The Crown 4×03 – FairytaleTEMPO DI LETTURA 3 min

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“Whatever “In Love ” means.”

 

“Fairytale” si può tranquillamente definire come il più dirompente episodio di questa stagione di The Crown. Forse anche dell’intera serie.
Mai come ora si è riusciti a centrare il nervo scoperto che affligge la famiglia reale in tutta la sua tragica essenza: l’impossibilità di capire cosa sia l’amore e, soprattutto, cosa rappresenti nella vita di ogni essere umano, a prescindere che questi sia una regina o un futuro re.
L’episodio è quasi totalmente dedicato alla neo principessa consorte Diana Spencer, nella fantastica recitazione di Emma Corin, seguendo tutto il periodo di fidanzamento che la porta al matrimonio con Carlo, un altrettanto bravo Josh O’Connor.
Va subito chiarito un punto: mai come in questo episodio si apre quel corto circuito nella testa e nella memoria dello spettatore che rilegge gli avvenimenti col senno di poi, cercando di capire il perché di certe scelte e motivazioni. Si sa cosa rappresenterà la storia tra i due e il suo tragico finale agli occhi dell’umanità (no, non si pensa di esagerare in questo caso) quindi tutta la regia e gioca a creare quella connessione diretta, fatta di fiducia, tra Diana e il mondo dell’uomo qualunque. Nello stesso modo con cui Diana approccia le lettere dei sudditi: paziente, risponde una alla volta fino ad esserne sopraffatta. Diana è stata sempre rappresentata come il punto di connessione reale tra il mondo fuori e dentro Buckingham Palace. È stato però anche il suo punto di rottura, mantenendo quel consenso anche dopo aver abbandonato la famiglia reale, riuscendo in qualche modo a sconfiggere quel mostro che l’avvolgeva da anni: la ragion di stato.
Come detto, la regia è semplicemente perfetta nel perseguire i suoi intenti e, nonostante sarebbe troppo facile farlo, non indugia particolarmente nella troppa commiserazione per la povera principessa. Offre anzi spunti interessanti come, per esempio, quando suggerisce che entrambi i giovani sposi scelgano comunque di perseguire quella strada infausta, apparentemente seguendo anche la loro volontà. Forse sarebbe meglio dire illudendosi di farlo.
Un sapiente uso degli sguardi e dei primi piani, oltre ad evidenziare quanto la scelta del casting sia stata perfetta, aumenta le capacità recitative dei personaggi. Si sa che un vezzo di Diana fosse fare gli occhi da “cerbiatta” in pubblico ma anche nelle scene dove si trova da sola, quindi libera di esprimersi, offre allo spettatore un mezzo per guardare quel mondo proprio coi suoi occhi. Un mondo tremendamente eccitante e allo stesso tempo mortalmente distante.
Si pensi anche alla splendida scena di pianto di Carlo la sera prima del matrimonio di fronte alla sempre distante regina. Esemplificativo di quanto tossica sia la vita in quel mondo rigido, che non lascia spazio al desiderio ma solo al culto di una ritualità vuota ma necessaria.
Solo Camilla Parker lo conosce veramente ed è innamorata del Carlo vero, mentre Diana sembra essersi infatuata di un’idea dell’amore.
Allora la domanda che Carlo pone di fronte alla stampa scava molto più a fondo di tante altre. In realtà nessuno, giornalisti in primis, sa la verità e tutti sembrano essersi drogati all’idea che si sono fatti di esso. Un’idea lontana dalla realtà che nessuno vuole vedere.
Infine, rimane il resto della famiglia. Al solito ognuno svolge il ruolo che deve avere, come da prassi. Anche chi sembrerebbe voler intervenire come  la stessa principessa Margaret. Ma anche lei non va mai oltre il ruolo ormai dipintole addosso di cassandra della famiglia reale.
Tutto procede quindi come deve procedere nonostante tutti sappiano la verità.
L’importante è vendere al mondo la perfezione.
Come nelle favole che il titolo suggerisce.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Banalmente tutto è perfetto
  • La tragica fine di questa storia d’amore sbagliata

 

The Crown non sbaglia un colpo finora. Ogni episodio è un’esperienza. Tutto è incredibilmente perfetto ma si sta parlando della serie, non della magica coppia Carlo-Diana.

 

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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