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“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.”
Dall’attribuzione storica un po’ vaga, la frase con cui si è deciso di aprire la seguente recensione è diventata di comune utilizzo nonostante la maggior parte degli italianinon abbia mai dovuto avere a che fare con il latino nella propria vita. Una massima che viene usata quotidianamente che significa, letteralmente, “commettere errori è umano, ma preservare è diabolico”. Viene inteso come modo per giustificare l’abbaglio di una persona senza dargli troppa colpa, auspicando che questo sbaglio non venga replicato la volta successiva. Stando a quanto viene asserito, è giusto quindi giustificare il pilot di una serie tv se questo non riesce ad intrattenere in modo soddisfacente lo spettatore? La risposta può che essere solo che una: no, soprattutto se il pilota in questione è quello di The I-Land.
Netflix ha deciso di rilasciare il suo nuovo Syfy-Thriller all’inizio della nuova stagione del panorama seriale cercando, probabilmente, di mandare alle dirette concorrenti un messaggio importante, quasi intimidatorio, proponendo fin da subito uno dei loro pezzi più accattivanti perché le serie ambientate in un’isola sperduta richiamano inevitabilmente l’attenzione più di tanti altri show. Con un budget “mediocre” (solamente due milioni di dollari per episodio) e con una campagna pubblicitaria alquanto anonima, la miniserie ideata da Anthony Salter e prodotta da Neil LaBute, Chad Oakes e Mike Frislev, nonostante il peculiare incipit di cui è portatrice, già lo stesso giorno del proprio rilascio è stata accolta da numerose critiche dagli amanti del binge-watching. Il servizio on-demand più diffuso al mondo, invece di impressionare i propri avversari, ha subito l’effetto opposto, rasserenandoli perché The I-Land ha subito bocciature su bocciature già dal pilota, a causa di numerosi difetti di cui si discuterà a breve.
Tutte le critiche che sono state mosse contro la serie trovano riscontro già nell’orribile primo capitolo dello show, anche se, a dirla tutta, queste possono essere state accentuate ed influenzate dalla profonda delusione che si è accumulata minuto dopo minuto, assistendo alle avventure dei protagonisti in una serie non certo esente di potenziale. Difatti, l’idea di base su cui la serie Netflix ha costruito la propria trama, anche se in parte simile al ben più famoso Lost, è senza ombra di dubbio accattivante (personaggi che si risvegliano in un’isola sperduta, vestiti nello stesso modo senza ricordarsi nulla del proprio passato circondati da messaggi nascosti e misteri da risolvere) salvo però bruciare tutto questo potenziale nel primo di sette appuntamenti, merito di quaranta minuti estremamente imbarazzanti.
Il primo errore dello show, oltre quello di aver affidato la sceneggiatura a Neil LaBute e Lucy Teitler, è individuabile nel DNA: il cast. Nessuno degli attori, a parte forse Natalie Martinez, ha dato l’impressione di riuscire ad essere credibile nel proprio ruolo portando lo spettatore a chiedersi cosa abbiano assunto durante il loro lavoro gli addetti al casting. La summa di questi due problemi ha creato più volte all’interno della puntata scene al limite del ridicolo, come il tentato stupro di Brody (Alex Pettyfer aka cane maledetto) ai danni di Chase (Natalie Martinez), così come la gitarella del gruppo nell’oceano per divertirsi e farsi una nuotata poche ore dopo essere rinsaviti in un luogo sconosciuto senza ricordarsi più nulla del proprio passato. A peggiorare la situazione c’è anche un pessimo lavoro di scrittura dei personaggi che mancano completamente di profondità, characters che oltre ad essere interessanti quanto una parete completamente bianca si rendono, continuamente, antipatici agli occhi degli spettatori con frasi e comportamenti ostili ed immotivati dalla situazione. L’arroganza di KC, nella situazione in cui si trova, è sconcertante e senza logica perché inimicarsi tutti gli altri superstiti diffamandoli ed offendendoli non è di certo il migliore modo di sopravvivere e farsi aiutare in situazioni potenzialmente pericolose. Inoltre, il fatto che Chase sia effettivamente l’unica che sta cercando di scoprire perché sono finiti nell’isola, seguendo i vari indizi che ha trovato, è totalmente folle, dimostrando che gli sceneggiatori non hanno saputo minimamente ricalcare i comportamenti che un essere umano avrebbe normalmente in una situazione del genere.
In conclusione il nuovo show di Netflix si rivela essere tutt’altro che interessante, anzi, si candida ufficialmente come una delle peggiori nuove serie dell’anno, in fin dei conti non può che dispiacere questa constatazione perché il trailer aveva creato aspettative che sono state inevitabilmente annientate. In più, questo fallimento non può che fare felici le emergenti piattaforme streaming, rivali della società californiana, perché fare peggio di così pare difficilmente possibile. E in caso qualche serie ci riuscisse si spera vivamente di non avere la sfortuna di assistere a tale scempio.
