The Gentlemen recensione film Guy Ritchie
/

The Gentlemen

4
(1)
Michael “Mickey” Pearson è il più grosso trafficante di marijuana d’Inghilterra ma ha deciso di mollare tutto e ritirarsi con la moglie per una vita più morigerata. Il possibile acquirente è il miliardario Matthew Berger ma chiaramente questo passaggio di consegne innesta una serie di tradimenti e plot twist che coinvolgono la mafia cinese, un miliardario russo ex spia del KGB ed una gang di rapper-lottatori. Il tutto mentre Fletcher, un investigatore privato, prova a ricattare il braccio destro di Mickey, Raymond, presentandogli una sceneggiatura che contiene tutte le informazioni di questa guerra tra trafficanti di droga.

recensione film the gentlemen recensione film the gentlemen recensione film the gentlemen

Sono passati più di 10 anni da quando Guy Ritchie ha girato l’ultimo film “alla Guy Ritchie”, quel RocknRolla che, dopo i cocenti fallimenti di Revolver e Travolti Dal Destino, aveva dimostrando nuovamente le qualità sopite del regista. Negli ultimi 11 anni però, Ritchie è passato attraverso generi diversi, dandosi più al lato mainstream (Aladdin) ed hollywoodiano (Sherlock Holmes e Sherlock Holmes – Gioco Di Ombre) del cinema piuttosto che alle violente strade di Londra in cui i suoi gangster regalavano soddisfazioni. E i risultati, pur essendo stati piuttosto incoraggianti dal punto di vista economico (Aladdin ha superato 1 miliardo di dollari al botteghino), non hanno entusiasmato né pubblico, né critica. Fatta questa doverosissima premessa, The Gentlemen segna un piacevolissimo ritorno in scena del vero Guy Ritchie.
Guardando alla cinematografia dell’ex marito di Madonna degli ultimi 11 anni e paragonandola con quest’ultima fatica, l’impressione generale è che Guy Ritchie sia tornato a divertirsi facendo un film in cui si sente completamente a suo agio. The Gentlemen è una pellicola che ricorda decisamente i titoli più famosi del regista britannico, ovvero i vari Lock & Stock – Pazzi Scatenati, Snatch e RocknRolla che gli hanno permesso di diventare famoso. Non si tratta di un film innovativo, quanto piuttosto di un’evoluzione (comunque blanda) dei suoi gangster movies, nonché un ritorno al suo habitat naturale: le strade di Londra restano al centro della storia, così come l’intreccio di svariati personaggi bizzarri rimangono il DNA della sceneggiatura; ciò che cambia è l’ambientazione, per la prima volta un po’ rurale, e il tenore sociale dei protagonisti abbastanza differenti dai campi rom di bradpittiana memoria.
Per il resto, The Gentlemen segue gli schemi ritchieiani senza cambiare troppo, intrattenendo costantemente senza concedersi momenti morti (elemento notevole nelle quasi 2 ore di visione) e divertendo tra fiumi di parole, battute irriverenti e una miriade di “fuck” (127 volte) e “cunt” (27 volte), usati a profusione per enfatizzare il tenore di certe conversazioni.

His name is Phuc, but it’s spelled with a “Ph”, so it sounds like “fu-uck”.
[…] All right, Phuc. Calm the fu-uck down.

Pur non essendo nata come una commedia degli equivoci, l’idea alla base dei film di Ritchie è sempre quella di far andar storto una transazione e poi far incrociare storyline e character diversi in una sequela di incidenti, creando un’onda d’urto che coinvolge tutto e tutti. Il MacGuffin è quindi estremamente importante per dare un senso alla vicenda ma qui, purtroppo, l’incipit della storia è abbastanza debole, specie nel mondo dei narcotrafficanti dove, si sa, una volta entrati non si può più uscire. L’idea, quindi, che Mickey Pearson (un ottimo Matthew McConaughey) decida di andare in “pensione” anticipata è molto criticabile ed è e rimane il vero tallone da killer d’Achille del film. Pur essendo un desiderio comprensibile, il movente iniziale non è dei più “intelligenti” ma deve essere accettato ai fini della trama visto che senza la compravendita dell’intero cartello della marijuana britannica non ci sarebbe alcun film.
Va detto che, di per sé, questa debolezza iniziale lascia comunque un po’ lo spazio che trova in un film che fa del ritmo il suo vero punto di forza. La regia di Ritchie infatti regna sovrana in tutti i comparti, da quello visivo a quello acustico, con una soundtrack veramente peculiare ma molto consona alle scene (“Boxes Of Bush” rimarrà impressa a lungo, un po’ come “Shimmy Shimmy Ya” di El Michels Affairs). Il resto lo fa il cast.
I nomi estremamente altisonanti dei vari Matthew McConaughey, Charlie Hunnam, Colin Farrell e Hugh Grant sono un eccezionale specchietto per le allodole che però mantiene le promesse iniziali, specialmente grazie al carisma dato ai rispettivi quattro personaggi. Nelle quasi due ore di film c’è spazio, a tratti, per tutti ma chiaramente Coach (Colin Farrell), Fletcher (Hugh Grant) e Raymond (Charlie Hunnam) sono quelli che bucano facilmente lo schermo per la loro ironia e peculiarità. Hugh Grant, in particolare, non può non essere amato fin da subito visto che sembra proprio divertirsi nell’inedito ruolo ma, dando a Cesare quel che è di Cesare, il merito è anche di Hunnam e indirettamente di Ritchie che è riuscito a creare una chimica tra i due personaggi veramente speciale.
La scelta di basare la narrazione sul racconto di Fletcher, piuttosto che sulla verità, lascia poi molto spazio per giocare con i personaggi, fargli dire una battuta più cinematografica piuttosto che una più “normale”, il tutto tenendo in conto che la storia raccontata dal character di Grant è quella perfetta per la sceneggiatura di un film. L’effetto caricaturale di certi personaggi allora viene enfatizzato, così come indirettamente lo è anche il modo di vestire che sottolinea l’appartenenza alle diverse classi sociali: eccentrico ma molto distintivo per i rapper-lottatori di Coach, elegante e sempre molto “on point” per i vari “gentlemen” coinvolti nelle vicende. Ed ecco spiegato perché si può chiudere un occhio qua e là quando si scorge qualcosa di un po’ troppo vistoso.


Guy Ritchie che ritorna a fare i film di Guy Ritchie o lo si ama perché fa risorgere sentimenti sopiti da oltre una decade, o lo si odia disdegna perché non aggiunge fondamentalmente niente di nuovo al panorama cinematografico. The Gentlemen è un lungo divertissement che funziona e viene apprezzato sotto diversi punti di vista ma non è il capolavoro che si poteva auspicare nonostante diverse trovate eccezionali e alcuni character (Fletcher, Coach e Raymond su tutti) che non verranno scordati facilmente.

 

TITOLO ORIGINALE: The Gentlemen
REGIA: Guy Ritchie
SCENEGGIATURA: Guy Ritchie, Ivan Atkinson, Marn Davies
INTERPRETI: Matthew McConaughey, Charlie Hunnam, Henry Golding, Michelle Dockery, Jeremy Strong, Eddie Marsan, Colin Farrell, Hugh Grant
DISTRIBUZIONE: Leone Film Group, Amazon Studios
DURATA: 113′
ORIGINE: USA, 2019
DATA DI USCITA ITALIANA: 01/12/2020

Quanto ti è piaciuta la puntata?

4

Nessun voto per ora

Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

Precedente

Star Trek: Discovery 3×08 – The Sanctuary

Prossima

The Flight Attendant 1×05 – Other People’s Houses