DUE ANIME CHE CONVIVONO
Pochi sono i prodotti italiani che possono vantare un livello di qualità in termini di credibilità e di resa scenica, Suburra è decisamente uno di quelli. La serie racchiude due anime che da sempre equilibrano la narrazione e coabitano in maniera pacifica.
La prima è quella che mira ad atteggiamenti iconici e dialoghi da memorandum, con l’intento di lasciare nell’immaginario seriale due personaggi intramontabili ai quali spetta una vita eterna dopo la fine della serie. Aureliano e Spadino, resi ormai immortali, raffigurano l’aspetto più teatrale e ludico della serie che utilizza in maniera intelligente il topos del gangster adattandolo alla Roma degli anni ‘2000, senza mai incorrere nel facile rischio di macchiette e caricature imbarazzanti.
L’altra anima della serie è la ricerca di una quanto più possibile aderenza alla realtà che fa di Suburra un racconto credibile e affascinante, offrendo spunti di riflessione e punti di vista interessanti, declinando la storia sotto ogni aspetto, quello criminale, quello politico e quello umano.
Il racconto di Suburra parte dai bassifondi della Capitale e percorre la rete fognaria che districandosi per tutto il sottosuolo romano porta dritta ai piani più alti dei palazzi del potere, in una descrizione cruda e secca della realtà. Senza sacrificare goliardia e scene d’azione, la serie tratteggia uno scenario nostrano poco edificante, in una attenta analisi dei temi più attuali e salienti che passano tutti attraverso il corruttibile animo umano.
MA, E A QUESTO PUNTO DEL DISCORSO C’E’ SEMPRE UN MA
Tuttavia pare chiaro che la piega presa da quest’ultima stagione viri più verso una narrazione-omaggio dedicata al duo criminale, con un racconto politico ormai sbiadito e personaggi secondari scritti en passant e poi dimenticati. L’esempio migliore è Amedeo Cinaglia, che continua a transitare da un episodio all’altro incontrando gente per riempire il proprio minutaggio, senza che mai venga ben delineato il suo intento, la sua ambizione o la sua sete di potere, diventando così un personaggio superfluo scritto solo in funzione di raccordo e scompiglio da portare tra gli esponenti del potere e i criminali dei bassifondi.
Ma ciò che lascia maggiormente interdetti è che dove siano finiti tutti i personaggi della scorsa stagione non è dato saperlo: Sara perde centralità d’improvviso senza che la sua storia abbia un epilogo; Adriano, dopo l’importante ruolo ricoperto nello scorso finale di stagione, viene congedato senza troppe spiegazioni; e nessuno ha mai parlato di Cristiana, la poliziotta che cede alla corruzione e al fascino del potere, sparita silenziosamente nel nulla.
UN GIORNO IN PRETURA
Di fronte al collegio degli anziani della famiglia Anacleti, Aureliano non ha poi molto da dire. La scena è carica di tensione e riesce, pur con qualche strafalcione caricaturale, a trasmettere la frattura che si è appena creata nel sodalizio criminoso tra le due famiglie. Se da un lato Spadino non sembra ancora aver capito di non detenere più alcun potere sul suo clan (ammesso che lo abbia mai detenuto) dall’altro lato nemmeno Aureliano, ben più navigato dell’amico, possiede una nitida percezione della realtà, prendendo troppo sottogamba la situazione.
L’unica ad aver bene inteso che lo status quo delle cose sta cambiando è Angelica, unico personaggio secondario scritto non in funzione di qualcosa o qualcuno, ma caratterizzato da una crescita personale che l’ha portata al tavolo dei giochi di potere. Un vero peccato sacrificarla in una scontata e noiosa narrazione di friendship con Nadia.
L’URBE CRIMINALE
Lo sfondo di una Roma corrotta e il dipinto realistico dei giochi che avvengono sottobanco sono ormai temi del tutto abbandonati. Il risultato è purtroppo una serie di episodi riempitivi e inconcludenti che rischiano di far diventare Suburra una caricatura di sé stessa.
Dal quadro di questi primi episodi, quello che emerge chiaramente è che Suburra ha rinunciato all’ intento descrittivo, sacrificando l’attenzione che ha sempre riposto nella scrittura di una società infetta e viziata a favore di un animo più caricaturale, che vuole Aureliano e Spadino come gli unici personaggi su cui concentrarsi. Anche il quarto episodio riconferma pregi e difetti di questa precaria terza stagione e getta le basi per un finale di serie probabilmente già preannunciato: il filo sottile su cui poggia l’alleanza Adami-Anacleti comincia a vacillare e silenziosamente comincia a farsi largo la taciuta e amare verità. Roma non ha spazio per due Re.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.