Dall’attribuzione storica un po’ vaga, la frase con cui si è deciso di aprire la seguente recensione è diventata di comune utilizzo nonostante la maggior parte degli italiani
Netflix ha deciso di rilasciare il suo nuovo Syfy-Thriller all’inizio della nuova stagione del panorama seriale cercando, probabilmente, di mandare alle dirette concorrenti un messaggio importante, quasi intimidatorio, proponendo fin da subito uno dei loro pezzi più accattivanti perché le serie ambientate in un’isola sperduta richiamano inevitabilmente l’attenzione più di tanti altri show. Con un budget “mediocre” (solamente due milioni di dollari per episodio) e con una campagna pubblicitaria alquanto anonima, la miniserie ideata da Anthony Salter e prodotta da Neil LaBute, Chad Oakes e Mike Frislev, nonostante il peculiare incipit di cui è portatrice, già lo stesso giorno del proprio rilascio è stata accolta da numerose critiche dagli amanti del binge-watching. Il servizio on-demand più diffuso al mondo, invece di impressionare i propri avversari, ha subito l’effetto opposto, rasserenandoli perché The I-Land ha subito bocciature su bocciature già dal pilota, a causa di numerosi difetti di cui si discuterà a breve.
Tutte le critiche che sono state mosse contro la serie trovano riscontro già nell’orribile primo capitolo dello show, anche se, a dirla tutta, queste possono essere state accentuate ed influenzate dalla profonda delusione che si è accumulata minuto dopo minuto, assistendo alle avventure dei protagonisti in una serie non certo esente di potenziale. Difatti, l’idea di base su cui la serie Netflix ha costruito la propria trama, anche se in parte simile al ben più famoso Lost, è senza ombra di dubbio accattivante (personaggi che si risvegliano in un’isola sperduta, vestiti nello stesso modo senza ricordarsi nulla del proprio passato circondati da messaggi nascosti e misteri da risolvere) salvo però bruciare tutto questo potenziale nel primo di sette appuntamenti, merito di quaranta minuti estremamente imbarazzanti.
Il primo errore dello show, oltre quello di aver affidato la sceneggiatura a Neil LaBute e Lucy Teitler, è individuabile nel DNA: il cast. Nessuno degli attori, a parte forse Natalie Martinez, ha dato l’impressione di riuscire ad essere credibile nel proprio ruolo portando lo spettatore a chiedersi cosa abbiano assunto durante il loro lavoro gli addetti al casting. La summa di questi due problemi ha creato più volte all’interno della puntata scene al limite del ridicolo, come il tentato stupro di Brody (Alex Pettyfer aka cane maledetto) ai danni di Chase (Natalie Martinez), così come la gitarella del gruppo nell’oceano per divertirsi e farsi una nuotata poche ore dopo essere rinsaviti in un luogo sconosciuto senza ricordarsi più nulla del proprio passato. A peggiorare la situazione c’è anche un pessimo lavoro di scrittura dei personaggi che mancano completamente di profondità, characters che oltre ad essere interessanti quanto una parete completamente bianca si rendono, continuamente, antipatici agli occhi degli spettatori con frasi e comportamenti ostili ed immotivati dalla situazione. L’arroganza di KC, nella situazione in cui si trova, è sconcertante e senza logica perché inimicarsi tutti gli altri superstiti diffamandoli ed offendendoli non è di certo il migliore modo di sopravvivere e farsi aiutare in situazioni potenzialmente pericolose. Inoltre, il fatto che Chase sia effettivamente l’unica che sta cercando di scoprire perché sono finiti nell’isola, seguendo i vari indizi che ha trovato, è totalmente folle, dimostrando che gli sceneggiatori non hanno saputo minimamente ricalcare i comportamenti che un essere umano avrebbe normalmente in una situazione del genere.
In conclusione il nuovo show di Netflix si rivela essere tutt’altro che interessante, anzi, si candida ufficialmente come una delle peggiori nuove serie dell’anno, in fin dei conti non può che dispiacere questa constatazione perché il trailer aveva creato aspettative che sono state inevitabilmente annientate. In più, questo fallimento non può che fare felici le emergenti piattaforme streaming, rivali della società californiana, perché fare peggio di così pare difficilmente possibile. E in caso qualche serie ci riuscisse si spera vivamente di non avere la sfortuna di assistere a tale scempio.
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The I-Land si candida ufficialmente ai Recenawards 2019 come una delle peggiori nuove serie nonostante il buon potenziale di partenza. Un vero peccato oltre ad essere una vera perdita di tempo.
Brave New World 1×01 | ND milioni – ND rating |
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.