The Loudest Voice 1×01 – 1995TEMPO DI LETTURA 5 min

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“I know what people are going to say about me. I can pretty much pick the words for you. Right-wing, paranoid, fat. And I’m not gonna argue with them. I am a conservative. I do like to eat, and I believe in the power of television. Giving the people what they want even if they don’t know they want it.”

Showtime si butta nella meta-televisione andando a pescare una storia vera che pone i propri riflettori (o si potrebbe anche dire sputtana in maniera meravigliosa) su una diretta concorrente, ovvero il canale televisivo FOX.
L’occasione è il libro The Loudest Voice In The Room del giornalista Gabriel Sherman, che racconta la biografia di Roger Ailes, storico dirigente-padre-padrone-nonché-fondatore di Fox News. Una personalità certamente interessante in quanto ideatore e filosofo di un certo tipo di giornalismo televisivo che ha fatto (e fa tuttora) scuola e che ha contribuito a trasformare letteralmente l’opinione pubblica e la percezione politica dei media. Fox News divenne, all’epoca, un esempio di innovazione in campo mediatico per il suo modo di fare giornalismo dichiaratamente di parte, non limitandosi semplicemente a riportare i fatti ma anche a darne una certa interpretazione politica, di stampo dichiaratamente conservativo e repubblicano. Questo perché lo stesso Ailes, prima di dedicarsi alla televisione era stato, in precedenza, spin doctor e media consultant (un antesignano dei moderni “social media manager”) di numerosi politici repubblicani (contribuendo all’elezione di Richard Nixon, Ronald Reagan e del sindaco di New York Rudy Giuliani). Il suo progetto prevedeva un nuovo tipo di televisione che non si limitasse a “farsi dettare l’agenda dai politici” ma “creare l’agenda dei politici” (obiettivo raggiunto ma da Twitter anni dopo) imponendo le proprie regole.
Questo primo episodio di The Loudest Voice serve innanzitutto ad introdurre la personalità contraddittoria di questo personaggio: da un lato un visionario geniale, che ha anticipato un fenomeno oggi più attuale che mai, e un uomo che ha detenuto per anni un potere immenso; dall’altro una persona affetta da emofilia, alla ricerca perenne di approvazione, ma anche con tanti (troppi) scheletri nell’armadio che lo porteranno poi a fargli perdere tutto a causa della sua “politica aziendale” con le giornaliste della redazione. Su questi due binari si concentra tutta la narrazione.
Intorno a questa descrizione sorge il primo problema della serie: come rendere simpatico e capace di suscitare empatia un personaggio del genere? Uno che si presenta fin da subito come “conservatore” e “despota”? Tutto questo con un tema, quello della meta-televisione e del mondo dei media, che non sembra suscitare tanto interesse da parte del pubblico (vedi il flop di 1992 da un’idea di Stefano Accorsi) poiché, in fondo, non è poi un mondo così quotidiano e rischia sempre di trasformarsi in un inutile esercizio di meta-retorica e stile.
Soprattutto perché il personaggio dell’antieroe negativo-ma-simpatico, che la serie The Sopranos ha reso celebre agli inizi degli anni 2000, è un modello che appare oggi ormai sorpassato e, sebbene l’interpretazione di Russel Crowe (ma si potrebbe anche dire dell’intero comparto di make-up di Showtime) calcata su quel modello sia magistrale, purtroppo non si riesce ad entrare così facilmente nel mood della storia.
Questo anche a causa di una sceneggiatura che punta tutto sul didascalico (come le fastidiosissime presentazioni dei personaggi in stile rotocalco televisivo) e su dialoghi troppo appesantiti e retorici che rimandano in continuazione (e con un velato compiacimento quasi a voler strizzare continuamente l’occhio allo spettatore) al fenomeno #MeToo e alla politica americana attuale.
The Loudest Voice rimane comunque un ottimo prodotto dal punto di vista registico e visivo, ma anche da quello musicale (bellissima soundtrack) e con un cast che certamente non lascerà indifferente lo spettatore. Oltre al già citato Russel Crowe, infatti, vanno sicuramente menzionati Naomi Watts, Seth MacFarlane, Sienna Miller e soprattutto Simon McBurner nei panni di un incredibilmente somigliante all’originale Rupert Mardoch.
Tuttavia, nonostante le ottime premesse, l’episodio pilota appare un po’ piatto e formale, sperando che dalla prossima puntata si entri presto nel vivo del racconto e che il resto della miniserie renda onore ad un racconto che potrebbe potenzialmente riservare delle sorprese.

“For the last 50 years, the left side of politics in this country have attempted to control the narrative of news. They force-fed America with a big government, nanny-state agenda, and you know what that creates? That creates opportunity. If we’re gonna beat CNN, MSNBC, CNBC we have to have a bond of loyalty. Loyalty to each other and loyalty to the mission.
The mission is to sell to the forgotten American that their voice can and will be heard in our democracy. We’ll give them a vision of the world the way it really is and the way they want it to be. You know what happens? We reclaim the real America. We challenge the existing agenda and we become the loudest voice and we bring back to this fucking country fairness and balance! Come on! Ain’t that worth being yelled at four o’clock in the morning for?”

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Trasformazione di Russel Crowe…
  • Tutto il cast in generale
  • Simon McBurney (Rupert Murdoch)
  • Soundtrack e regia
  • Riferimenti all’attualità e discorso finale
  • Ricostruzione di New York pre 11 settembre
  • …anche se la sua interpretazione è un po’ smorta in alcuni punti
  • Un certo didascalismo del racconto
  • Poca empatia verso il personaggio principale e zero plot twist veramente efficaci

 

Miniserie che mira a prendere una nomination come “Miglior Trucco e Parrucco” ai prossimi Emmy Awards. Sul comparto tecnico niente da dire (soprattutto nella ricostruzione di New York pre 11 settembre), sulla costruzione del racconto c’è invece ancora da lavorare, soprattutto perché sembra già aver esaurito tutto quello che c’era da dire. E non è una cosa positiva.

 

1995  1×01 0.29 milioni – 0.1 rating

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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