É firmata Apple Tv+ l’ultima fatica di Samuel L. Jackson. Per l’occasione, l’attore mette da parte la sua encomiabile filmografia e si ritrova per la prima volta protagonista di una serie tv, in attesa dei prossimi progetti televisivi targati Marvel/Disney+ (Secret Invasion con protagonista Nick Fury è infatti atteso sulla piattaforma per fine anno).
The Last Days Of Ptolemy Grey si presenta subito come un progetto molto caro a Samuel Jackson. Il drama, infatti, si basa sull’omonimo romanzo di Walter Mosley e affronta temi di forte spessore umano e sociale che vanno a toccare nel profondo anche l’attore. Tra gli argomenti affrontati dalla serie e dal suo protagonista Ptolemy Grey, infatti, spiccano senilità, abbandono, solitudine, tutti elementi pesanti e sempre attuali ma che colpiscono in maniera più pungente chi ha un background legato a doppio filo a situazioni simili.
Come dichiarato dallo stesso Jackson, infatti, la sua famiglia si porta dietro una storia clinica di Alzheimer che ha amplificato sia la sua personale paura nei riguardi della malattia che la voglia di raccontarla e lanciare un forte messaggio sui risvolti che questa comporta anche a livello umano. Dopo aver provato per anni a trovare una rete disposta ad adattare l’opera di Mosley, dunque, Samuel Jackson è riuscito nel suo intento e grazie ad Apple Tv+ ha messo in scena questa miniserie di sei episodi.
LA PERDITA DELLA PROPRIA MENTE
Naturalmente, data l’estrema attenzione che ha posto nel progetto, il lavoro di Samuel L. Jackson non si ferma al ruolo di protagonista, dato che l’attore svolge anche la funzione di produttore esecutivo, collaborando con lo stesso Walter Mosley che ha personalmente trasposto la sua opera negli script degli episodi.
Come sottolineato nell’introduzione, quindi, The Last Days Of Ptolemy Grey è una storia fortemente incentrata sulla senilità e le conseguenze che questa si porta dietro, riuscendo per ora già a colpire nel segno. Almeno per quanto visto in questo pilot, i temi più seriosi vengono amalgamati in maniera organica al resto della trama consegnando un primo episodio che, seppur estremamente introduttivo, ben collega le due storyline principali. Da un lato vi è infatti la problematica legata alla perdita della memoria, dall’altro il mistero dell’uccisione del nipote di Ptolemy, con entrambe le strade che vengono percorse insieme alle rispettive “spalle” del protagonista: da una parte il personaggio di Robyn (interpretata da Dominique Fishback), dall’altra Reggie (Omar Benson Miller).
“I’ma find who did it. I swear. I swear.”
Con un Samuel L. Jackson eccezionale nell’interpretare e mettere a nudo le complesse sensazioni del 93enne affetto da demenza senile Ptolemy Grey, l’introduzione di questa serie passa attraverso un bel pugno nello stomaco in un mix di sentimenti volti a sottolineare progressivamente la perdita di sé stessi.
La malattia di Ptolemy non è altro che l’apice di un vortice molto più ampio: dalla solitudine all’abbandono, il tutto estremizzato dal non essere più in grado di badare a sé stessi. E, da questo punto di vista, “Reggie” svolge un lavoro minuzioso ed emotivamente forte nel raccontare il lento arrancare di Ptolemy che, tra isolamento e paranoia, essenzialmente vive aggrappato alle piccole cose e ai suoi pochi punti fermi.
Una triste descrizione di un lento declino umano che viene raccontato in maniera calamitica, con il pilot che raggiunge positivamente il suo scopo di presentazione del protagonista e della realtà personale che lo circonda.
QUEL GIUSTO TOCCO DI CRIME
Ma la peculiarità di The Last Days Of Ptolemy Grey sta nel non chiudersi ermeticamente in un’unica direzione, bensì unire alle difficoltà proprie della demenza senile un fondo di crime e mistero che aiutano a rendere più dinamica la narrazione e alzano sin da subito il senso di curiosità del pubblico.
I primi minuti del pilot, innanzitutto, aprono il racconto attraverso un flashforward ambientato due mesi dopo che regala un Ptolemy Grey in versione totalmente diversa. A questo si arriverà probabilmente già nei prossimi episodi, dato che tale trasformazione serve più come mezzo per sviluppare l’altro punto principale dello show: la risoluzione di un omicidio. Tornare a recuperare la memoria per ripercorrere i passi e i dialoghi avuti con Reggie, saranno sicuramente step fondamentali che Ptolemy dovrà percorrere per raggiungere la verità.
Un plus, questa parentesi crime parallela, che aiuta notevolmente la narrazione, aggiungendo quel tocco di ispirazione in più per una storia che altrimenti avrebbe solo distrutto la sfera emotiva dello spettatore.
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The Last Days Of Ptolemy Grey si presenta con un pilot ben costruito, con una storia interessante a cui si unisce una testimonianza piuttosto reale che colpisce nel profondo. Stay tuned, sembra che ne varrà la pena.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.