Sulla carta qualsiasi episodio che non sia focalizzato sul protagonista principale è, per essere gentili, una sorta di terno al lotto; più facilmente questo tipo di
riempitivi esperimenti finiscono per essere un mero fallimento sia in termini qualitativi che narrativi ma soprattutto di tempo, con uno spettatore che termina l’esperienza visiva senza aver tratto valore aggiunto dalla visione e, anzi, si trova probabilmente spazientito. Insomma, si tratta di quel genere di episodi che generalmente hanno senso dal punto di vista di una serie che va in onda su un’emittente generalista tipo ABC, CBS o NBC, e sono tendenzialmente composte da stagioni di 20-24 episodi in cui, ovviamente, gli sceneggiatori raschiano il fondo del barile per nuove idee.
Lunga premessa per presentare il caso di “The War“: un episodio che non ha Seth Rogen per protagonista ma, come fatto intendere poco sopra, ha due supporting character che si prendono sulle spalle l’intera puntata. E, considerando quanto detto finora, si potrebbe pensare di essere davanti ad un’altra puntata di questo tipo, però non è affatto questo il caso. Così come si può vedere dal voto dell’episodio.
SMILE VS WINK
Uno degli elementi nel DNA della serie che funziona maggiormente (e che fa anche impazzire positivamente gli addetti ai lavori) è la presa in giro piuttosto verosimile di come avvengano certe conversazioni e decisioni su franchise e remake. Il sarcasmo di fondo, così come anche quella sorta di veridicità che fa pensare allo spettatore “mi immagino che sia accaduto proprio questo“, è ciò che piace di più di The Studio e quindi, di riflesso, in questo episodio non si può che apprezzare questa presa in giro di Smile, con tanto di tanto di regista del franchise Parker Finn che si presta alla sceneggiata. Sceneggiata che in realtà puzza un po’ anche di una mezza riflessione da parte dello stesso Finn che, pur essendo autoironico in questa sua interpretazione di sé stesso, dopo Smile 2 è in realtà già al lavoro su Smile 3 e su un altro horror.
Il concetto dell’horror splatter a basso budget come modo di creare profitto, per quanto divertente nel modo in cui è presentato qui, è però piuttosto reale e oggettivamente non si fatica a credere che ci siano case di produzione (coff coff, Paramount Pictures per Smile, coff coff) che ragionino esattamente seguendo questo tipo di logica. Onore e gloria a tutti per giocare onestamente mettendosi allo scoperto con questo tipo di teorie.
SAL VS QUINN
Dietro la creazione o meno di Wink, scopiazzatura di Smile, ci sono però Sal e Quinn: ciascuno con una versione completamente diversa di come Wink dovrebbe essere, ciascuno con un proprio regista/araldo, ciascuno con un’ambizione diversa alle spalle.
Il motivo per cui “The War” funziona anche senza un grosso minutaggio di Seth Rogen è principalmente quello della tridimensionalizzazione del cast secondario, fatto attraverso una faida per accaparrarsi il regista e l’approvazione di Matt. Una faida utilissima per dare spazio a personaggi, tipo Quinn, che altrimenti sarebbero rimasti sullo sfondo quando invece risultano molto piacevoli, specie se messi l’uno contro l’altro. A tal proposito sia Chase Sui Wonders che Ike Barinholtz hanno un’ottima chimica e non gli si può dire assolutamente niente, anzi, viene quasi da sperare di poter vedere queste dinamiche di nuovo in futuro.
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Arrivati a metà stagione, The Studio continua a volare altissimo con un altro episodio praticamente perfetto.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.