La Storia degli Stati Uniti d’America dal punto di vista delle sue First Lady. É questo l’ambizioso progetto messo in scena dalla rete Showtime insieme all’ideatore Aaron Cooley e ad una considerevole lista di produttori esecutivi che, tra gli altri, conta Jeff Gaspin, Susanne Bier e anche la stessa Viola Davis, qui nel doppio ruolo di produttrice e protagonista.
The First Lady si presenta come un drama antologico concepito per mettere, di volta in volta, sotto la lente d’ingrandimento alcune tra le figure femminili più importanti che hanno vissuto alla Casa Bianca. La prima stagione, composta da ben 10 episodi, parte raccontando l’essenza di tre tra le più carismatiche First Lady: Eleanor Roosevelt, Betty Ford e Michelle Obama. Donne, mogli e madri a loro modo sottoposte ad un mandato presidenziale che le ha viste ergersi come figure istituzionali capaci di imporsi e farsi apprezzare, attraversando ognuna problematiche e difficoltà socio-culturali, oltre che personali, tipiche della propria epoca.
ELEANOR, BETTY E MICHELLE
La scelta di partire da queste tre figure così diverse tra loro ma che incarnano al meglio lo spirito da First Lady non si basa solo sulle varie peculiarità delle donne, bensì ottiene un ottimo effetto narrativo anche grazie alle diverse timeline di riferimento. In questo modo, il pilot riesce ad abbracciare un lungo periodo storico che parte con Eleanor Roosevelt nel 1921, prosegue con Betty Ford nel 1973 e arriva fino al 2008 con Michelle Obama.
Una differenza d’epoca che mette in luce le diverse caratteristiche delle donne anche in riferimento alle diverse difficoltà che hanno dovuto affrontare a seconda del loro periodo storico. Da questo punto di vista, la narrazione tende a sottolineare proprio le diverse situazioni e i differenti approcci che le hanno viste protagoniste per arrivare fino al ruolo di First Lady. E per farlo, la serie sceglie di seguire non un percorso cronologico, bensì partendo dalla più attuale delle figure, per poi saltare a ritroso nel tempo. Non sempre mantenendo una linea retta nel racconto, ma intervallando spesso le protagoniste con salti temporali che mirano a mostrare i punti salienti del loro percorso.
- Chicago, 2008 – Michelle Obama (Viola Davis): la prima Michelle mostrata è quella alle prese con le prove da First Lady, prima da un punto di vista prettamente mediatico per spingersi poi nell’animo più profondo e personale della donna. Il primo tour nella Casa Bianca è risolutivo nel presentare una Michelle emozionata ma anche estranea a ciò che la circonda, soprattutto da un punto di vista socio-culturale. Le difficoltà della famiglia Obama nell’essere i primi abitanti di colore della Casa Bianca sono infatti uno dei punti focali su cui si basa il racconto di Michelle. Problematiche iniziate ben prima della presidenza di Barack e che in questo caso dipingono una First Lady preoccupata per la sicurezza della sua famiglia ma, allo stesso tempo, convinta, forte e risoluta nel ruolo ormai intrapreso.
- Alexandria, 1973 – Betty Ford (Michelle Pfeiffer): il ritratto che emerge da Betty Ford è quello di uno spirito libero, una donna che ha anche affrontato difficoltà psichiche importanti (parlare di psichiatri negli anni ’70 equivale ad una sentenza inequivocabile di pazzia) e che non aspetta altro che la pensione del marito per iniziare a godersi una nuova fase della vita. In questo caso, più che scelta sarà una sequela di casi che porteranno, a seguito dello scandalo Watergate e delle dimissioni di Richard Nixon, Gerald Ford a diventare Presidente degli Stati Uniti. Un incarico che viene mostrato non in linea con i desideri di Betty con quest’ultima, però, che non si tira indietro dal supportare il marito, presentandosi allo stesso tempo come una First Lady fuori dagli schemi.
- Campobello Island, 1921 – Eleanor Roosevelt (Gillian Anderson): di certo una tra i primi archetipi di First Lady, il cui ruolo assume ancora più risalto se si considera l’epoca in questione. Eleanor si presenta sin da subito come una donna granitica e solida ma, allo stesso tempo, intraprendente e sicura dei suoi obiettivi. Le dure prove affrontate sin dall’infanzia ne hanno consolidato un carattere positivamente ostinato ed essenziale per reggere l’intero assetto: dalla malattia del marito Franklin all’ascesa sulla scena politica di quest’ultimo, il timbro e la perseveranza di Eleanor traspaiono da tutte le parti. E consapevole di ciò, la First Lady non è disposta ad essere messa da parte, neanche se si è negli anni ’20.
RACCONTO E SVILUPPO
Tre donne e First Lady diverse tra loro, appartenenti a mondi ed epoche estremamente differenti, ma il cui filo comune si rende subito evidente nella narrazione del pilot. La presentazione dell’episodio, infatti, spicca soprattutto per gli eventi narrati e per le sue protagoniste. Le trasformazioni di Viola Davis, Michelle Pfeiffer e Gillian Anderson nelle rispettive First Lady, infatti, meritano un elogio a parte: sia fisicamente che nelle peculiarità caratteriali, il lavoro svolto da ciascuna delle attrici risulta altamente pregevole.
Detto dei tratti positivi, però, The First Lady fa riscontrare anche alcuni difetti nella sua presentazione. In realtà, dopo la visione del pilot appaiono eccessivi i forti giudizi sfavorevoli piovuti sulla serie dalla critica. Tuttavia, dopo un solo episodio si può sottolineare come la narrazione fortemente didascalica riservata ad ogni personaggio, intervallata da questi continui salti tra un’epoca e l’altra, non favorisce il racconto sul lungo periodo. Ed ecco, il difetto principale di partenza sembra proprio questo: i 10 episodi previsti non appaiono consoni alla modalità di narrazione scelta che rischia di allungarsi e perdersi inutilmente. Ma starà ai prossimi episodi confermare o smentire questa sensazione.
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The First Lady vuole raccontare la storia della Presidenza degli Stati Uniti d’America attraverso il punto di vista delle donne che hanno vissuto alla Casa Bianca guadagnandosi il loro spazio e ponendosi come fondamentali riferimenti socio-culturali. E per farlo, Showtime ha trovato le sue protagoniste perfette.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.