimensionale di Sydney Bristow.

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